Mese: Luglio 2023

Autorizzazione al commercio

Tar Veneto, Venezia, sez. III, 24 luglio 2023, n. 1110

Autorizzazione al commercio e connessa concessione di posteggio – Cessione al terzo – Irregolarità contributiva – Revoca

La cessione al terzo, anche tramite contratto d’affitto, non incide sulla titolarità dell’autorizzazione da parte dell’originario beneficiario della medesima, che ne può ottenere la formale re-intestazione a seguito del venir meno, per qualsiasi causa, del rapporto contrattuale con il terzo.

È compito dell’Amministrazione disporre l’inibizione, a carico del terzo, dall’esercizio dell’autorizzazione e della concessione in esame in ragione dell’accertata irregolarità contributiva, da cui sarebbero realisticamente derivate conseguenze in termini risolutori anche per quanto concerne il rapporto contrattuale tra il ricorrente e l’affittuario. Al contrario, non è giustificata la previsione di una decadenza dal titolo abilitativo in capo al ricorrente: non appare corretto sostenere che egli fosse tenuto, a pena di decadenza dall’autorizzazione e dalla connessa concessione, a formulare una intimazione ad adempiere nei confronti dell’affittuario, pervenendo ad una risoluzione di diritto del contratto di affitto in ragione delle irregolarità contributive che soltanto l’Amministrazione poteva accertare anche con riferimento alla loro persistenza successivamente alla comunicazione di avvio del procedimento di sospensione.

Termine per l’annullamento d’ufficio e false rappresentazioni

Consiglio di Stato, sez. VI, 6 luglio 2023, n. 6615

Procedimento amministrativo – Enti locali – Annullamento d’ufficio – Autotutela – Falsa rappresentazione dei fatti – Privato

L’art. 21-nonies, l. 7 agosto 1990, n. 241, si interpreta nel senso che il superamento del rigido termine di legge – entro il quale il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, è consentito: a) sia nel caso in cui la falsa attestazione, inerenti i presupposti per il rilascio del provvedimento ampliativo, abbia costituito il frutto di una condotta di falsificazione penalmente rilevante (indipendentemente dal fatto che siano state all’uopo rese dichiarazioni sostitutive): nel qual caso sarà necessario l’accertamento definitivo in sede penale; b) sia nel caso in cui l’(acclarata) erroneità dei ridetti presupposti risulti comunque non imputabile (neanche a titolo di colpa concorrente) all’Amministrazione, ed imputabile, per contro, esclusivamente al dolo (equiparabile, per solito, alla colpa grave e corrispondente, nella specie, alla mala fede oggettiva) della parte: nel qual caso — non essendo parimenti ragionevole pretendere dalla incolpevole Amministrazione il rispetto di una stringente tempistica nella gestione della iniziativa rimotiva — si dovrà esclusivamente far capo al canone di ragionevolezza per apprezzare e gestire la confliggente correlazione tra gli opposti interessi in gioco.

L’interesse pubblico all’eliminazione di un titolo abilitativo illegittimo è in re ipsa, a fronte di falsa, infedele, erronea o inesatta rappresentazione, dolosa o colposa, della realtà da parte dell’interessato, risultata rilevante o decisiva ai fini del provvedimento ampliativo, non potendo l’interessato vantare il proprio legittimo affidamento nella persistenza di un titolo ottenuto attraverso l’induzione in errore dell’amministrazione procedente.

Contratti esclusi e obblighi di evidenza pubblica

Consiglio di Stato, sez. V, 12 luglio 2023, n. 6824

Contratti pubblici “esclusi” – Locazione di immobili – Necessità di “gara”

Nel caso delle prestazioni escluse dal campo di applicazione del codice (ma non estranee) la relativa attività negoziale non è affatto libera e deformalizzata come quella che connota, sul piano del fatto, i rapporti interprivati, essendo, per l’appunto, assoggettata a vincoli di diritto, non disponibili, di ordine teleologico (che impongono una congrua motivazione delle scelte, quanto alla relativa convenienza sia economica che funzionale) e di ordine procedimentale (sollecitati dal dovere di rendere pubblica l’iniziativa negoziale e trasparente il comportamento prenegoziale, al fine di garantire un accesso paritario e non discriminatorio dei potenziali interessati alla commessa). È, quindi, errato che l’indizione di una “gara per individuare gli immobili” possa riguardarsi quale “facoltativa”: una “gara” è – per quanto condotta secondo modalità evidenziali diverse da quelle del codice dei contratti pubblici, e quindi all’occorrenza anche significativamente semplificate – sempre necessaria.

Società in house, controllo analogo e principio di maggioranza

Consiglio di Stato, sez. V, 27 luglio 2023, n. 7348

Servizio idrico integrato – Affidamenti e società in house – Controllo analogo “a cascata” e “congiunto” – Coesistenza – Possibilità – Controllo congiunto e non paritario – Possibilità

Le disposizioni vigenti non escludono la compresenza di un modello di controllo analogo c.d. “a cascata” e di quello “congiunto” o “pluripartecipato”: di qui la possibilità di assistere a società in house ad un tempo “a cascata” ed “a controllo congiunto” o pluripartecipato. Essenziale in tale senso è, piuttosto, la ricorrenza dei relativi presupposti prescritti dalla legge.

In caso di partecipazione plurima, l controllo deve essere “congiunto”, ma non anche necessariamente “paritario” (ossia egualmente ripartito tra tutti i soci in house). Nei servizi d’interesse economico generale di livello locale “a rete”, una simile conclusione è inevitabilmente legata alla particolare dimensione naturale, organizzativa e funzionale degli ATO che sono costituiti da plurimi comuni di varie dimensioni e dunque anche di diverso peso societario. Di qui la piana applicazione del principio democratico della maggioranza dettato, altresì, da basilari esigenze di celerità ed efficacia dell’azione amministrativa (si veda l’applicazione del criterio maggioritario ogniqualvolta sia necessario il concorso di più enti pubblici per il raggiungimento di una certa decisione, ossia attraverso il comune strumento della conferenza di servizi).

Ambiente, principio di sussidarietà e corretta allocazione delle funzioni

Corte Costituzionale, 24 luglio 2023, n.160  

Ambiente – Inquinamento – Norme della Regione Lombardia – Attribuzione ai Comuni delle funzioni amministrative di bonifica e ripristino ambientale dei siti contaminati – Illegittimità costituzionale

Nel modello delineato dalla riforma costituzionale del 2001, in linea con il principio di sussidiarietà, la valutazione di adeguatezza informa di sé l’individuazione, ad opera del legislatore statale o regionale, dell’ente presso il quale allocare, in termini di titolarità, la competenza. Infatti, muovendo dalla preferenza accordata ai comuni, cui sono attribuite, in via generale, le funzioni amministrative, la Costituzione demanda al legislatore statale e regionale, nell’ambito delle rispettive competenze, la facoltà di diversa allocazione di dette funzioni, per assicurarne l’esercizio unitario, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza (art. 118, primo comma, Cost.).

Nel disegno del legislatore statale contenuto nel codice dell’ambiente si riserva alla regione la funzione amministrativa nella materia della bonifica dei siti inquinati (artt. 198 e 242 del d.lgs. n. 152 del 2006), materia per costante, risalente giurisprudenza costituzionale ricompresa in quella dell’ambiente e quindi riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.

La potestà legislativa esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. esprime ineludibili esigenze di protezione di un bene, quale l’ambiente, unitario e di valore primario, che sarebbero vanificate ove si attribuisse alla regione «la facoltà di rimetterne indiscriminatamente la cura a un ente territoriale di dimensioni minori, in deroga alla valutazione di adeguatezza compiuta dal legislatore statale con l’individuazione del livello regionale». Ad una siffatta iniziativa si accompagnerebbe una modifica, attraverso un atto legislativo regionale, dell’assetto di competenze inderogabilmente stabilito dalla legge nazionale all’esito di una ragionevole valutazione di congruità del livello regionale come il più adeguato alla cura della materia.

SPL e conferimento di rami d’azienda

Consiglio di Stato, sez. V, 19 luglio 2023, n. 7079

Servizi pubblici – Conferimento di rami d’azienda – Titolarità affidamenti

Il conferimento di rami d’azienda garantisce la continuità gestionale, ricevendo il conferitario dal conferente il trasferimento di tutte le componenti aziendali necessarie a svolgere le attività in precedenza gestite (nel senso dell’art. 2555 Cod. civ. e per gli effetti di cui al successivo art. 2558 Cod. civ.). Per l’effetto, nel caso di conferimento di rami d’azienda relativi alla gestione di servizi pubblici, non si verifica alcun trasferimento o cessione della titolarità degli affidamenti, in quanto l’azienda che gestisce il servizio pubblico rimane sempre la stessa, mutando solamente la veste giuridica nella quale l’azienda stessa è inserita.

Con il conferimento di rami d’azienda, non si verifica alcun caso di cessione o subentro nell’affidamento del servizio pubblico, dovendosi parlare di operazioni assimilabili ad ipotesi di riorganizzazione societaria del concessionario.

Pianificazione urbanistica

Consiglio di Stato, sez. VII, 25 luglio 2023, n. 7294

Pianificazione urbanistica – Modifica destinazione d’uso con alterazione carico urbanistico

Costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra residenziale, turistico-ricettiva, produttiva e direzionale, commerciale, rurale.

Per poter ordinare il ritorno all’originaria destinazione abitativa, non è richiesto all’amministrazione di valutare, in concreto, l’aggravio del carico urbanistico prodotto dal mutamento di destinazione comunicato.

Scia e poteri di controllo ordinario

Tar Umbria, Perugia, sez. I, 24 luglio 2023, n. 485

Titolo edilizio – SCIA – Poteri di controllo ordinario

Per il decorso del termine di controllo ordinario sulla SCIA è necessaria la completezza e la veridicità delle dichiarazioni rese, con la conseguenza che in presenza di una dichiarazione inesatta o incompleta all’Amministrazione, sussiste comunque il potere di inibire l’attività dichiarata stante l’inidoneità ex ante della segnalazione di inizio attività presentata a consumare i poteri di controllo della P.A.

Istanza in sanatoria e oneri dell’ente locale

Tar Sardegna, Cagliari, sez. II, 24 luglio 2023, n. 567

Abuso edilizio – Istanza in sanatoria – Onere di riscontro da parte del Comune

A fronte di un’istanza di condono da parte del privato, è onere dell’Amministrazione dare riscontro, rappresentando gli elementi che, in concreto, possano impedirne una pronta definizione.

Non risponde ai canoni di buona amministrazione la condotta del Comune che, nell’astenersi dal dare riscontro alle reiterate richieste avanzate dal privato, giustifichi solo in giudizio l’impossibilità di definire la pratica per l’affermata incompletezza della documentazione a suo tempo prodotta.

In presenza di una formale istanza, l’amministrazione è tenuta a concludere il procedimento anche se ritiene che la domanda sia irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata, non potendo rimanere inerte: il legislatore, infatti, ha imposto alla P.A. di rispondere in ogni caso (tranne i casi limite di palese pretestuosità) alle istanze dei privati nel rispetto dei principi di correttezza, buon andamento, trasparenza, consentendo alle parti di difendersi in giudizio in caso di provvedimenti lesivi dei loro interessi giuridici.

Abuso edilizio e oneri motivazionali

Tar Campania, Napoli, sez. VI, 24 luglio 2023, n. 4445

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Onere motivazionale attenuato – Comunicazione avvio procedimento – Sanzione pecuniaria alternativa

La comunicazione di avvio del procedimento deve ritenersi superflua ai fini dell’adozione degli atti di repressione degli illeciti edilizi; invero, tali procedimenti, essendo tipizzati, in quanto compiutamente disciplinati dalla legge speciale e caratterizzati dal compimento di meri accertamenti tecnici sulla consistenza e sul carattere abusivo delle opere realizzate, non richiedono l’apporto partecipativo del destinatario, e ciò anche a prescindere dall’applicabilità dell’art. 21-octies, L. 241/1990.

Per giustificare l’ingiunzione di demolizione, è necessaria e sufficiente l’analitica descrizione delle opere abusivamente realizzate, in modo da consentire al destinatario della sanzione di rimuoverle spontaneamente, ogni altra indicazione esulando dal contenuto tipico del provvedimento, non occorrendo in particolare anche la descrizione precisa della superficie occupata e dell’area di sedime che dovrebbe essere confiscata in caso di mancata, spontanea esecuzione; elementi, questi, invece, necessariamente afferenti alla successiva ordinanza di gratuita acquisizione al patrimonio comunale.

Le disposizioni dell’art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001 devono essere interpretate nel senso che la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria debba essere valutata dall’Amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all’ordine di demolizione: fase esecutiva, nella quale le parti possono dedurre in ordine alla situazione di pericolo di stabilità del fabbricato, presupposto per l’applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, con la conseguenza che tale valutazione non rileva ai fini della legittimità dell’originario ordine di demolizione.