Mese: Luglio 2023

Copertura finanziaria e prestazioni di fatto

Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 31 maggio 2023, n. 15364

Lavoro pubblico – Decisioni del datore di lavoro – Costo del personale – Copertura finanziaria – Inefficacia – Prestazioni di fatto

La necessarietà della copertura di spesa costituisce un principio inderogabile in tema di contratti stipulati dai comuni e vale anche rispetto agli impegni della pubblica amministrazione destinati ad incidere sui rapporti di lavoro nel pubblico impiego privatizzato e che comportano il maturare dei costi a suo carico.

La violazione del suddetto principio e, quindi, l’assunzione di decisioni datoriali (compreso l’avvio di progressioni economiche) che incidano sul costo del personale e comportino spese a carico della pubblica amministrazione, in assenza dell’impegno di spesa registrato e dell’attestazione della copertura finanziaria, sono prive di effetti e non consentono il sorgere di diritti delle parti.

Fanno eccezione i casi riconducibili alla fattispecie di cui all’art. 2126 c.c. in cui il datore di lavoro pubblico abbia richiesto e ricevuto lo svolgimento di fatto di prestazioni di lavoro subordinato in violazione di norme di legge o di contrattazione collettiva e, dunque, anche in violazione del principio della necessaria copertura di spesa.

Creditore apparente

Cassazione civile, sez. II, 10 maggio 2023, n. 12600

Pagamento al creditore apparente – Rappresentante del creditore apparente – Rappresentante di un ente locale – Valutazione sulla ragionevolezza dell’affidamento

Il principio dell’apparenza giuridica di cui all’art. 1189 c.c. richiede la presenza di uno stato di fatto difforme dalla situazione di diritto e un errore scusabile del terzo. Nell’ipotesi di pagamento al rappresentante del creditore apparente, il debitore è liberato se fornisce non solo la prova di avere confidato senza sua colpa nella situazione apparente ma anche che il suo erroneo convincimento sia stato determinato da un comportamento colposo del creditore.

Il principio dell’apparenza del diritto, di regola, non è invece invocabile nei casi in cui la legge prescrive speciali mezzi di pubblicità mediante i quali sia possibile controllare con l’ordinaria diligenza la consistenza effettiva dell’altrui potere, come accade nel caso dell’individuazione del rappresentante di un ente locale.  In particolare, il potere di ritiro di una fornitura di merce in favore di un ente territoriale non può essere conferito senza formalità per cui non può, di regola, operare il principio dell’apparenza giuridica.

Sequestro e forma scritta

Cassazione civile, sez. II, 3 maggio 2023, n. 11519

Validità del contratto concluso con l’ente locale – Forma scritta – Sequestro amministrativo di veicoli – Disciplina derogatoria – Redazione del verbale – Instaurazione di un rapporto obbligatorio

In materia di sequestro amministrativo non trova applicazione la normativa di carattere generale che subordina la validità del contratto concluso da un ente locale alla previsione dell’impegno di spesa e all’attestazione della copertura finanziaria. Invero, trova applicazione la disciplina speciale di cui al D.P.R. n. 571 del 1982, la quale attribuisce al pubblico ufficiale procedente il potere di affidare a terzi la custodia dei mezzi sequestrati da documentare mediante la redazione e sottoscrizione di un verbale.

Da tale affidamento deriva la nascita di un rapporto obbligatorio idoneo a produrre effetti giuridici vincolanti per l’amministrazione di appartenenza dello stesso pubblico ufficiale agente.F

Usi civici

Cassazione civile, Sezione II, 6 giugno 2023, n. 15805

Fondo assoggettato ad usi civici – Accertamento uso civico successivo all’immissione in possesso – Buona fede – Miglioramenti del fondo – Indennità ex art. 1150 c.c.

Al possessore di fondo assoggettato al vincolo di uso civico, accertato solo con sentenza successiva all’immissione in possesso, spetta il diritto all’indennità per i miglioramenti apportati al fondo ex art. 1150 c.c., con riferimento a tutte le opere migliorative realizzate fino al momento della notifica della domanda giudiziale, dovendosi ritenere, da questo momento, cessati gli effetti di uno stato di possesso esercitato in buona fede. Dopo la notifica della domanda giudiziale si intende iniziata una situazione di occupazione senza titolo e non già di possesso in mala fede, con conseguente inapplicabilità dell’art. 1150, comma 3, c.c..

Part time e trattamento economico

Cassazione civile, sezione lavoro, ordinanza 1 giugno 2023, n. 15540

Lavoro pubblico – Part-time – Voci del trattamento economico – Riproporzionamento – Indennità di vigilanza

La regola del riproporzionamento del trattamento economico del lavoratore dipendente a tempo parziale, prevista dall’art. 6, comma 9, del CCNL del Comparto Regioni e Autonomie locali del 14 settembre 2000, prevede che tutte le competenze fisse e periodiche, ivi compresa l’indennità integrativa speciale, che compongono il trattamento economico del dipendente con rapporto di lavoro debbano essere riproporzionate in base al ridotto orario di lavoro nel part-time. Fanno eccezione a tale regola soltanto le competenze di cui ai commi 10 e 11, dell’art. 6 in questione, ossia i trattamenti accessori collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti e gli altri istituti non collegati alla durata della prestazione lavorativa.

Trattandosi di un vincolo rigido e generale stabilito direttamente dal CCNL del Comparto Regioni e Autonomie locali, la regola del riproporzionamento riguarda tutte, indistintamente, le voci del trattamento economico del personale titolare di tale tipologia di rapporto e, quindi, anche le indennità di vigilanza di cui all’art. 37, comma 1, lett. b) del CCNL del 1995.

L’erogazione piena del compenso risulterebbe del tutto ingiustificata e irragionevole in considerazione della circostanza che il dipendente a tempo parziale rende una prestazione ridotta rispetto al lavoratore a tempo pieno e, conseguentemente, si riduce la quantità delle attività e delle connesse responsabilità che giustificano l’erogazione del compenso.

Elezioni e misure di prevenzione

Cassazione civile, sez. I, ordinanza 15 giugno 2023, n. 17165

Elezioni comunali – Incandidabilità – Misure di prevenzione sorveglianza speciale – Sentenza assolutoria – Effetti

In riferimento alla candidabilità di chi sia attinto dalla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza perché indiziato di appartenere a una delle associazioni di cui all’art. 4, comma 1, lett. a) e b), del d.lgs. n. 159 del 2001 occorre tener conto dell’avvenuta sentenza assolutoria con formula piena, intervenuta in data precedente alla candidatura.

L’art. 11, commi 1, lett. c), e 6 del d.lgs. n. 235 del 2012, prevede infatti, da un lato, la sospensione degli amministratori locali in presenza di un provvedimento non definitivo dell’autorità giudiziaria che irroghi la misura di prevenzione agli indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all’art. 4, comma 1, lett. a-b, del d. lgs. n. 159 del 2011) e, dall’altro, la cessazione della stessa sospensione nel caso in cui “venga emessa sentenza, anche se non passata in giudicato, di non luogo a procedere, di proscioglimento o di assoluzione”. In altri termini, se una sentenza assolutoria non passata in giudicato è idonea a fare cessare la misura di prevenzione irrogata con provvedimento non definitivo, parimenti una sentenza assolutoria passata in giudicato è idonea a far cessare la misura di prevenzione (salva una rinnovata e attuale valutazione delle circostanze poste, anche molti anni prima, a fondamento di quella misura, valutazione non intervenuta nel caso in esame).

Corte costituzionale

Corte Costituzionale, 5 giugno 2023, n. 110

Società a partecipazione pubblica – Divieto di soccorso finanziario – Principio di coordinamento della finanza pubblica – Norme oscure – Illegittimità per violazione dell’art. 3 Cost. – Esigenza di rispetto di standard minimi di intellegibilità anche in ambito extrapenale

Il TUSP stabilisce, tra l’altro, principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, trattandosi di norme che, in linea con le disposizioni in materia di riduzione del costo della pubblica amministrazione (cosiddetta spending review), pongono misure finalizzate alla previsione e al contenimento delle spese della società a controllo pubblico per il loro funzionamento. Ciò vale certamente anche per l’art. 14, comma 5, TUSP, in materia di c.d. “divieto di soccorso finanziario”, che mira a porre stringenti limiti ai trasferimenti che le amministrazioni pubbliche possono effettuare a favore delle società partecipate.

Disposizioni irrimediabilmente oscure, e pertanto foriere di intollerabile incertezza nella loro applicazione concreta, si pongano in contrasto con il canone di ragionevolezza della legge di cui all’art. 3 Cost. L’esigenza di rispetto di standard minimi di intelligibilità del significato delle proposizioni normative, e conseguentemente di ragionevole prevedibilità della loro applicazione, va certo assicurata con particolare rigore nella materia penale, dove è in gioco la libertà personale del consociato, nonché più in generale allorché la legge conferisca all’autorità pubblica il potere di limitare i suoi diritti fondamentali, come nella materia delle misure di prevenzione. Ma sarebbe errato ritenere che tale esigenza non sussista affatto rispetto alle norme che regolano la generalità dei rapporti tra la pubblica amministrazione e i cittadini, ovvero i rapporti reciproci tra questi ultimi. Anche in questi ambiti, ciascun consociato ha un’ovvia aspettativa a che la legge definisca ex ante, e in maniera ragionevolmente affidabile, i limiti entro i quali i suoi diritti e interessi legittimi potranno trovare tutela, sì da poter compiere su quelle basi le proprie libere scelte d’azione. Una norma radicalmente oscura, d’altra parte, vincola in maniera soltanto apparente il potere amministrativo e giudiziario, in violazione del principio di legalità e della stessa separazione dei poteri; e crea inevitabilmente le condizioni per un’applicazione diseguale della legge, in violazione di quel principio di parità di trattamento tra i consociati, che costituisce il cuore della garanzia consacrata dall’art. 3 Cost.

RSU

Tar Campania, Salerno, sez. III, 3 luglio 2023, n. 1611

RSU – Gestione – Potere di intervento ordinario ed extra ordinem – Accertamento responsabilità

Fra le attività di gestione di rifiuti urbani di competenza comunale non sono riconducibili le attività di rimozione e raccolta di altre species di rifiuti, quali i detriti presenti nelle aste torrenziali.

Il d.lgs. n. 152 del 2006, prevedendo un ordinario potere d’intervento attribuito all’Autorità amministrativa in caso di accertato abbandono o deposito incontrollato di rifiuti e rappresentando, quindi, una specifica norma di settore, non esclude a priori la possibilità per l’ente di far uso, per garantire la rimozione dei rifiuti, del potere extra ordinem, proprio delle ordinanze contingibili ed urgenti. Invero, diversa è la funzione dei due atti, il primo, sanzionatorio, con accertamento in contraddittorio della responsabilità a titolo di dolo o colpa, il secondo, meramente ripristinatorio, in via d’urgenza.

Ai fini dell’emanazione delle ordinanze contingibili ed urgenti da parte del Sindaco, ex art. 54, T.U.E.L., volte a prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini, stante l’indispensabile celerità che caratterizza l’intervento, si può prescindere dalla verifica della responsabilità di un determinato evento dannoso provocato dal privato interessato.

Abuso edilizio

Tar Sicilia, Palermo, sez. II, 5 luglio 2023, n. 2267

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Onere motivazionale attenuato – Battigia

Il provvedimento di repressione degli abusi edilizi (ordine di demolizione e ogni altro provvedimento sanzionatorio) costituisce atto dovuto della p.a., riconducibile ad esercizio di potere vincolato, a seguito di accertamento dell’abuso e di riconducibilità del medesimo ad una delle fattispecie di illecito previste dalla legge; ciò comporta che il provvedimento sanzionatorio non richiede una particolare motivazione, essendo sufficiente la mera descrizione e rappresentazione del carattere illecito dell’opera realizzata, né è necessaria una previa comparazione dell’interesse pubblico alla repressione dell’abuso, che è in re ipsa, con l’interesse del privato proprietario del manufatto, anche se l’intervento repressivo avvenga a distanza di tempo dalla commissione dell’abuso, ove il medesimo non sia stato oggetto di sanatoria in base agli interventi legislativi succedutisi nel tempo.

Non è applicabile l’art. 35 del d.P.R. n. 380/2001 che si riferisce agli interventi abusivi realizzati su aree demaniali ovvero di proprietà dello Stato, laddove l’intervento sia stato realizzato nell’area di rispetto dalla battigia.

L’ordine di demolizione è da ritenersi sorretto da adeguata istruttoria e sufficiente motivazione, allorquando sia rinvenibile l’individuazione dell’infrazione commessa e della norma violata, nonché la puntuale descrizione delle opere abusive, che consistono nell’espressione di nuova volumetria ad uso residenziale costruita in assenza di titolo edilizio e in costanza di vincolo di inedificabilità per ragioni sismiche e paesaggistiche, ovvero di legge.

Autorizzazione paesaggistica

Consiglio di Stato, sez. VI, 4 luglio 2023, n. 6513

Autorizzazione paesaggistica – Parere – Giudizio di comparazione

La valutazione che l’Amministrazione è chiamata a compiere in sede di rilascio del parere sulla richiesta di autorizzazione paesaggistica, va riferita alla realtà dei luoghi nei quali il manufatto da realizzare dovrà inserirsi, dal momento che l’obiettivo da perseguire è l’effettiva tutela del paesaggio: il giudizio di comparazione dell’opera rispetto al contesto da difendere va compiuto tenendo presenti le effettive e reali condizioni di sistema dell’area su cui l’intervento andrà a incidere.