Harald Bonura

Tempo parziale e divieto di attività ulteriori

Corte dei conti, sezione giurisdizionale per il Molise, 2 ottobre 2024, n. 34

Danno erariale – Attività incompatibile – Conflitto di interessi – Sanzioni – Onere probatorio – Autorizzazione – Comunicazione

Per i dipendenti degli enti locali con rapporto di lavoro a tempo parziale non superiore al 50% sussiste il divieto di svolgere altre attività lavorative in situazione di conflitto di interessi o in presenza di contemplati divieti, come l’esercizio della professione forense, e di altre incompatibilità previste dalla legge; tali attività, tuttavia, restano escluse dal meccanismo sanzionatorio previsto per gli incarichi svolti in assenza di autorizzazione, verificandosi un’inversione della regola dell’incompatibilità per cui non vi è un divieto generale di altro lavoro salvo autorizzazioni o eccezioni di legge, ma possibilità di altra attività lavorativa previa comunicazione e salvo diverso divieto.

Responsabilità erariale per omesso aggiornamento costi di costruzione

Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Puglia, 18 settembre 2024, n. 208

Danno erariale – Ufficio tecnico – Costo di costruzione – Colpa grave – Obblighi di servizio – Normativa

L’omesso aggiornamento dei costi di costruzione è imputabile a colpa grave del Responsabile dell’Ufficio Tecnico di un Comune nella misura in cui risulta espressione di un’evidente e marcata trasgressione degli obblighi di servizio o di regole di condotta ex ante ravvisabili e riconoscibili per dovere di ufficio, in assenza di oggettive ed eccezionali difficoltà che non possono riscontrarsi nella complessità della normativa, che diversamente presenta un chiaro tenore letterale.

La Corte dei conti sulla situazione finanziaria degli enti locali siciliani

Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Regione Siciliana, Indagine Referto “Finanza Locale Siciliana 2024”, deliberazione n. 319/2024/GEST del 10.12.2024

Regione Siciliana – Finanza locale siciliana – Indagine referto

La Sezione regionale di controllo per la Regione Siciliana della Corte dei conti produce una rilevante indagine sulla “Finanza locale siciliana”. Dopo un’ampia disamina dei fattori (strutturali) della crisi finanziaria degli enti locali, il referto contiene una serie di proposte di soluzione per accrescere la capacità amministrativa degli enti. “In quest’ottica, sarebbe utile e opportuno un più penetrante intervento regionale, anche ex ante, che possa contribuire a prevenire e affrontare tempestivamente le situazioni di crisi finanziaria degli enti locali. Non ci si riferisce solo agli interventi sostitutivi, ma anche a un sistema di interventi regionali ad adiuvandum, per accrescere la capacità amministrativa di enti che si trovino in situazioni di crisi finanziaria e gestionale, che non riescono ad affrontare autonomamente (anche a causa dell’assenza della figura del responsabile del servizio finanziario). Si potrebbe trarre spunto dalla figura dell’esperto, prevista nell’ambito del codice della crisi d’impresa, quale organo deputato a coadiuvare il debitore nella individuazione delle misure idonee al superamento della crisi, magari valorizzando anche gli iscritti all’albo dei revisori legali, con un ruolo centrale attribuito alla Corte dei conti, che già lo svolge, valutando, come si è visto, l’idoneità delle misure correttive imposte dalla legge e dalla stessa Sezione. D’altronde, il sistema vigente prevede l’intervento di un organo esterno all’ente locale di nomina statale, l’o.s.l., a seguito della dichiarazione di dissesto, organo definito dal legislatore (art. 245 del Tuel) ‘soggetto della procedura di risanamento’, seppure insieme agli organi istituzionali dell’ente; tuttavia, la disposizione richiamata prevede l’intervento di un organo esterno solo al fine di provvedere ‘al ripiano dell’indebitamento pregresso con i mezzi consentiti dalla legge’, in un’ottica di tutela dei creditori , mentre lascia agli organi interni il compito di assicurare ‘condizioni stabili di equilibrio della gestione finanziaria rimuovendo le cause strutturali che hanno determinato il dissesto’.

Tale intervento esterno potrebbe infatti intervenire, eventualmente anche su richiesta dell’ente locale in situazione di crisi finanziaria, prima che tale stato si evolva in stabile insolvenza (e in dissesto), ponendo al centro del sistema il risanamento dell’ente, il cui stato di salute finanziaria è essenziale per garantire i diritti e rendere effettiva la resa dei servizi”.

Il referto esprime, infine, l’auspicio che la disciplina del dissesto finanziario, ma anche della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, nel breve termine, vada incontro ad un rinnovamento, che consenta di superare le criticità che l’esperienza siciliana ha messo in luce.

La Corte costituzionale sul diritto alla salute

Corte costituzionale, 6 dicembre 2024, n. 195

Spese sanità – Tagli sanità – Diritto alla salute – Prevalenza delle spese sanitarie – Livelli essenziali di assistenza – LEA

La Corte costituzionale ha affermato che per fare fronte a esigenze di contenimento della spesa pubblica dettate anche da vincoli euro unitari, devono essere prioritariamente ridotte le altre spese indistinte, rispetto a quella che si connota come funzionale a garantire il “fondamentale” diritto alla salute.

La Corte ha poi dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 527, quinto periodo, della legge di bilancio per il 2024, nella parte in cui non esclude dalle risorse che è possibile ridurre, a seguito del mancato versamento del contributo dovuto da parte delle regioni, quelle spettanti per il finanziamento dei diritti sociali, delle politiche sociali e della famiglia e, in particolare, della tutela della salute. Ciò in quanto, «nemmeno nel caso in cui la regione non abbia versato la propria quota del contributo alla finanza pubblica, lo Stato può “rispondere” tagliando risorse destinate alla spesa costituzionalmente necessaria, tra cui quella sanitaria – già, peraltro, in grave sofferenza per l’effetto, come si è visto, delle precedenti stagioni di arditi tagli lineari – dovendo quindi agire su altri versanti che non rivestono il medesimo carattere»: il diritto alla salute, infatti, «coinvolgendo primarie esigenze della persona umana», non può essere sacrificato «fintanto che esistono risorse che il decisore politico ha la disponibilità di utilizzare per altri impieghi che non rivestono la medesima priorità».

Da ultimo, la sentenza ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 557 dell’art. 1 della legge n. 213 del 2023, nella parte in cui non prevede che il decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, diretto a individuare i criteri e le modalità di riparto, nonché il sistema di monitoraggio dell’impiego delle somme, del «Fondo per i test di Next-Generation Sequencing per la diagnosi delle malattie rare», sia adottato d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

La Corte costituzionale sull’autonomia differenziata

Corte costituzionale, 3 dicembre 2024, n. 192

Legge n. 86 del 2024 – Autonomia differenziata – Regioni a statuto ordinario – Incostituzionalità parziale – Livelli essenziali delle prestazioni

La Corte costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata delle regioni ordinarie (n. 86 del 2024), considerando invece illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo;

Secondo il Collegio, l’art. 116, terzo comma, della Costituzione (che disciplina l’attribuzione alle regioni ordinarie di forme e condizioni particolari di autonomia) deve essere interpretato nel contesto della forma di Stato italiana. Essa riconosce, insieme al ruolo fondamentale delle regioni e alla possibilità che esse ottengano forme particolari di autonomia, i principi dell’unità della Repubblica, della solidarietà tra le regioni, dell’eguaglianza e della garanzia dei diritti dei cittadini, dell’equilibrio di bilancio;

I Giudici ritengono che la distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo, in attuazione dell’art. 116, terzo comma, non debba corrispondere all’esigenza di un riparto di potere tra i diversi segmenti del sistema politico, ma debba avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione. A tal fine, è il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni;

In questo quadro, l’autonomia differenziata deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini.

Spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua discrezionalità, colmare i vuoti derivanti dall’accoglimento di alcune delle questioni sollevate, nel rispetto dei principi costituzionali, in modo da assicurare la piena funzionalità della legge.

La Corte resta competente a vagliare la costituzionalità delle singole leggi di differenziazione, qualora venissero censurate con ricorso in via principale da altre regioni o in via incidentale.

Il giudice costituzionale conferma il limite del doppio mandato per i comuni con più di 15.000 abitanti

Corte costituzionale, 10 dicembre 2024, n. 196

Sindaci – Terzo mandato – Legittimità costituzionale del limite alla elezione

La Corte costituzionale ha ritenuto legittima la disciplina introdotta dal legislatore e fondata sulla distinzione tra diverse classi di Comuni: quelli sotto i 5.000 abitanti (per i quali non vige alcun limite di mandato); quelli tra i 5.001 e i 15.000 abitanti (per i quali vige il limite di tre mandati consecutivi) e quelli con più di 15.000 abitanti, per i quali è stato conservato il limite del doppio mandato consecutivo. Secondo il giudice costituzionale, infatti, con la disposizione impugnata, il legislatore ha ritenuto necessario, sulla base dell’esperienza, spostare lo «specifico punto di equilibrio» (sentenza n. 60 del 2023) tra i contrapposti interessi costituzionali in gioco, bilanciandoli diversamente a seconda della dimensione demografica dell’ente locale, sul presupposto che tra le classi di comuni nei quali si articola l’attuale disciplina vi siano rilevanti differenze, in ordine agli interessi economici e sociali che fanno capo agli stessi.

Il giudice amministrativo sul Festival di Sanremo

Tar Liguria, Genova, sez. I, 5 dicembre 2024, n. 843

Contratti pubblici e obbligazioni della pubblica amministrazione – Contratti attivi – Fornitura di programmi aggiudicati ai fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici – Festival di Sanremo – Affidamento con procedura ad evidenza pubblica

La convenzione avente ad oggetto l’affidamento in esclusiva alla Rai (Radio televisione italiana s.p.a.) dei diritti, nella titolarità del Comune di Sanremo, connessi allo svolgimento del “festival della canzone italiana” rappresenta, quantomeno nella parte in cui ha ad oggetto la concessione del marchio, una concessione di beni o, comunque, un contratto attivo con cui l’ente locale dispone di una propria utilitas, che rappresenta un’opportunità di guadagno (in quanto sfruttabile economicamente) in favore della Rai che corrisponde al Comune un corrispettivo. Pertanto, l’affidamento deve avvenire, in base a quanto stabilito dall’art. 13, comma 5 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (codice dei contratti pubblici), nel rispetto dei principi di concorrenza, imparzialità, non discriminazione, pubblicità, trasparenza e proporzionalità, vale a dire, mediante l’interpello del mercato e il confronto di offerte concorrenti, nel rispetto della disciplina di cui alla legge di contabilità generale dello Stato (regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440) e del relativo regolamento di attuazione (regio decreto 23 maggio 1924, n. 827), anche in modo da consentire al Comune di trarre l’utilità più elevata possibile dalla concessione dell’uso del marchio.

L’esclusione degli appalti concernenti “la fornitura di programmi aggiudicati ai fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici” dall’ambito di applicazione del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (codice dei contratti pubblici) ai sensi dell’art. 56, comma 1, lett. f) non implica la sottrazione di tale categoria di contratti – categoria cui sarebbe riconducibile la convenzione Rai – anche all’applicazione dei principi generali, tra cui l’articolo 13, comma 5, in base al quale l’affidamento dei contratti di cui al comma 2 (tra i quali sono annoverati i contratti esclusi, quali quelli di cui all’art. 56 del codice) che offrono opportunità di guadagno economico, anche indiretto, avviene tenendo conto dei principi di concorrenza, imparzialità, non discriminazione, pubblicità, trasparenza e proporzionalità di cui all’art. 3 del codice.

Sanatoria degli abusi “minori”

Consiglio di Stato, sez. II, 19 novembre 2024, n. 9263

Abuso edilizio – Istanza in sanatoria – Vincoli ambientali e paesaggistici – Interventi legittimi – Accertamento di conformità urbanistica – Competenza

L’articolo 167, comma 4, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 consente in casi eccezionali la sanatoria ex post degli abusi “minori” nelle zone sottoposte a vincolo ambientale e paesaggistico e attiene ad opere che, oltre a non prevedere aumenti di volume o di superficie, rientrino comunque nelle categorie dei lavori di manutenzione ordinaria o straordinaria. Non è sostenibile, sul piano logico, prima ancora che giuridico, che la realizzazione di un fabbricato in cemento armato sia priva di impatto sul piano paesaggistico e integri un abuso minore suscettibile di sanatoria in via postuma.

Potere d’intervento in autotutela c.d. “tardivo”

Tar Campania, Napoli, sez. VIII, 15 novembre 2024, n. 6291

Titolo edilizio – SCIA – Potere di intervento in autotutela c.d. “tardivo” – Condizioni – Comunicazione di avvio del procedimento

Ai fini del legittimo esercizio del potere di intervento in autotutela c.d. “tardivo” sulla segnalazione certificata di inizio attività è indispensabile che, ai sensi dell’art. 21-nonies della l. n. 241 del 1990, l’Autorità amministrativa invii all’interessato la comunicazione di avvio del procedimento, che l’atto di autotutela intervenga tempestivamente e che in esso si dia conto delle prevalenti ragioni di interesse pubblico concrete e attuali, diverse da quelle al mero ripristino della legalità violata, che depongono per la sua adozione, tenendo in considerazione gli interessi dei destinatari e dei controinteressati. Solo laddove il titolo abilitativo sia stato ottenuto in base ad una falsa o comunque erronea rappresentazione della realtà, è consentito all’amministrazione di esercitare il proprio potere di autotutela, ritirando l’atto stesso, senza necessità di esternare alcuna particolare ragione di pubblico interesse, che, in tale ipotesi, deve ritenersi sussistente in re ipsa.

La classificazione delle piscine come pertinenza o nuova opera

C.G.A.R.S., sez. giurisdizionale, 26 novembre 2024, n. 926

Intervento di nuova costruzione – Realizzazione di una piscina – Classificazione edilizia – Pertinenzialità – Accertamento

Una piscina di non rilevanti dimensioni e realizzata interamente in una proprietà privata costituisce pertinenza e non nuova opera edilizia, non potendosi invece determinare la classificazione edilizia della piscina sulla base di astratte affermazioni di principio, ma essendo necessario esaminare, volta per volta, le specifiche caratteristiche e dimensioni delle opere in scrutinio.

Ai fini dell’accertamento in concreto delle non rilevanti dimensioni di una piscina, sì da poterla considerare pertinenza edilizia, deve aversi riguardo non all’unità di misura del metro quadrato (ossia la superficie dello specchio acqueo), bensì al metro lineare (vale a dire la lunghezza del massimo segmento di retta percorribile da un nuotatore tra i due punti più distanti della piscina), in quanto il carattere di pertinenzialità di una piscina va ancorato, essenzialmente, alla sua inidoneità al nuoto agonistico, preagonistico o anche solo amatoriale, perciò la lunghezza massima non andrà misurata su una sponda della piscina, bensì secondo la diagonale maggiore (per le strutture quadrate, rettangolari o trapezzoidali) o secondo il diametro massimo (per le strutture circolari, ellittiche, tondeggianti o, più in generale, per quelle di forma irregolare); su tali basi, devono ritenersi inidonee al nuoto, anche amatoriale, e dunque classificabili come pertinenze, le piscine in cui la massima misura riscontrabile sia contenuta in un segmento di retta di lunghezza non eccedente m. 12,00, quale lunghezza pari alla metà della metà di quella delle piscine utilizzate per uso agonistico (le cui dimensioni sono 50 metri in lunghezza, 25 in larghezza e una profondità costante di 2 metri) che è di m. 12,50, nonché di profondità inferiore a m. 2,00, al fine di non consentirne qualsivoglia uso (subacqueo) o funzione (sportiva) che non sia meramente accessoria all’edificio principale.