Tar Sicilia, Palermo, sez. II, 24 agosto 2023, n. 2660

Abuso edilizio – Istanza in sanatoria – Doppia conformità – Sanatoria giurisprudenziale – Sopravvenienze

L’istituto dell’accertamento di conformità previsto dall’art. 36 del DPR 6 giugno 2001, n. 380 – che disciplina il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria “subordinandolo alla doppia conformità degli interventi realizzati con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione degli stessi, che a quello della presentazione della domanda”, in linea con la sua funzione, che è quella di garantire l’assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza volta ad ottenere l’accertamento di conformità, presuppone la c.d. doppia conformità dell’opera, ovvero la non contrarietà dell’intervento abusivo alla disciplina urbanistico-edilizia in vigore sia al momento della sua realizzazione, sia al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria (art. 36 del D.P.R. n. 380/2001).

La cd. sanatoria giurisprudenziale – che considera sufficiente la conformità dell’intervento alla normativa urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda di sanatoria, indipendentemente dalla normativa vigente al momento della realizzazione dell’opera – deve considerarsi figura ormai superata, nonché recessiva rispetto al disposto normativo vigente e ai principi che regolano la repressione dell’abusiva trasformazione del territorio. Il permesso di costruire in sanatoria è infatti ottenibile soltanto in presenza dei presupposti espressamente delineati dall’art. 36 D.P.R. n. 380/2001, ossia a condizione che l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica-edilizia vigente al momento della realizzazione del manufatto e della presentazione della domanda (cd. doppia conformità). Pertanto, in assenza del requisito della doppia conformità, ormai espressamente richiesto dalla legge, non residuano margini per l’applicazione della sanatoria impropria, istituto ormai definitivamente abbandonato dalla giurisprudenza, sia amministrativa, sia della Corte Costituzionale.

Le sopravvenienze positive non consentono di sanare gli abusi pregressi. Diversamente opinando, si incentiverebbe l’abusivismo edilizio e si premierebbe la condotta del soggetto che ha trasgredito le norme. Le sopravvenienze, anche positive, infatti, minerebbero la certezza e la sicurezza dei rapporti giuridici, oltre che il buon andamento della Pubblica Amministrazione.