Consiglio di Stato, sez. III, 12 gennaio 2024, n. 392
Contratti pubblici – Cauzione definitiva – Ipotesi di riscossione – Interdittiva antimafia – Natura giuridica
L’art. 103 del d.lgs. 50 del 2016 impone che sussistano due condizioni al ricorrere delle quali la stazione appaltante è legittimata a riscuotere la cauzione definitiva: che vi sia un inadempimento contrattuale imputabile all’aggiudicatario e che risulti, allo stesso tempo, pregiudizievole per l’Amministrazione.
Nell’ipotesi di risoluzione intervenuta a causa del factum principis costituito dal sopravvenire di un provvedimento pubblicistico interdittivo, la ragione di impedimento opera dall’esterno del contratto, precludendone l’ulteriore corso: l’interdittiva antimafia non rientra tra le cause legittimanti l’escussione della garanzia definitiva previste dal citato art. 103 (cfr. comma 2 nel quale è indicato come la stessa cauzione può essere trattenuta solo qualora l’Amministrazione debba rivalersi per la maggiore spesa sostenuta in ragione dell’inadempimento di controparte ovvero debba provvedere al pagamento di quanto dovuto sempre dall’esecutore in ragione di inosservanze delle regole contrattuali). E, seppure volendo ricondurre l’interdittiva all’inadempimento di cui all’art. 103, deve essere sottolineato come la cauzione definitiva prevista dalla stessa disposizione, che si atteggia come garanzia di adempimento in senso stretto, cioè garanzia reale generica destinata a soddisfare le pretese, anche risarcitorie, vantate anche dalla stazione appaltante per l’inadempimento delle obbligazioni contrattuali, potrebbe operare nei limiti del pregiudizio effettivamente subito (che dunque va dimostrato).
In definitiva, deve essere esclusa l’escussione della garanzia definitiva in via automatica basata sulla risoluzione per la sopravvenuta interdittiva prefettizia, in modo da attribuire alla stessa una funzione sanzionatoria che risulterebbe estranea all’istituto e tale da configurare l’indebito arricchimento della stazione appaltante.
Più in generale, l’interdittiva antimafia è una misura priva di portata sanzionatoria che prescinde da qualsivoglia colpevolezza dell’impresa colpita, trovando giustificazione in fondamentali esigenze di contrasto preventivo della criminalità organizzata. Tale impostazione, che peraltro assicura la compatibilità dell’eccezionale strumento interdittivo con principi fondamentali dell’ordinamento giuridico, finirebbe per essere sostanzialmente disattesa laddove si equiparasse automaticamente, ai fini della disciplina sulla cauzione definitiva, il caso dell’inadempimento colpevole dell’appaltatore e quello dell’impossibilità di eseguire la prestazione per il sopraggiungere di un’interdittiva antimafia. In questo modo, infatti, si finirebbe per attribuire alla stessa quella base di colpevolezza che fonda la disciplina sull’inadempimento delle obbligazioni e che dovrebbe, invece, rimanere estranea, per evidenti ragioni di coerenza sistematica, rispetto a una fattispecie che non ha natura sanzionatoria perché non colpisce un illecito (quale, invece, è l’inadempimento delle obbligazioni in senso civilistico), configurandosi quale misura preventiva di contrasto della criminalità organizzata.