Consiglio di Stato, sezione IV, 17 ottobre 2024, n. 8327

Convenzione urbanistica – Validità – Scadenza – Effetti – Prescrizione per decorso dei termini – Mancata ultimazione delle opere nei termini – Principio di legalità sostanziale – Occupazione abusiva di beni immobili – Danni da perdita subita – Valutazione equitativa – Nesso di causalità

Una volta scaduti i termini di validità della convenzione urbanistica o il diverso termine stabilito dalle parti, l’esercizio di ogni azione legale per l’adempimento delle obbligazioni ivi contenute risulta prescritto se non esercitato entro il successivo termine di dieci anni. Le obbligazioni del privato relative alla convenzione di lottizzazione divengono esigibili con la scadenza della convenzione relativa al piano di lottizzazione, in caso di mancata ultimazione delle opere nei termini, o con l’ultimazione delle opere medesime, se avvenuta prima di detta scadenza, entro e non oltre il successivo termine decennale di prescrizione. Pertanto, la scadenza del termine per l’ultimazione dell’esecuzione delle opere di urbanizzazione previste in una convenzione urbanistica non fa venire meno la relativa obbligazione, mentre proprio da tale momento inizia a decorrere l’ordinario termine di prescrizione decennale, ai sensi dell’art. 2946 del c.c.

La scadenza della convenzione di lottizzazione riguarda l’efficacia del regime urbanistico introdotto dalla convenzione e non anche gli effetti obbligatori che la stessa convenzione produce tra le parti. Tuttavia, ciò non significa che l’amministrazione resti vincolata sine die alle scelte urbanistiche trasfuse nella convenzione, ma soltanto che le parti possono anche oltre il termine di scadenza suindicato esigere l’adempimento degli obblighi (ad esempio, la corresponsione di somme a titolo di oneri, la realizzazione di opere di urbanizzazione) che la controparte si è assunta con la convenzione stessa.

Il principio di legalità costituisce il fondamento ed il limite dell’intera attività amministrativa, anche di quella che si avvale di strumenti consensuali di esercizio del potere, venendo anche in tale ultimo caso in rilievo la necessità di soggiacere alle regole generali dell’attività amministrativa, diverse da quelle che disciplinano l’attività privatistica. Tale conclusione trova puntuale riscontro nel disposto di cui all’art. 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241 e, per quanto riguarda le convenzioni urbanistiche, anche in quello di cui all’art. 11 della medesima legge, secondo cui l’intera attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge, il che equivale ad affermare che l’amministrazione non può stabilire essa stessa i fini da perseguire.

In relazione alla fattispecie dell’occupazione abusiva di beni immobili, se il danno da perdita subita di cui il proprietario chiede il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso può essere liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato. Posto che l’evento di danno riguarda non la cosa ma il diritto di godere in modo pieno ed esclusivo della cosa stessa, il danno risarcibile è rappresentato dalla specifica possibilità di esercizio del diritto di godere che è andata persa quale conseguenza immediata e diretta della violazione, cagionata dall’occupazione abusiva, del diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo. Il nesso di causalità giuridica si stabilisce così fra la violazione del diritto di godere della cosa, integrante l’evento di danno condizionante il requisito dell’ingiustizia, e la concreta possibilità di godimento che è stata persa a causa della violazione del diritto medesimo, quale danno conseguenza da risarcire.