Mese: Giugno 2023

ANAC

Atto dirigenziale del 22 maggio 2023
Esposto sull’affidamento in concessione, mediante project financing ai sensi dell’art. 183 comma 15 del d.lgs. 50/2016, del servizio di gestione smart del sistema di mobilità costituito dalle aree di sosta a pagamento e dei servizi accessori ad esse connessi, comprensivi della gestione dei varchi ztl nel Comune di A. – Nota di definizione semplificata ai sensi dell’art. 21 del Regolamento di vigilanza del 04.07.2018.

Affidamento in house

Consiglio di Stato, sez. IV, 4 aprile 2023, n. 3494

Affidamento in house – Requisiti – Oggetto sociale – Modifica per effetto della detenzione di partecipazioni finanziarie – Insussistenza – Onere motivazionale – Discrezionalità – Sindacabilità – Limiti

La detenzione di una partecipazione finanziaria (sub specie di quote o azioni) in una società di capitali terza non estende, di per sé, l’oggetto sociale della società che tale partecipazione detiene: la partecipazione nel capitale di una terza società è, infatti, una mera posta finanziaria che, come tale, non estende l’oggetto sociale della partecipante, che resta quello stabilito dall’atto costitutivo e dallo statuto. Del resto, la persona fisica che acquista quote di una s.r.l. o azioni di una s.p.a. non diventa, a sua volta, imprenditore, restando tale la sola società, in virtù dello “schermo” rappresentato dalla personalità giuridica, propria di tutte le società di capitali. L’acquisto di partecipazioni societarie è espressione di quella capacità giuridica generale ordinariamente propria di tutti i soggetti di diritto, ivi incluse (cfr. art. 11 c.c.) le persone giuridiche pubbliche, quali sostanzialmente sono le società in house.

La valutazione della scelta di procedere mediante affidamento diretto è espressione di ampia discrezionalità organizzativa e, pertanto, è sindacabile in sede giurisdizionale solo ab externo per macroscopiche illogicità prima facie apprezzabili, non potendo viceversa il Giudice indulgere in un sindacato di merito. É congruamente motivata la scelta basata sugli unici dati certi, ossia il costo del gestore uscente del servizio, peraltro selezionato mediante procedura di evidenza pubblica, e il costo medio regionale per kg di rifiuti. Parimenti, l’individuazione della durata settennale dell’affidamento concreta una scelta di ampia discrezionalità amministrativa che esula dal sindacato demolitorio del giudice amministrativo, ove non si riscontrino eclatanti sintomi di un uso distorto del potere.

Affidamento in house

Tar Lombardia, Milano, sez. I, 27 febbraio 2023, n. 500

Affidamento in house – Corrispondenza con l’oggetto sociale – Affidamento diretto c.d. sottosoglia – Principio di rotazione – Rendite di posizione

È illegittimo l’affidamento diretto di un servizio disposto in favore di una società il cui oggetto sociale contiene un generico riferimento ai servizi pubblici locali, trattandosi di una locuzione generica inidonea a ricomprendere, in mancanza di altre precisazioni, anche il servizio di cui si tratta.

Il principio di rotazione – che per espressa previsione normativa deve orientare le stazioni appaltanti nella fase di consultazione degli operatori economici da consultare e da invitare a presentare le offerte – trova fondamento nell’esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento), soprattutto nei mercati in cui il numero di agenti economici attivi non è elevato. Pertanto, al fine di ostacolare le pratiche di affidamenti senza gara ripetuti nel tempo che ostacolino l’ingresso delle piccole e medie imprese e di favorire la distribuzione temporale delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente idonei, il principio di rotazione comporta in linea generale che l’invito all’affidatario uscente riveste carattere eccezionale e deve essere adeguatamente motivato, avuto riguardo al numero ridotto di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero all’oggetto e alle caratteristiche del mercato di riferimento. Il principio ha una chiara valenza sostanziale perché è diretto ad evitare la creazione dì rendite di posizione ovvero evitare che la stazione appaltante affidi la commessa sempre allo stesso affidatario o, in relazione ad un procedimento ad inviti, rivolga la propria attenzione sempre alla stessa platea di concorrenti.

Monopattini elettrici

Consiglio di Stato, sez. VII, 2 maggio 2023, n. 4368

Contratti pubblici – Enti locali – Appalti – Micro-mobilità – Monopattini elettrici – Codice dei contratti pubblici – Non applicabilità – Regime autorizzatorio

Dall’art. 1, comma 75-ter e ss., l. 27 dicembre 2019, n. 160, si ricavano due elementi: a) per lo svolgimento del servizio di noleggio dei monopattini elettrici è necessario il rilascio di un titolo autorizzativo (indicato dal legislatore nella “licenza”) e b) il numero degli atti che possono essere rilasciati è contingentato.

La procedura di natura comparativa volta a individuare i soggetti autorizzati a svolgere – sulla base di una S.C.I.A. – un’attività economica privata nuova, non oggetto di assunzione da parte della medesima amministrazione, onde regolamentarne lo svolgimento in regime di libero mercato nell’interesse della collettività, prevedendo, tra l’altro, il numero delle licenze attivabili e il numero massimo dei dispositivi ammessi a circolare sul territorio comunale non è qualificabile come concessione o come appalto di servizi, rimanendo estranea all’ambito di applicazione del decreto legislativo n. 50 del 2016.

Laddove gli atti di gara non contengano un espresso integrale rinvio al Codice dei contratti pubblici, ma solo a sue specifiche disposizioni, non si forma un autovincolo assoluto, non essendo stata manifestata la volontà di sottoporre la procedura alla generalità delle disposizioni del Codice, che, al di fuori del suo ambito applicativo, non è estensibile in via analogica a tutte le procedure evidenziali, fatta salva l’applicazione delle norme che costituiscano espressione di principi generali che hanno, difatti, portata applicativa generalizzata. In tal caso, dunque, la stazione appaltante è tenuta soltanto ad applicare alla procedura selettiva i principi generali (di non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità) e, conseguentemente, le disposizioni del Codice dei contratti pubblici espressive di tali principi, mentre non è obbligata all’integrale applicazione delle singole prescrizioni di cui al decreto legislativo 50 del 2016, non essendo stata manifestata alcuna volontà in tal senso nella lex specialis.

Abuso edilizio

Consiglio di Stato, sez. VI, 6 giugno 2023, n. 5529

Abuso edilizio – Compatibilità con strumenti urbanistici – Istanza in sanatoria – Sequestro – Sospensione ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Termine per ottemperanza – Sanzione pecuniaria sostitutiva

La presentazione di una istanza di accertamento di conformità, ex art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, non rende inefficace il provvedimento sanzionatorio pregresso; non vi è pertanto alcuna automatica necessità per l’amministrazione di adottare, se del caso, un nuovo provvedimento di demolizione. Essa determina soltanto un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione, che opera in termini di mera sospensione dello stesso. In caso di rigetto dell’istanza, che peraltro sopravviene in caso di inerzia del Comune dopo soli 60 giorni, l’ordine di demolizione riacquista la sua piena efficacia.

In presenza di un sequestro penale di opera abusiva e nella vigenza dello stesso, il termine per l’ottemperanza all’ordine di demolizione non decorre fino a che tale misura cautelare non sia venuta meno e il bene ritornato nella disponibilità del privato; di tal che, il formale accertamento dell’inottemperanza deve fare riferimento al mancato adempimento dell’ingiunzione demolitoria decorsi novanta giorni dal dissequestro dell’immobile.

La realizzazione delle opere edilizie in assenza del prescritto titolo edilizio costituisce elemento sufficiente a giustificare l’adozione dell’ordine di demolizione; tale circostanza impone al Comune di ordinare il ripristino dello stato dei luoghi a prescindere dall’eventuale compatibilità delle opere con gli strumenti urbanistici, da valutare eventualmente in separata sede qualora venga presentata un’istanza di accertamento di conformità.

La valutazione circa la possibilità di dare corso all’applicazione della sanzione pecuniaria, in luogo di quella ripristinatoria, costituisce una mera eventualità della fase esecutiva, successiva all’ingiunzione a demolire, con la conseguenza che la mancata valutazione della possibile applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva non può costituire un vizio dell’ordine di demolizione ma, al più, della successiva fase riguardante l’accertamento delle conseguenze derivanti dall’omesso adempimento al predetto ordine di demolizione e della verifica dell’incidenza della demolizione sulle opere non abusive.

Diritti edificatori

Consiglio di Stato, sez. IV, 5 giugno 2023, n. 5469

Diritti edificatori – Natura giuridica – Pubblicità – Regione Lombardia – Regime

È controversa la natura giuridica dei diritti edificatori. Nel corso degli anni sono state prospettate diverse ricostruzioni che vanno dalle teorie che ne affermano la natura reale – con diversificazioni interne (diritto di proprietà su un bene immateriale, diritto di servitù, nuovo diritto reale) – alle teorie che ne affermano la natura obbligatoria.

L’art. 11, c.4, della L.R. Lombardia n. 12/2005 inserisce la pubblicità dei diritti edificatori, tramite annotazione nel Registro delle Cessioni dei diritti edificatori, nel sistema della trascrizione immobiliare, disciplinato dal codice civile, che ne fissa in via generale i presupposti, le modalità e gli effetti, in particolare per dirimere, ai sensi dell’art. 2644 c.c., i conflitti fra più aventi causa dallo stesso autore, in modo uniforme per tutto il territorio nazionale, con la sola limitata eccezione del sistema tavolare delle province ex austriache. Un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 11 c. 4 della L.R. Lombardia n. 12/2005 esclude in radice che il registro da esso previsto possa avere una valenza generale e quindi possa porsi come strumento di pubblicità immobiliare parallelo e potenzialmente alternativo al sistema della trascrizione previsto dall’ordinamento generale; la norma va invece interpretata in modo restrittivo, limitandone l’applicazione ai soli casi in base ad essa espressamente disciplinati.