Consiglio di Stato/TAR

Termini perentori e acceleratori

Consiglio di Stato, sez. V, 19 aprile 2024, n. 3569

Procedimento amministrativo – Termini perentori e ordinatori – Funzione pubblica – Requisiti – Principi dell’azione amministrativa – Potere di revoca sanzionatoria

Costituisce principio generale del diritto, di cui le previsioni dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990 rappresentano ulteriore conferma a livello di normazione primaria, quello per cui i termini del procedimento amministrativo devono essere considerati ordinatori, ove non siano dichiarati espressamente perentori dalla legge. In siffatta direzione, il rispetto del termine di conclusione del procedimento resta ancorato all’area degli “obblighi di comportamento” senza essere trascinato “sul terreno del giudizio di validità dell’atto”.

In assenza di una specifica disposizione che espressamente preveda il termine come perentorio, comminando la perdita della possibilità di azione da parte dell’Amministrazione al suo spirare o la specifica sanzione della decadenza, il termine stesso deve intendersi come meramente sollecitatorio o ordinatorio; il suo superamento non determina, perciò, l’illegittimità dell’atto, ma una semplice irregolarità non viziante, poiché non esaurisce il potere dell’Amministrazione di provvedere: se tale conclusione vale con riferimento ad una norma di legge, è tanto più valida laddove il termine finale sia stato previsto dalla stessa Amministrazione procedente. Del resto, risulterebbe palesemente irrazionale una clausola che preveda un termine perentorio a carico della PA, onde disporre la revoca in caso di inadempimento contrattuale del privato, il quale potrebbe in questo modo giovarsi in modo del tutto indebito di una situazione di inefficienza e di inoperatività (di certo non infrequente) della stessa PA.

L’esercizio della funzione pubblica è connotato dai requisiti della doverosità e della continuità, cosicché i termini fissati per il suo svolgimento hanno giocoforza carattere acceleratorio, in funzione del rispetto dei principi di buon andamento (97 Cost.), efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa (art. 1, comma 1, l. n. 241/1990), e non già perentorio. Conseguentemente, la loro scadenza non priva l’amministrazione del dovere di curare l’interesse pubblico, né rende l’atto sopravvenuto di per sé invalido.

A differenza della revoca in autotutela, la revoca sanzionatoria (o decadenza) presuppone la commissione di un illecito da parte del destinatario del provvedimento, o il mancato rispetto di un onere impostogli dalla legge o dalla disciplina del rapporto stesso. In tutti questi casi, il provvedimento accertativo della decadenza costituisce manifestazione di un potere di autotutela vincolato e ad avvio doveroso, e non richiede specifiche valutazioni in ordine all’interesse pubblico alla sua adozione, rientrando nella generale e tipica categoria della revoca sanzionatoria. Pertanto, l’amministrazione non incontra limiti nell’esercizio del potere di decadenza dall’esistenza di posizioni giuridiche consolidate e non è tenuta a fornire alcuna motivazione specifica in punto di pubblico interesse.

Poteri extra ordinem e inefficacia gestionale

Consiglio di Stato, sez. IV, 12 marzo 2024, n. 2395

Ordinanze contingibili e urgenti – Acque pubbliche e private – Manutenzione ordinaria e straordinaria del corpo idrico – Mezzo di soluzione e perimetrazione degli ambiti di competenza – Esclusione

È illegittimo l’utilizzo dello strumento dell’ordinanza contingibile e urgente quale metodo di soluzione e perimetrazione degli ambiti di competenza della Regione e dei consorzi di bonifica in materia di manutenzione ordinaria e straordinaria di un corpo idrico (e, dunque, per la soluzione di controversie istituzionali) per assenza sia del presupposto dell’urgenza, sia della contingibilità.

L’inefficacia gestionale del complesso delle pubbliche amministrazioni coinvolte – intesa come mancato raggiungimento di un protocollo operativo di ripartizione dei compiti tra di esse – non può costituire la giustificazione per l’utilizzazione di un potere extra ordinem.

Strada e servitù di uso pubblico

Tar Lazio, Roma, sez. II Stralcio, 9 aprile 2024, n. 6884

Strada pubblica – Natura – Servitù di uso pubblico – Condizioni

La natura e l’uso pubblico di una strada dipendono dall’esistenza di tre concorrenti elementi rappresentati da: a) l’esercizio del passaggio da parte della collettività; b) la concreta idoneità della strada a soddisfare, anche per il collegamento con la via pubblica, le esigenze di carattere generale e pubblico; c) un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico, il quale può identificarsi anche nella protrazione dell’uso da tempo immemorabile.

Viabilità comunale e riparto di competenze

Tar Lombardia, Brescia, sez. II, 9 aprile 2024, n. 294

Competenze delle Giunte comunali – Discrezionalità – Viabilità comunale – Atti dei funzionari dirigenti – Natura giuridica

La competenza residuale della Giunta, ex art. 48 comma 2 TUEL è espressione di un potere pubblicistico ampiamente discrezionale. Tale discrezionalità valutativa della P.A., peraltro, è suscettibile di sindacato giurisdizionale solo in presenza di manifesta incongruità o illogicità.

I singoli provvedimenti dei dirigenti rappresentano applicazione della norma di cui all’art. 107 comma 3 lett. f) e vengono adottati, quindi, sul presupposto di un atto di indirizzo. In particolare, i provvedimenti, con i quali si disciplina la circolazione sulla viabilità comunale, la modalità di accesso alla stessa ed i relativi orari, l’eventuale divieto per talune categorie di veicoli, i controlli e le sanzioni, ai sensi degli artt. 6 e 7 del Codice della strada, assumono natura tipicamente gestoria ed esecutiva e, quindi, appartengono alla competenza dei dirigenti, e non del Sindaco, anche avendo riguardo all’assenza di qualsiasi presupposto di urgenza che potrebbe giustificare l’adozione di un’ordinanza contingibile e urgente. Soltanto i provvedimenti concernenti l’istituzione e la disciplina delle zone a traffico limitato sono attribuite alla competenza della Giunta (o in caso di urgenza al Sindaco) in quanto ritenuti dal legislatore di maggiore impatto per la collettività locale.

La competenza, pertanto, è stata devoluta ai funzionari dirigenti dall’art. 107 comma V d.lgs. 267/2000, riservando i soli poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo agli Organi di Governo.

Abuso edilizio e oneri per l’acquisizione al patrimonio pubblico

Consiglio di Stato, sez. II, 12 aprile 2024, n. 3351

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Acquisizione gratuita al patrimonio comunale – Onere di notifica

Affinché un bene immobile abusivo possa formare legittimamente oggetto dell’ulteriore sanzione costituita dall’acquisizione gratuita al patrimonio comunale, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, occorre che il presupposto ordine di demolizione sia stato notificato a tutti i proprietari, al pari anche del provvedimento acquisitivo, in omaggio ai fondamentali principi di tutela del diritto di difesa e di partecipazione procedimentale.

Mutamento di destinazione d’uso

Tar Campania, Napoli, sez. IV, 17 aprile 2024, n. 2553

Pianificazione urbanistica – Mutamento di destinazione d’uso con alterazione del carico urbanistico – Conversione di area agricola in area commerciale – Titolo edilizio – Sanatoria – Oneri concessori

Il mutamento di destinazione d’uso di un fondo, attualmente destinato ad attività agricola, verso un asservimento all’attività commerciale, comporta inevitabilmente il mutamento del carico urbanistico, connesso ai differenti flussi di traffico e clientela e, pertanto, la conseguente necessità di un titolo edilizio e dunque del calcolo degli oneri concessori per il caso di intervenuta sanatoria.

Natura giuridica della variante urbanistica

Tar Lombardia, Milano, sez. II, 17 aprile 2024, n. 1127

Pianificazione urbanistica – Variante generale – Natura giuridica

La rielaborazione integrale di uno strumento urbanistico – come nel caso di variante generale – non può mai, per sua natura, considerarsi meramente confermativa delle precedenti disposizioni urbanistiche, neppure in quelle parti che effettivamente risultino riproduttive degli strumenti anteriori.

Edilizia residenziale sociale, libertà organizzativa e in house

Tar Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 8 aprile 2024, n. 245

Affidamento diretto – In house providing – Gestione dell’edilizia residenziale sociale – Legge regionale Emilia Romagna

Sale da gioco e distanze minime

Consiglio di Stato, sez. IV, 5 aprile 2024, n. 3127

Apertura nuove sale da gioco – Distanze minime – Scuola dell’infanzia – Qualificazione – Finalità – Normativa Roma Capitale

La scuola dell’infanzia è istituto di istruzione e non di mera formazione: l’obbligo della distanza minima dai luoghi in cui sono praticate le attività di gioco e scommessa è pacificamente applicabile ai primi, non anche ai secondi. L’art. 6 della deliberazione di Assemblea Capitolina n. 92 del 5.12.2019 stabilisce che: “Ai sensi e per gli effetti della normativa regionale e/o nazionale vigente [l.r. n. 22/2019], è vietata l’apertura di nuove sale da gioco con installazione di VLT, di agenzie per la raccolta di scommesse e di esercizi che installano giochi con vincita in denaro che siano ubicate ad una distanza inferiore a 500 (cinquecento) metri da aree sensibili, misurandola secondo il percorso pedonale più breve in base al Codice della Strada, dall’ingresso del locale da gioco all’ingresso del luogo sensibile, quali: a. istituti scolastici di qualsiasi ordine e grado […]”. La scuola per l’infanzia ai sensi degli artt. 1-3 del d. lgs. 19 febbraio 2004 n. 59 deve qualificarsi come istituto scolastico, anche se non ne è obbligatoria la frequenza, dato che la legge si preoccupa di fissarne le finalità, di assicurare che essa proponga un’offerta formativa uniforme sul territorio nazionale, di definirne l’orario e di assicurare nel suo ambito il conseguimento di “obiettivi formativi”, come è caratteristico in generale di qualunque istituto dedicato all’istruzione.

L’art. 1 del d. lgs. n. 59 del 2004, tra le finalità della scuola dell’infanzia, indica, in particolare, al comma 1, anche quello di assicurare: “la continuità educativa con il complesso dei servizi all’infanzia e con la scuola primaria” a conferma del fatto che la scuola dell’infanzia pur “nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica” è parte integrante del sistema di istruzione nazionale. Nello stesso senso depone il successivo articolo 3, comma 2, dove si legge che: “Nell’esercizio dell’autonomia delle istituzioni scolastiche sotto attuate opportune forme di coordinamento didattico, anche per assicurare il raccordo in continuità con il complesso dei servizi all’infanzia e con la scuola primaria”, dove il riferimento al “coordinamento didattico” ribadisce che, accanto agli obiettivi formativi, ve ne sono altri di natura più strettamente didattica, sebbene di carattere propedeutico alla scuola primaria, come ulteriormente confermato dall’art. 4, comma 2, a mente del quale: “La scuola primaria, della durata di cinque anni, è articolata in un primo anno, raccordato con la scuola dell’infanzia e teso al raggiungimento delle strumentalità di base, e in due periodi didattici biennali.” come pure, dal punto di vista organizzativo, dall’art. 4, comma 6 secondo cui: “Le scuole statali appartenenti al primo ciclo possono essere aggregate tra loro in istituti comprensivi anche comprendenti le scuole dell’infanzia esistenti sullo stesso territorio”.

Crocifissi e poteri di ordinanza sindacale

Consiglio di Stato, sez. II, 18 marzo 2024, n. 2567

Ordinanze contingibili e urgenti – Presupposti – Legittimità – Affissione crocifisso in edifici pubblici – Difetto di attribuzione

È illegittimo per difetto di attribuzione l’ordinanza contingibile e urgente adottata da un sindaco che ordina l’immediata affissione del crocifisso in tutti gli edifici pubblici con l’urgenza di “preservare le attuali tradizioni, ovvero mantenere negli edifici pubblici […] la presenza del crocifisso quale simbolo fondamentale dei valori civili e culturali del nostro paese”, non ravvisandosi alcuno dei presupposti che giustificano l’adozione di tale tipologia di provvedimento.