Mese: Settembre 2023

Abuso edilizio e istanza in sanatoria tardiva

Tar Molise, Campobasso, sez. I, 9 agosto 2023, n. 232

Abuso edilizio – Istanza in sanatoria – Termini – Acquisizione gratuita al patrimonio comunale

Il termine ultimo entro il quale presentare l’istanza di sanatoria ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 è di novanta giorni.

In forza della natura automatica dell’acquisto da parte dell’Amministrazione, a fronte dell’inadempimento del privato, una volta decorso inutilmente il termine prescritto per la demolizione, il manufatto abusivo è acquisito di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune e non occorre alcun atto formale di accertamento di inottemperanza all’ordinanza di demolizione. Pertanto, colui che presenta la domanda di accertamento di conformità solo dopo tale scadenza, non è più il proprietario del bene che intenderebbe sanare, con conseguente carenza di legittimazione, da parte sua, all’avvio del relativo iter procedimentale.

L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale costituisce un’autonoma sanzione, che segue l’inottemperanza all’ingiunzione a demolire. Presupposto necessario e sufficiente affinché possa configurarsi l’acquisizione gratuita è, dunque, la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione dell’immobile abusivo entro il termine di novanta giorni fissato dalla legge.

L’effetto traslativo della proprietà a favore del Comune avviene ipso iure e costituisce l’effetto automatico della mancata ottemperanza all’ingiunzione a demolire: l’atto dichiarativo dell’accertamento dell’inottemperanza, con l’indicazione esatta dell’area sottratta al privato, è necessario ai soli fini dell’immissione in possesso e della trascrizione nei registri immobiliari, non essendo invece esso costitutivo anche dell’effetto acquisitivo.

Spiagge libere e divieto sindacale di accesso ai cani

TAR Calabria, Reggio Calabria, sez. unica, 1 agosto 2023, n. 651

Poteri di ordinanza sindacale – Spiagge libere – Divieto accesso cani – Illegittimità

La scelta di vietare negli orari diurni l’ingresso agli animali – e, conseguentemente, ai loro padroni o detentori – sulle spiagge destinate alla libera balneazione, risulta irragionevole ed illogica, oltre che irrazionale e sproporzionata, nel senso che l’amministrazione avrebbe dovuto valutare se sia possibile perseguire le finalità pubbliche del decoro, dell’igiene e della sicurezza, ovvero dell’incolumità pubblica mediante regole alternative al divieto di frequentazione delle spiagge (quali, solo a titolo esemplificativo, a tutela dell’igiene pubblica l’obbligo di portare con se, unitamente all’animale, anche paletta e sacchetto per raccolta deiezioni, l’immediata rimozione delle deiezioni, la pulizia delle aree interessate dalle deiezioni, ovvero, a tutela dell’incolumità pubblica, l’obbligo di indossare la museruola o guinzaglio e il divieto di lasciare liberi gli animali, viepiù per quelli di taglia non piccola, a tutela della pubblica incolumità), idonee allo scopo ma, nel contempo, non in assoluto preclusive delle prerogative dei cittadini. Il principio di proporzionalità di matrice comunitaria, immanente nel nostro ordinamento in virtù del richiamo operato dall’art. 1 della legge n. 241/1990, impone alla pubblica amministrazione di optare, tra più possibili scelte ugualmente idonee al raggiungimento del pubblico interesse, per quella meno gravosa per i destinatari incisi dal provvedimento, onde evitare agli stessi ‘inutili’ sacrifici.

Farmacie e poteri comunali di pianificazione

Consiglio di Stato, sez. III, 19 maggio 2023, n. 5016

Enti locali – Territorio – Farmacie – Servizi pubblici locali – Nuova delimitazione della sede – Perimetrazione ambito territoriale – Discrezionalità comune

Univoca giurisprudenza amministrativa riconosce la potestà, ampiamente discrezionale, del Comune in ordine alla pianificazione territoriale periodica del servizio farmaceutico reso sul proprio territorio al fine di ottimizzare il servizio offerto a tutela del diritto alla salute dei propri cittadini. Il predetto potere-dovere si estende, certamente, alla previsione del numero delle farmacie e del loro incremento, alla individuazione delle loro sedi e dei rispettivi bacini d’utenza ed agli eventuali trasferimenti di sede al fine di garantire una omogenea diffusione del servizio sull’intero territorio a tutela del diritto alla salute degli utenti.

Incandidabilità di un sindaco non eletto e annullamento delle elezioni

C.G.A.R.S., sez. giurisdizionale, 14 agosto 2023, n. 530

Enti locali – Ordinamento – Elezioni – Incandidabilità – Effetto trascinamento

Sia la norma nazionale (art. 10 del d.lgs. n. 235 del 2012) che la normativa regionale, nulla prevedono in ordine a un eventuale effetto caducatorio dell’ intera elezione degli organi comunali in caso di accertata incandidabilità di un candidato sindaco non risultato eletto (e quand’anche si tratti del c.d. “miglior perdente”, che viene eletto consigliere comunale come “capo dell’opposizione”), ma si limitano invece a stabilire l’eventuale nullità della elezione o della nomina del (solo) soggetto che si sia venuto a trovare in condizione di incandidabilità con il conseguente obbligo, in capo all’organo che ha effettuato la nomina, a revocare il relativo provvedimento, procedendo per l’effetto alla surroga con il primo dei non eletti.

Solo in presenza di una espressa norma di legge (come l’art 53 TUEL) è, dunque, possibile far discendere dall’ineleggibilità del candidato eletto (Sindaco) l’effetto radicale dello scioglimento del Consiglio comunale. Una siffatta previsione non esiste, invece, con riguardo all’ipotesi del candidato sindaco ineleggibile eletto alla carica di Consigliere comunale, né si ritiene corretto che essa possa essere desunta in via interpretativa dall’art 71 TUEL, poiché le cause di scioglimento del Consiglio comunale sono soggette ai principi di tipicità e tassatività (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. II, 31 maggio 2021, n. 4181): ciò che, peraltro, è una delle tante applicazioni legislative del principio generale di conservazione, nella massima misura possibile, degli effetti degli atti compiuti pur allorché essi siano (parzialmente) invalidi. La ratio della disciplina di cui l’art. 10 d.lgs. n. 235/2012 è da ravvisare nel fatto che essa è precipuamente diretta a realizzare il preminente interesse pubblico di garantire la stabilità degli organi elettivi, di favorire il rispetto della volontà degli elettori, di assicurare la certezza dei risultati elettorali, di conservare l’efficacia degli atti del procedimento elettorale non direttamente incisi dall’elezione della persona incandidabile e di ripristinare la situazione di legalità vulnerata da quest’ultima, per mezzo dell’esclusione ex post del solo soggetto illegittimamente eletto e la surroga del seggio divenuto vacante.

Voti espressi su schede elettorali difformi

C.G.A.R.S., sez. giurisdizionale, 16 agosto 2023, n. 531

Enti locali – Ordinamento – Elezioni – Annullamento elezioni – Schede nulle

Le disposizioni di cui agli artt. 44, 49 e 16 del d.P.Reg. n. 3 del 1960, dopo aver stabilito (“salvo il disposto dei commi seguenti”) che la validità dei voti deve essere ammessa solo nei casi in cui si possa desumere la volontà effettiva dell’elettore, affermano testualmente che “sono nulli i voti contenuti in schede che non sono quelle prescritte dall’art. 16” dello stesso decreto. In particolare, ai sensi del primo comma, il successivo secondo comma è strutturato come del tutto derogatorio rispetto al principio del raggiungimento dello scopo: infatti – senza che sia prescritto di indagare se quest’ultimo sia stato o meno raggiunto – la norma testualmente stabilisce che “sono nulli i voti contenuti in schede che non sono quelle prescritte dall’art. 16”. Siffatta previsione legale è certamente riferibile anche, ma non solo, all’ipotesi in cui un elettore abbia espresso il proprio voto su una scheda materialmente falsa, ossia “stampata in proprio”; ma, altrettanto certamente, si riferisce – letteralmente, logicamente e teleologicamente – all’ipotesi in cui la scheda fornita dalla competente Prefettura sia stata stampata in modo essenzialmente difforme da come prescritto da detto articolo 16.

Dissesto e debiti

Consiglio di Stato, sez. V, 17 agosto 2023, n. 7788

Enti locali – Organizzazione – Ordinamento – Dissesto – Giurisdizione – Inibizione – Azione esecutiva – Debiti del dissesto

L’art. 248, co. 2, d. lgs. 267/2000, stabilisce che dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’articolo 256 non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell’ente per i debiti che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione. Il successivo co. 3 dispone che “i pignoramenti eventualmente eseguiti dopo la deliberazione dello stato di dissesto non vincolano l’ente ed il tesoriere, i quali possono disporre delle somme per i fini dell’ente e le finalità di legge”, ed il co. 4 che “dalla data della deliberazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’articolo 256 i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria”.

Sotto il profilo finanziario, se gli atti e fatti cui è correlato il provvedimento giurisdizionale (o amministrativo) sono cronologicamente ricollegabili all’arco temporale anteriore al 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, il provvedimento successivo, che determina l’insorgere del titolo di spesa, deve essere imputato alla Gestione liquidatoria, purché detto provvedimento sia emanato prima dell’approvazione del rendiconto della gestione di cui all’art. 256, comma 11: sicché il debito viene imputato al bilancio della Gestione liquidatoria sotto il profilo amministrativo-contabile, privando l’ente comunale della relativa capacità giuridica (sotto il profilo civilistico) e competenza amministrativa su quel debito, che non è più ad esso imputabile. Il che spiega le conseguenze in ordine alle attività esecutive che vengono temporaneamente paralizzate fino all’approvazione del rendiconto della gestione di cui all’art. 256, comma 11.

Telecomunicazioni e imposte comunali

Consiglio di Stato, sez. V, 22 agosto 2023, n. 7910

Enti locali – Telecomunicazioni – Enti di telecomunicazioni – Tasse – Canoni – Obbligo COSAP/TOSAP

L’art. 93 del Codice delle comunicazioni elettroniche stabilisce che gli enti gestori di reti di comunicazione elettronica sono tenuti a corrispondere solo la Cosap/Tosap, con esclusione di ogni altra tassa, prestazione o canone. L’esclusione riguarda dunque, testualmente, le “prestazioni coattive” di natura pubblicistica; nel caso di specie, invece, si controverte su mere “spese” di trasferimento degli impianti di rete, ossia su costi di esercizio di carattere squisitamente privatistico. In altre parole, il ridetto art. 93 si riferisce agli “oneri impositivi”, non invece ai “costi vivi” afferenti allo spostamento, necessitato da ragioni di interesse pubblico, degli impianti e delle installazioni delle imprese di telecomunicazioni.

Patrimonio indisponibile

Consiglio di Stato, sez. V, 22 agosto 2023, n. 7899

Enti locali – Patrimonio indisponibile – Passaggio al patrimonio disponibile per facta concludentia – Non ammissibilità

Il passaggio da patrimonio indisponibile a patrimonio disponibile non può avvenire per facta concludentia (trascuratezza prolungata da parte dell’ente proprietario) ma soltanto per volontà espressa in tal senso manifestata in apposito atto amministrativo.

Costituisce principio costantemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa quello secondo cui, ai fini della qualificazione di un bene quale appartenente al patrimonio indisponibile di un ente pubblico, ai sensi dell’art. 826 cod. civ., comma 3, u.p., la destinazione ad un pubblico servizio, che tale indisponibilità connota, debba risultare da un duplice ordine di requisiti: quello c.d. “soggettivo”, costituito da una manifestazione di volontà dell’ente proprietario, espressa in un atto amministrativo ad hoc, con il quale il bene sia stato destinato al soddisfacimento di una esigenza della collettività; e quello “oggettivo”, che ricorre nei casi in cui tale destinazione al pubblico interesse sia stata concretamente attuata.

Somministrazione di bevande al pubblico

Consiglio di Stato, sez. III, 28 agosto 2023, n. 7989

Attività produttive – Somministrazione – Commercio – Licenza di somministrazione – Qualificazione – Autorizzazione di polizia

La licenza di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande è qualificabile come autorizzazione di polizia e, in quanto tale, soggetta alle misure sanzionatorie – sospensione o revoca – previste in generale dall’art. 10 del T.u.l.p.s. qualora ricorra un’ipotesi di abuso; ciò in quanto, la successiva legge 25 agosto 1991, n. 287 – che ha aggiornato la normativa sull’insediamento e sull’attività degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande – non ha invero comportato l’estromissione della materia di somministrazione alimentare al pubblico dall’ambito di applicazione del T.u.l.p.s..

La legittimità della misura sanzionatoria della sospensione della licenza ricorre, ai sensi dell’art. 10 del r.d. n. 773 del 1931, non solo nei casi di abuso del titolo, ma anche nelle ipotesi in cui la condotta del titolare il titolo abilitativo sia improntata alla violazione delle modalità di svolgimento del servizio. Le autorizzazioni di polizia devono, infatti, essere utilizzate conformemente alle prescrizioni contenute nelle leggi e nelle fonti sub-primarie, dovendosi ritenere che la violazione di tale corpus normativo configuri un uso certamente anomalo e, quindi, un evidente abuso del titolo, da sanzionare alla stregua dell’art. 10 richiamato.

Immagini di videosorveglianza e accesso

Tar Marche, Ancona, sez. II, 4 settembre 2023, n. 538

Accesso difensivo – Apparecchiature pubbliche di videosorveglianza – Diniego – Autorità competente

Le immagini registrate e conservate in sistemi di videosorveglianza urbana rientrino nella nozione di documento amministrativo ai fini del diritto di accesso, considerata l’ampia dizione di cui all’art. 22 comma 1, lett. d), della l. n. 241/1990 e considerato che si tratta di immagini già esistenti, registrate dal Comune nell’esercizio di una attività di pubblico interesse. La nozione normativa di documento amministrativo, suscettibile di formare oggetto di istanza di accesso documentale, è, infatti, ampia e può riguardare ogni documento detenuto dalla pubblica amministrazione o da un soggetto, anche privato, alla stessa equiparato ai fini della specifica normativa dell’accesso agli atti, e formato non solo da una pubblica amministrazione, ma anche da soggetti privati, purché lo stesso concerna un’attività di pubblico interesse o sia utilizzato o sia detenuto o risulti significativamente collegato con lo svolgimento dell’attività amministrativa, nel perseguimento di finalità di interesse generale.

Nel caso di accesso “difensivo”, la conoscenza dell’atto non è destinata a consentire al privato di partecipare all’esercizio del pubblico potere in senso “civilmente” più responsabile, ossia per contribuire a rendere l’esercizio del potere condiviso, trasparente e imparziale, ma rappresenta il tramite per la cura e la difesa dei propri interessi giuridici.