Mese: Settembre 2023

Abuso edilizio e rispetto del diritto di abitazione

Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Bolzano, 25 agosto 2023, n. 269

Titolo edilizio – Trasformazione edilizia – Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Diritto di abitazione – Principio di proporzionalità

Il deposito di materiali inerti con carattere di stabilità e durata permanente determina una trasformazione permanente dell’assetto edilizio del territorio, necessitante di concessione edilizia; il mutamento di destinazione è variante essenziale e come tale legittima il provvedimento di demolizione e ripristino.

In materia di rapporti tra il diritto di abitazione e gli abusi edilizi si considera legittimo l’ordine di demolizione di un abuso edilizio rispetto al principio di proporzionalità declinato dalla Corte EDU: la questione del rispetto del principio di proporzionalità rileva solo nella diversa fase dell’esecuzione dell’ordine di demolizione se e quando viene in gioco il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di una persona. Pertanto, il suddetto principio non viene in applicazione ove l’abuso perpetrato non inerisce all’esigenza di sopperire ad eventuali esigenze abitative.

La sanzione ripristinatoria della legalità violata può considerarsi giustificata rispetto allo scopo perseguito dalle norme interne di assicurare un’ordinata programmazione e gestione degli interventi edilizi.

Abuso edilizio, doppia conformità e sanatoria giurisprudenziale

Tar Sicilia, Palermo, sez. II, 24 agosto 2023, n. 2660

Abuso edilizio – Istanza in sanatoria – Doppia conformità – Sanatoria giurisprudenziale – Sopravvenienze

L’istituto dell’accertamento di conformità previsto dall’art. 36 del DPR 6 giugno 2001, n. 380 – che disciplina il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria “subordinandolo alla doppia conformità degli interventi realizzati con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione degli stessi, che a quello della presentazione della domanda”, in linea con la sua funzione, che è quella di garantire l’assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza volta ad ottenere l’accertamento di conformità, presuppone la c.d. doppia conformità dell’opera, ovvero la non contrarietà dell’intervento abusivo alla disciplina urbanistico-edilizia in vigore sia al momento della sua realizzazione, sia al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria (art. 36 del D.P.R. n. 380/2001).

La cd. sanatoria giurisprudenziale – che considera sufficiente la conformità dell’intervento alla normativa urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda di sanatoria, indipendentemente dalla normativa vigente al momento della realizzazione dell’opera – deve considerarsi figura ormai superata, nonché recessiva rispetto al disposto normativo vigente e ai principi che regolano la repressione dell’abusiva trasformazione del territorio. Il permesso di costruire in sanatoria è infatti ottenibile soltanto in presenza dei presupposti espressamente delineati dall’art. 36 D.P.R. n. 380/2001, ossia a condizione che l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica-edilizia vigente al momento della realizzazione del manufatto e della presentazione della domanda (cd. doppia conformità). Pertanto, in assenza del requisito della doppia conformità, ormai espressamente richiesto dalla legge, non residuano margini per l’applicazione della sanatoria impropria, istituto ormai definitivamente abbandonato dalla giurisprudenza, sia amministrativa, sia della Corte Costituzionale.

Le sopravvenienze positive non consentono di sanare gli abusi pregressi. Diversamente opinando, si incentiverebbe l’abusivismo edilizio e si premierebbe la condotta del soggetto che ha trasgredito le norme. Le sopravvenienze, anche positive, infatti, minerebbero la certezza e la sicurezza dei rapporti giuridici, oltre che il buon andamento della Pubblica Amministrazione.

Omaggi al parroco e responsabilità erariale

Corte dei conti, II sezione giurisdizionale centrale d’appello, 3 luglio 2023, n. 178

Concessione di doni e omaggi – Spese di rappresentanza – Inerenza – Prassi contra legem

La Giunta Comunale che con risorse pubbliche organizza un rinfresco con un dono per omaggiare il parroco in occasione del suo congedo arreca danno erariale, in quanto si tratta di spese non classificabili come di rappresentanza, poiché non finalizzate ad accrescere il prestigio dell’amministrazione stessa verso l’esterno e non correlate ad esigenze di rappresentatività connesse alle finalità dell’Ente.

La spesa pubblica deve essere sempre rivolta al perseguimento di un interesse pubblico da individuarsi non attraverso personali ed estemporanee valutazioni caso per caso, bensì in base ad obiettivi criteri giuridici, da predeterminarsi, almeno nelle linee generali, in rapporto a quelli specifici dell’Ente.

Una prassi amministrativa contra legem non è idonea a far venire meno l’antigiuridicità di una condotta o a escludere il profilo dell’elemento psicologico, ravvisabile nella colpa grave, in quanto, poiché contraria a norme scritte, non ha, né può avere, alcuna rilevanza “legale”, non potendo l’Amministrazione agire in contrasto con l’ordinamento. Pertanto, sussiste la responsabilità del funzionario comunale che ad essa si sia adeguato, ove si consideri che, al contrario, incombe sullo stesso l’obbligo di disapplicare, modificare o comunque, interrompere tale procedura contra legem.

Spese fuori bilancio e responsabilità del Sindaco

Cassazione civile, Sezione III, 24 maggio 2023, n. 14470

Comune – Spese fuori bilancio – Lavori effettuati in assenza di copertura finanziaria – Organo comunale obbligato al pagamento dell’impegno di spesa – Amministratore funzionario o dipendente del Comune – Ruolo del Sindaco

In tema di spese fuori bilancio dei Comuni, l’art. 191, comma 4, L. 267/2000, nell’individuare l’organo obbligato al pagamento dei lavori effettuati in assenza di una copertura finanziaria o di preventiva deliberazione comunale, quando si riferisce all’amministratore, funzionario o dipendente del Comune, intende qualunque soggetto che, indipendentemente dalle funzioni ad esso attribuite, agisca di fatto nella veste di amministratore, impegnando l’ente comunale in una spesa non previamente deliberata o finanziariamente coperta; pertanto, il Sindaco, organo comunale di indirizzo politico, qualora agisca in veste di amministratore, impegnando il Comune in una spesa non previamente deliberata o finanziariamente coperta, è ritenuto obbligato personalmente all’impegno finanziario assunto.

Società partecipate e patti parasociali

Cassazione civile, sez. I, ordinanza 1 giugno 2023, n. 15521

Società partecipate – Patti parasociali conclusi dal Comune – Autorizzazione preventiva alla stipulazione – Organo comunale competente – Mancata autorizzazione – Conseguenza – Annullabilità

In caso di società partecipata da un Comune la sottoscrizione di un patto parasociale da parte del Sindaco, in assenza di una previa autorizzazione da parte del competente consiglio comunale, non rende il patto nullo per difetto di attribuzione.

Invero, l’autorizzazione preventiva richiesta si inserisce nell’ambito degli atti autorizzatori inter-organici e si sostanzia in un mero presupposto interno e non già alla stregua di un presupposto di legittimità.

Infine, anche a voler inquadrare tale autorizzazione alla stregua di un presupposto di legittimità, essa non rientrerebbe tre le cause di nullità di cui all’art. 1418 c.c., ma rimarrebbe sottoposta alla disciplina dell’annullamento per erronea acquisizione della volontà negoziale, come tale invocabile esclusivamente dall’ente nel cui interesse sono poste le norme violate.

ICI/IMU e categorie catastali

Cassazione civile, Sezione V, ordinanza 11 maggio 2023, n. 12840

Tributi locali – ICI – Carattere rurale dell’immobile – Attribuzione delle relative categorie catastali – Classificazione della ruralità dei fabbricati

In tema di imposta catastale sugli immobili, l’immobile che sia stato attribuito a una categoria catastale diversa da quelle dei fabbricati rurali, non può beneficiare dell’esenzione dall’imposta Ici/Imu per il solo fatto che l’immobile fosse asservito allo svolgimento dell’attività agricola, posto che il carattere rurale dell’immobile muove in via esclusiva dall’attribuzione ad esso della relativa categoria catastale da parte dell’amministrazione finanziaria (agenzia delle entrate); pertanto, l’ente comunale non può prescindere dal classamento catastale attribuito all’immobile dall’amministrazione finanziaria nella determinazione dei presupposti dell’imposizione locale e della relativa base imponibile, sicché ogni contestazione volta ad ottenere l’attribuzione all’immobile della categoria di ruralità, anche per gli anni antecedenti alla procedura Dofca, deve essere rivolta all’amministrazione finanziaria contro il provvedimento di classificazione catastale.

Occupazione usurpativa

Cassazione civile, sez. II, ordinanza 28 giugno 2023, n. 18445

Espropriazione – Occupazione usurpativa – Usucapione della p.a. – Condizioni

Può considerarsi idoneo possesso “ad usucapionem” quello conseguito ed esercitato dalla P.A. per effetto di un’occupazione usurpativa, cioè non assistista “a monte” dall’instaurazione di una legittima procedura espropriativa dell’immobile per pubblica utilità.

Invero, la totale assenza dei presupposti di esercizio del potere ablativo che connota detta procedura non fa venir meno la legittimazione del proprietario occupato di rivendicare il bene o chiedere il risarcimento dei danni al fine di contestare la sussistenza dei requisiti di cui all’art. 1158 c.c. per l’acquisto a titolo originario del fondo da parte della pubblica amministrazione procedente. Sicché in presenza di un’occupazione usurpativa della P.A. (comunque idonea a fondare un possesso utile “ad usucapionem”), in assenza dell’esercizio dell’azione recuperatoria o risarcitoria del proprietario dell’immobile illegittimamente occupato e in conseguenza del possesso ultraventennale da parte della P.A., è legittima la dichiarazione di acquisto per usucapione in favore dell’amministrazione.

Servizio di trasporto di utenti disabili

Cassazione civile, Sezione II, ordinanza 11 luglio 2023, n. 19628

Servizi socioassistenziali – Trasporto per utenti disabili – Ripartizione delle spese tra ASL e Comuni – Delibera di riconoscimento del debito fuori bilancio 

In materia di servizi di trasporto per utenti disabili a fini socio riabilitativi presso centri pubblici di riabilitazione o convenzionati con le ASL,  in assenza di un’intesa tra i Comuni interessati e le ASL per la ripartizione degli oneri economici per il servizio di trasporto, il compenso dovuto dall’ASL va determinato ai sensi del contratto stipulato dalla stessa con il centro riabilitativo gestore del servizio, e deve essere registrato, con l’attestazione della relativa copertura finanziaria, secondo la procedura contabile prescritta per gli enti locali. Nel caso di specie, in assenza di un’intesa tra i Comuni interessati e l’Asl, il compenso va determinato ai sensi dell’art. 10 del contratto stipulato tra le parti, in forza del quale l’ASL è tenuta a corrispondere alla Cooperativa solo la quota a suo carico, pari al 40%, e non l’intero importo giornaliero. Un impegno maggiore non può desumersi dalla delibera con la quale l’ente locale riconosce un debito fuori bilancio del pagamento del corrispettivo di una prestazione, in quando inidonea a far sorgere un valido rapporto contrattuale.

Licenziamento e divieto di automatismi

Cassazione civile, sezione lavoro, 27 giugno 2023, n. 18372

Lavoro pubblico – Licenziamento illegittimo – Proporzionalità della sanzione

In materia di lavoro pubblico, una volta accertato che il lavoratore abbia commesso una delle condotte di cui all’art. 55-quater del d.lgs. n. 165/2001, la sanzione del licenziamento non è una conseguenza automatica e necessaria, potendo e dovendo la pubblica amministrazione ricorrere alla sanzione espulsiva solamente nell’ipotesi in cui il fatto presenti i caratteri propri del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa di licenziamento. Invero, l’art. 55-quater del d.lgs. n. 165/2001è stato interpretato alla luce dello sfavore manifestato dalla giurisprudenza costituzionale rispetto agli automatismi espulsivi, sicché la pubblica amministrazione conserva il potere-dovere di valutare l’effettiva portata dell’illecito tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto e, in particolare, effettuando un giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione che si sostanzia nella valutazione della gravità dell’inadempimento imputato al lavoratore.