Consiglio di Stato/TAR

Concessioni demaniali marittime e obblighi del concessionario

Tar Sardegna, Cagliari, sez. I, 10 giugno 2024, n.460

Intervento di nuova costruzione – Strutture funzionali alla balneazione – Autorizzazione paesaggistica – Ratio – Concessioni demaniali marittime – Obblighi del concessionario

L’autorizzazione paesaggistica, espressione dell’ampia discrezionalità delle amministrazioni competenti, garantisce, nel bilanciamento di contrapposti interessi, il godimento e la tutela del bene, valorizzando esigenze che variano in base ai diversi periodi dell’anno.

Conseguentemente, all’esito di un giudizio di compatibilità che valuti gli interventi realizzati, conciliabili con il vincolo posto a tutela, purché limitati in un arco temporale strettamente necessario all’attività balneare, grava sul concessionario l’obbligo di rimozione delle opere e di ripristino dello stato dei luoghi al termine della stagione estiva.

La realizzazione di strutture funzionali alla balneazione costituisce una modalità di utilizzo del bene paesaggistico che non può tradursi nella deprivazione del valore naturalistico e culturale, che deve essere preservato in modo prioritario; alla luce dei principi costituzionali, infatti, le possibilità di sfruttamento per ragioni turistiche e ricreative sono da considerarsi secondarie rispetto alla prioritaria esigenza di tutela della costa. Ne consegue che, qualora una disposizione legislativa regionale consenta il mantenimento, per l’intero anno solare, delle strutture funzionali all’attività balneare, purché di facile amovibilità, tale norma non va intesa nel senso che impone, quale regola ordinaria, il mantenimento delle strutture per l’intero anno solare, bensì come eccezione limitata ai casi in cui tale possibilità non incida sulle ragioni del paesaggio costiero.

Pianificazione urbanistica e capacità edificatoria

Consiglio di Stato, sez. IV, 11 giugno 2024, n. 5243

Pianificazione urbanistica – Potere conformativo – Asservimento urbanistico per esaurimento della capacità edificatoria – Opponibilità

Impianti di telefonia e limiti all’installazione

Consiglio di Stato, sez. VI, 11 giugno 2024, n. 5215

Pianificazione urbanistica – Opere di urbanizzazione primaria – Reti di telecomunicazione – Criteri per la localizzazione – Limitazioni alla localizzazione – Competenze di Regioni e Comuni – Principio della necessaria capillarità della localizzazione degli impianti relativi ad infrastrutture di reti pubbliche di comunicazioni – Divieti di localizzazione – Compatibilità – Tutela di particolari zone e beni di pregio paesaggistico o ambientale o storico artistico

L’assimilazione delle infrastrutture di reti pubbliche di TLC alle opere di urbanizzazione primaria implica la loro compatibilità, in via generale, con ogni destinazione urbanistica e, dunque, con ogni zona del territorio comunale; dall’altro lato, i criteri per la localizzazione, suscettibili di essere adottati dalle Amministrazioni comunali, non possono essere adoperati quale misura, più o meno surrettizia, di tutela della popolazione da immissioni elettromagnetiche, che l’art. 4 della legge n. 36 del 2001 riserva allo Stato. In particolare, il legislatore statale, nell’inserire le infrastrutture per le reti di comunicazione fra le opere di urbanizzazione primaria, ha inteso esprimere un principio fondamentale della normativa urbanistica, a fronte del quale la potestà regolamentare attribuita ai Comuni dall’articolo 8, comma 6, della legge 22 febbraio 1981, n. 36, non può svolgersi nel senso di un divieto generalizzato di installazione in aree urbanistiche predefinite, al di là della loro ubicazione o connotazione o di concrete (e, come tali, differenziate) esigenze di armonioso governo del territorio.

Alle Regioni ed ai Comuni è consentito – nell’ambito delle rispettive competenze – individuare criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile (anche espressi sotto forma di divieto) quali ad esempio il divieto di collocare antenne su specifici edifici (ospedali, case di cura ecc.), mentre non è loro consentito introdurre limitazioni alla localizzazione, consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei (prescrizione di distanze minime, da rispettare nell’installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici destinati ad abitazioni, a luoghi di lavoro o ad attività diverse da quelle specificamente connesse all’esercizio degli impianti stessi, di ospedali, case di cura e di riposo, edifici adibiti al culto, scuole ed asili nido, nonché di immobili vincolati ai sensi della legislazione sui beni storico-artistici o individuati come edifici di pregio storico-architettonico, di parchi pubblici, parchi gioco, aree verdi attrezzate ed impianti sportivi).

La scelta di individuare un’area specifica ove collocare gli impianti, anche se in base al criterio della massima distanza possibile dal centro abitato, non può ritenersi condivisibile, costituendo un limite alla localizzazione (non consentito) e non un criterio di localizzazione (consentito). Deve, infatti, essere tenuto conto dell’interesse nazionale, costituzionalmente rilevante in quanto afferente pure alla libertà della comunicazione, alla copertura del territorio e all’efficiente distribuzione del servizio, non potendo la potestà comunale individuare aree dove collocare gli impianti e impedire la realizzazione di una rete completa di infrastrutture di telecomunicazioni.

I divieti di localizzazione devono ritenersi illegittimi nella misura in cui vadano a pregiudicare la copertura del territorio nazionale, incidendo sull’esigenza di garantire la completa realizzazione della rete di infrastrutture per le telecomunicazioni. Siffatti divieti, di contro, non possono ritenersi incompatibili con la normativa settoriale, se non influiscono sulla capillarità della localizzazione degli impianti e, dunque, sulla possibilità di usufruire dei relativi servizi in qualsiasi area del territorio nazionale, nonché se si mantengono entro i limiti delineati dall’art. 8 legge n. 36 del 22 febbraio 2001, risultando funzionali al perseguimento degli obiettivi di interesse generale ivi divisati.

Le Amministrazioni territoriali non possono di disciplinare la localizzazione degli impianti in esame attraverso l’imposizione di divieti di localizzazione, ove siano derogati i valori soglia definiti dalla legislazione statale o siano pregiudicate le esigenze di celere sviluppo, di efficienza e di funzionalità della rete di comunicazione elettronica e la copertura con essa dell’intero territorio nazionale. Di contro, ove tali esigenze di tutela non siano compromesse, perché la loro realizzazione non è resa impossibile o estremamente difficile dalla disciplina locale, non sembra possa negarsi uno spazio regolatorio alle scelte di competenza delle Amministrazioni territoriali.

Servizi a rete, PEF e poteri dell’ente di governo dell’ambito

Consiglio di Stato, sez. IV, 27 maggio 2024, n. 4690

Servizi pubblici – Principio di organizzazione del servizio per ambiti o bacini territoriali ottimali – RSU – Costi di investimento e di esercizio – Ente di governo dell’ambito territoriale ottimale – Meccanismi di governo nella Regione Emilia Romagna

Coerentemente con il principio di organizzazione del servizio per ambiti o bacini territoriali ottimali, l’obbligo di copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio di raccolta dei rifiuti non può essere ipotizzato come la somma dei costi a livello comunale; pertanto appare coerente con l’ordinamento il ruolo dell’ente di governo dell’ambito ottimale che approvi il PEF senza dovere essere condizionato da un accordo puntuale con ciascun Comune appartenente all’ambito, attesa l’eventualità che ciò si tramuti in un potere interdittivo non conciliabile in ordine ai meccanismi di governo dell’ente.

I poteri di ordinanza

Tar Abruzzo, Pescara, sez. I, 4 giugno 2024, n. 176

Ordinanze contingibili e urgenti – Presupposti – Ratio

I presupposti legittimanti l’adozione di un’ordinanza sindacale contingibile e urgente sono la presenza di un fatto imprevedibile, eccezionale o straordinario, che mette in pericolo la sicurezza e l’incolumità pubblica, rispetto al quale i mezzi giuridici ordinari appaiono inidonei ad eliminarli (cd. contingibilità) e l’urgenza, intesa come sussistenza di un pericolo incombente da fronteggiare nell’immediatezza, nonché la temporaneità degli effetti del provvedimento che devono essere strettamente correlati al perdurare dello stato di necessità; e, infine, il rispetto del principio di proporzionalità, l’obbligo di congrua ed adeguata motivazione, ed il rispetto dei principi generali dell’ordinamento e del diritto dell’Unione europea.

L’ordinanza contingibile e urgente ex art. 54, comma 4, d.lgs. n. 267/2000 può essere adottata quando la potenzialità di un pericolo grave per la pubblica incolumità non solo sia imminente, ma consista anche in una ragionevole probabilità che possa verificarsi, o si protragga per un periodo senza cagionare il fatto temuto, posto che il ritardo nell’agire potrebbe sempre aggravare la situazione.

Il potere di ordinanza costituisce lo strumento o la “valvola di sicurezza” per gestire situazioni di pericolo non fronteggiabili altrimenti, con i poteri tipici e nominati di cui dispone l’amministrazione e secondo l’ordine delle competenze e delle modalità procedimentali positivamente stabilite.

Beni demaniali e poteri di autotutela

Tar Sardegna, Cagliari, sez. I, 6 giugno 2024, n. 459

Beni demaniali – Poteri di autotutela, di controllo e di intervento di imperio – Ambito di operatività – Caratteri e presupposti

Dalla natura demaniale di un immobile discende la titolarità in capo al Comune resistente dei poteri di autotutela ex art. 823, secondo comma, c.c. con correlato potere di ordinanza al rilascio dei locali.

L’art. 823 c. 2 c.c. soddisfa un’esigenza di tutela non connessa al possesso, né alla mera proprietà pubblica, ma dipendente dagli interessi pubblici che il bene può soddisfare.

La limitazione dell’eccezionale potere di autotutela esecutiva ai soli beni del demanio e del patrimonio indisponibile non può che essere giustificata proprio nell’ottica della salvaguardia di specifiche finalità di interesse generale (anche soltanto potenzialmente) soddisfatte dal bene pubblico. L’autotutela esecutiva di cui all’art. 823 co.2 c.c. presuppone, per il suo legittimo esercizio, la dimostrazione soltanto che il bene in questione appartenga al demanio o al patrimonio indisponibile, presumendosi da siffatta qualità, iuris et de iure, la sua preordinazione al soddisfacimento di determinati interessi pubblici.

Regime dei beni pubblici e confisca

Tar Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 6 giugno 2024, n. 295

Beni pubblici – Patrimonio disponibile e indisponibile – Immobili confiscati – Assenza di vincolo di destinazione

Gli enti pubblici possono essere titolari di beni demaniali e patrimoniali. Esclusa la natura di beni demaniali degli immobili confiscati, in quanto l’art. 44 del d.P.R. n. 380/2001 espressamente dispone che essi sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del Comune, è rilevante stabilire se si tratta di acquisto al patrimonio disponibile o indisponibile, avendo il Comune agito, in concreto, nell’esercizio del potere di autotutela che, ai sensi dell’art. 823 c.c., consente agli enti pubblici di recuperare autoritativamente, senza la mediazione dell’autorità giudiziaria, la disponibilità dei beni demaniali e del patrimonio indisponibile.

Appartengono al patrimonio indisponibile i beni che hanno una destinazione vincolata ex lege (art. 826 c.c.) e da essa non possono essere distratti se non nei modi stabiliti dalla legge (art. 828 c.c.), mentre tutti gli altri beni di proprietà degli enti pubblici, diversi da quelli demaniali e indisponibili, confluiscono nel patrimonio disponibile.

I beni immobili abusivamente lottizzati a scopo edilizio non mutano la loro natura di beni privati per effetto della confisca; sono dunque trasferiti al Comune senza vincolo di destinazione ed entrano a far parte del patrimonio disponibile.

Piani di assistenza individuale

Tar Sicilia, Palermo, sez. III, 5 giugno 2024, n. 1912

Piani individualizzati – Piani di Assistenza Individuale per persone disabili – Contenuti necessari – Legittimità

L’art. 14, legge 08.11.2000 n. 328, individua al comma 2 il contenuto tipico dei Piani di Assistenza Individuale per persone disabili, stabilendo che “Nell’ambito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli articoli 18 e 19, il progetto individuale comprende, oltre alla valutazione diagnostico-funzionale e al progetto di funzionamento, le prestazioni di cura e riabilitazione a carico del S.S.N., il piano educativo individualizzato a cura delle istituzioni scolastiche, i servizi alla persona a cui provvede il Comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all’integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale. Nel progetto individuale, sono definiti le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare”. Di talché, deve essere giudicato illegittimo quel Piano individualizzato che non preveda nel dettaglio i doverosi interventi socio-assistenziali per il recupero e l’integrazione della persona disabile.

Nuova costruzione in zone vincolate

Consiglio di Stato, sez. II, 5 giugno 2024, n. 5046

Intervento di nuova costruzione – Zone vincolate – Accertamento di compatibilità dell’intervento col contesto paesaggistico – Diniego di compatibilità paesaggistica postuma o di sanatoria – Diniego di autorizzazione paesaggistica alla realizzazione di un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili – Onere motivazionale – Contemperamento di interessi costituzionali

La produzione di energia pulita è incentivata dalla legge in vista del perseguimento di preminenti finalità pubblicistiche correlate alla difesa dell’ambiente e dell’eco-sistema, con la conseguenza che le motivazioni di un diniego di autorizzazione paesaggistica alla realizzazione di un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili devono essere particolarmente stringenti, non potendo a tal fine ritenersi sufficiente che l’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico rilevi una generica minor fruibilità del paesaggio sotto il profilo del decremento della sua dimensione estetica e occorre quindi una più severa comparazione tra i diversi interessi coinvolti nel rilascio dei titoli abilitativi – ivi compreso quello paesaggistico – alla realizzazione o al mantenimento, trattandosi di un procedimento di sanatoria, di un impianto di energia elettrica da fonte rinnovabile: la produzione di energia elettrica da fonte solare è essa stessa attività che contribuisce, sia pur indirettamente, alla salvaguardia dei valori paesaggistici.

La tutela dei diritti e dei valori riconosciuti e garantiti dalla Costituzione deve essere sistemica e non frazionata, evitando che uno di essi si erga a tiranno nei confronti degli altri, specialmente quando, come nella specie, si tratta di beni – l’ambiente e il paesaggio – aventi entrambi il medesimo rango di principi fondamentali, ai sensi dell’art. 9 della Costituzione, come integrato dalla legge costituzionale n. 1 del 2022, rilievo dal quale consegue che la Soprintendenza, nel perseguire la missione attribuitale dalla legge, non può esprimere una posizione “totalizzante” che sacrifichi interamente l’interesse ambientale indifferibile alla transizione ecologica.

Il Comune e il Ministero della cultura, quando si pronunciano sulla domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica, possono accoglierla, oppure dare conto delle ragioni che precludono l’emissione di un provvedimento favorevole, in tal caso specificando quali caratteristiche dell’intervento siano in contrasto con il vincolo paesaggistico e per quale ragione, nonché comunque valutando il raggiungimento di una soluzione che consenta, ove possibile, la realizzazione dell’intervento con il minor sacrificio dell’interesse paesaggistico nella sua declinazione meramente estetica.

Organo di revisione contabile e indipendenza

Consiglio di Stato, sez. VI, 23 maggio 2024, n. 4619

Organo di revisione – Indipendenza – Revoca – Condizioni – Accertamento inadempienza – Collaborazione con l’organo consiliare

Ai sensi dell’art 235 Tuel, l’inadempienza quale presupposto della revoca è integrata dal mancato adempimento ai compiti a cui l’organo di revisione è istituzionalmente preposto ai sensi dell’art. 239 Tuel. Solo un’oggettiva e grave violazione dei compiti sopra indicati può giustificare il provvedimento di revoca, a garanzia dell’imparzialità e dell’indipendenza dell’organo di controllo che non è suscettibile di essere revocato ad nutum per contrasto con le scelte dell’amministrazione controllata. Tra le inadempienze rilevanti, il legislatore ha tipizzato la mancata presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall’articolo 239, comma 1, lettera d) che rappresenta l’unica fattispecie di revoca obbligatoria, in ragione della particolare gravità della violazione.

Non può fondare un’autonoma fattispecie di revoca la violazione dei doveri di diligenza qualificata che il revisore è tenuto ad osservare ai sensi dell’art. 240 Tuel, poiché essi costituiscono un mero parametro di valutazione della corretta esecuzione dell’incarico e, quindi, anche della gravità dell’inadempienza (ove diversa da quella tipizzata dall’art. 235, già valutata grave dal legislatore) che giustifica la revoca. In altri termini, la revoca deve sempre fondarsi sull’inadempienza ai compiti demandati ai revisori dall’art. 239, la cui gravità deve essere accertata e motivata con riguardo al quantum di scostamento dal parametro della diligenza esigibile ai sensi dell’art. 240.

L’indipendenza dei revisori dei conti si esprime nell’integrità e nell’obiettività, la prima garantita dall’alta qualificazione dei soggetti chiamati, la seconda dalla più assoluta imparzialità dell’azione del revisore medesimo. Tale principio è ribadito dall’art. 38 della Direttiva 2006/43/CE Dir. 17/05/2006, n. 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 maggio 2006, secondo cui gli Stati membri devono assicurare che la revoca e le dimissioni dei revisori legali o delle imprese di revisione contabile possa avvenire solo per giusta causa e non per divergenze di opinione in merito ai contenuti delle determinazioni da prendere.

La collaborazione con l’organo consiliare ai sensi dell’art 239 comma 1 lett a) Tuel si esplica, in concreto, attraverso pareri, rilievi, osservazioni e proposte finalizzate a conseguire una migliore efficienza, produttività ed economicità della gestione.