Abuso edilizio – Istanza di condono – Limiti – Normativa della Regione siciliana – Questione di legittimità costituzionale
Il Collegio sottopone alla Corte costituzionale – ritenendola rilevante e non manifestamente infondata – la questione di legittimità costituzionale:
a) dell’art. 2, comma 3, della legge regionale siciliana 30 aprile 1991, n. 15, quanto alle relative parole “devono intendersi” (anziché “sono”); e, comunque, di detto comma 3 nella parte in cui esso pone la retroazione del precetto – di diretta e immediata efficacia anche nei confronti dei privati delle “disposizioni di cui all’art. 15, prima comma, lett. a, … della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78” – sin dalla data di entrata in vigore di detta legge regionale n. 78 del 1976, anziché dalla data di entrata in vigore della stessa legge n. 15 del 1991;
b) nonché – in via subordinata e condizionatamente all’esegesi che se ne dia – dell’art. 23 (ossia dell’art. 32-33 della legge n. 47 del 1985 per quale recepita in Sicilia), comma 11 (già 10), ultima proposizione, della legge regionale siciliana 10 agosto 1985, n. 37 – laddove tale norma afferma che “restano altresì escluse dalla concessione o autorizzazione in sanatoria le costruzioni eseguite in violazione dell’art. 15, lettera a) della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, ad eccezione di quelle iniziate prima dell’entrata in vigore della medesima legge e le cui strutture essenziali siano state portate a compimento entro il 31 dicembre 1976” – per violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza di cui all’art. 3, comma 1, della Costituzione (c.d. eccesso di potere legislativo).
In sostanza, il Collegio dubita della compatibilità costituzionale dell’imposizione, nel 1991, del vincolo di inedificabilità assoluta nei 150 metri dalla battigia direttamente efficace anche per i privati con effetto retroattivo sin dal 1976; anziché con effetto solo per l’avvenire, ossia dall’entrata in vigore della cit. legge n. 15 del 1991.