Tar Veneto, Venezia, sez. III, 3 febbraio 2025, n. 160

Procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici – Formalità – Comunicazione di avvio del procedimento – Omissione – Conseguenze – Contrasto interpretativo – Scopo dell’azione amministrativa – Art. 21 octies l. 241/1990 – Ratio – Rapporti con la normativa speciale – Silenzio assenso – Ratio

Non si registra nella giurisprudenza unanimità di vedute in ordine alle conseguenze dell’inosservanza delle formalità indicate all’art. 44, comma 5, d.lgs. n. 259 del 2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), con particolare riferimento all’applicabilità della regola del raggiungimento dello scopo dell’azione amministrativa – posta dall’art. 21-octies, comma 2, legge n. 241 del 1990 – soprattutto relativamente alla disposizione del secondo periodo del comma 2, ai sensi del quale “Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

In base ad una prima tesi (Consiglio di Stato, sez. I, parere 10 febbraio 2023, n. 204), l’omissione delle formalità de quibus è un vizio sanabile in applicazione dell’art. 21-octies, comma 2, legge n. 241 del 1990 e ciò in quanto «non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di regole del procedimento, ivi inclusa la pubblicità di atti di avvio del procedimento, intesa a sollecitare la partecipazione di soggetti destinatari dell’atto conclusivo (nella specie, più in generale, tutti i soggetti interessati), se sia palese che anche con l’apporto partecipativo omesso il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, sia che si tratti di provvedimenti cd. “vincolati”, ma anche a di quelli a contenuto discrezionale».

Secondo la tesi opposta (Consiglio di Stato, sez. VI, 20 settembre 2023, n. 8436), in passato sostenuta anche da questo Tribunale (T.A.R. Veneto, sez. III, 21 luglio 2021, n. 961), nell’economia del procedimento di autorizzazione all’installazione delle infrastrutture per impianti radioelettrici la pubblicizzazione dell’istanza di autorizzazione costituisce «l’adempimento di un obbligo di legge sostanziale, e non meramente formale, preordinato alla conoscibilità del procedimento ed alla possibile partecipazione di cittadini interessati», e non consente deroghe di sorta. In ogni caso, non si potrebbe escludere tout court la rilevanza dell’apporto partecipativo degli interessati nel procedimento stesso.

A fronte del ricordato contrasto giurisprudenziale, il Collegio ritiene di fare proprio il primo dei suddetti orientamenti. In particolare, occorre accertare se, nonostante l’avvenuta violazione dell’art. 44, comma 5, d.lgs. n. 259 del 2003, lo scopo dell’azione amministrativa sia realizzato dal titolo formatosi per silentium, e quindi si deve innanzi tutto verificare se sia possibile assimilare le forme di pubblicità di cui al riportato art. 44, comma 5, alla comunicazione di avvio del procedimento, prevista e disciplinata dal combinato disposto degli artt. 7 e 8 legge n. 241 del 1990.

Difatti l’art. 21-octies, comma 2, della predetta legge si riferisce a due distinti tipi di procedimento amministrativo: al procedimento avente ad oggetto un’attività vincolata, considerato nella disposizione del comma 2, primo periodo, e al procedimento avente ad oggetto un’attività discrezionale, considerato nella disposizione sempre del comma 2, ma al secondo periodo. Inoltre la disposizione di cui al comma 2, secondo periodo, astrattamente applicabile nel caso in esame, trattandosi di un procedimento avente ad oggetto un’attività discrezionale: A) è applicabile solo in caso di “mancata comunicazione dell’avvio del procedimento”; B) è una norma eccezionale, in quanto deroga alla regola generale di cui al comma 1 dell’art. 21-octies, secondo il quale la violazione di legge, ivi compresa la violazione di norme sul procedimento amministrativo, comporta l’annullabilità del provvedimento amministrativo; C) può trovare applicazione solo a condizione che “l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”, sicché grava sull’amministrazione l’onere di provare che, nonostante la natura discrezionale del potere, comunque la partecipazione degli interessati non avrebbe potuto incidere sull’esito finale del procedimento; D) ha natura processuale, perché il provvedimento conclusivo del procedimento (espresso o formatosi per silentium), pur essendo illegittimo, non è annullabile se il giudice, all’esito dell’accertamento sulla spettanza del bene della vita, ritiene che la partecipazione degli interessati non avrebbe potuto incidere sull’esito finale del procedimento.

Sulla base delle riportate premesse, il Collegio ritiene che l’art. 21-octies, comma 2, secondo periodo, legge n. 241 del 1990, pur riferendosi testualmente al mancato rispetto della garanzia prevista dall’art. 7 della medesima legge, sia applicabile anche all’art. 44, comma 5, d.lgs. n. 259 del 2003, perché tale norma, speciale, si limita a riaffermare quanto già previsto dalla norma, generale, dell’art. 8, comma 3, legge n. 241 del 1990 – a sua volta espressamente richiamato dall’art. 7 della medesima legge n. 241 – in tema di modalità e contenuti della comunicazione di avvio del procedimento. Difatti, ai sensi dell’art. 8, comma 3, legge n. 241 del 1990, “Qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l’amministrazione provvede a rendere noti gli elementi di cui al comma 2 mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall’amministrazione medesima”.

Pertanto, confrontando le due disposizioni, le stesse si pongono in rapporto di genus a species, ma sono entrambe accomunate dall’esigenza di garantire ai soggetti potenzialmente interessati il contraddittorio procedimentale, con le modalità ritenute in concreto più idonee, perché l’art. 44, comma 5, d.lgs. n. 259 del 2003 si limita a riaffermare (con una disposizione che tiene conto della specialità del procedimento previsto per gli impianti di telefonia mobile) quanto già previsto in termini generali dal combinato disposto degli artt. 7 e 8, comma 3, legge n. 241 del 1990.

Ne consegue che l’art. 21-octies, comma 2, secondo periodo, si presta ad essere interpretato nel senso che – proprio in virtù del rinvio operato dall’art. 7 legge n. 241 del 1990 all’art. 8, comma 3, della medesima legge – esso si applica anche nel caso in cui il Comune non provveda a pubblicizzare l’istanza, in violazione dell’art. 44, comma 5, d.lgs. n. 259 del 2003.

L’istituto del silenzio assenso risponde ad una valutazione legale tipica che comporta l’equivalenza dell’inerzia dell’amministrazione ad un provvedimento di accoglimento, con la conseguenza che, per effetto del decorso del termine di legge, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche nel caso di una domanda astrattamente non conforme al paradigma normativo.

Del resto, a conferma dell’operatività del meccanismo del silenzio assenso in caso di istanza incompleta ovvero irregolare, milita la disposizione dell’art. 20, comma 3, legge n. 241 del 1990, che prevede il rimedio dell’annullamento in autotutela, cui l’amministrazione può ricorrere proprio per rimuovere le conseguenze del silenzio assenso formatosi in difetto dei presupposti di legge.