Tar Liguria, Genova, sez. I, 11 gennaio 2024, n. 16
Beni culturali – Nozione – Vincoli – Discrezionalità
L’Amministrazione può assoggettare a tutela culturale i beni di proprietà di un ente pubblico in uno spettro di situazioni più ampio rispetto all’ipotesi di cespiti appartenenti a privati: infatti, per i beni del demanio e del patrimonio pubblico l’art. 10, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 42/2004 postula la sussistenza di un “interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico”, vale a dire di un interesse culturale, per così dire, semplice; diversamente, per quelli in proprietà privata, l’art. 10, comma 3, richiede il riscontro di un interesse “particolarmente importante” o “eccezionale”.
La nozione di bene culturale non si presta ad una definizione tassativa e puntuale, ma costituisce un concetto aperto, il cui contenuto viene riempito dalle elaborazioni di diversi campi del sapere, afferenti alle scienze non esatte. In ragione delle peculiarità epistemologiche insite nell’apprezzamento della qualitas culturale di un bene, il giudizio che presiede alla dichiarazione di interesse (c.d. vincolo) culturale è connotato da un’ampia discrezionalità tecnica, poiché implica l’applicazione di cognizioni specialistiche proprie di settori scientifici della storia, dell’arte, dell’architettura, dell’archeologia e di altre discipline caratterizzate da canoni elastici e mobili e, quindi, da lati margini di opinabilità. Ne consegue che la valutazione dell’Amministrazione può essere censurata soltanto se la decisione risulti in contrasto con la realtà fattuale, ovvero sia irragionevole, incoerente o inattendibile sotto il profilo tecnico, ponendosi al di fuori della naturale ed intrinseca opinabilità del sapere che definisce il carattere culturale del bene.