Consiglio di Stato/TAR

Edilizia residenziale pubblica, concessione di alloggi e silenzio-assenso

Tar Lazio, Roma, sez. V ter, 26 novembre 2024, n. 21258

Edilizia residenziale pubblica – Concessione di alloggi – Silenzio assenzo – Esclusione – Ratio

La materia della concessione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica non contempla il silenzio assenso come fattispecie provvedimentale, coerentemente alla natura sostanzialmente concessoria del provvedimento, in quanto espressione della comparazione dei rilevanti interessi pubblici connessi alla regolare gestione del patrimonio abitativo popolare con quelli privati, riconducibili all’accesso all’abitazione di individui e nuclei familiari svantaggiati.

Classificazione delle aree e imposta sostitutiva di affrancamento

Consiglio di Stato, sez. IV, 5 novembre 2024, n. 8854

Pianificazione urbanistica – Classificazioni delle aree – Discrezionalità del Comune – Imposta sostituiva di affrancamento – Non rilevanza

È legittima la delibera del consiglio comunale che attribuisca ad un’area una classificazione che ne escluda l’originaria capacità edificatoria, a ciò non ostando che il privato abbia versato l’imposta sostituiva di affrancamento, prevista dall’art. 7 della legge n. 448 del 28 dicembre 2001, calcolata assumendo, “in luogo del costo o valore di acquisto” del terreno, “il valore a tale data determinato sulla base di una perizia giurata di stima”, in quanto, al tempo, detti beni possedevano la qualifica di edilizi ed erano soggetti al loro sfruttamento in quanto tali; in base ad una successiva scelta – da ritenersi razionale nel contemperamento degli interessi connessi alla riduzione del consumo di suolo ed al suo razionale sfruttamento – il Comune nella sua potestà pianificatoria ha fissato un criterio logico, quale quello temporale, per lo stralcio dal piano regolatore generale che ha comportato una modifica della destinazione.

Convenzioni urbanistiche e sopravvenienze

Consiglio di Stato, sez. IV, 11 novembre 2024, n. 9014

Convenzioni urbanistiche – Sopravvenienze – Rilevanza – Rinegoziazione – Buona fede – Obbligo di provvedere in capo alla parte pubblica

In presenza di un esercizio consensuale del potere pubblico, la legge o la buona fede possono imporre un obbligo di provvedere, senza che ciò escluda la natura bilaterale che connota gli accordi. L’accordo in questione è infatti stipulato nell’esercizio di un potere pubblico, con la conseguenza che l’attributo indefettibile di tale situazione giuridica non è quello della libertà, proprio della autonomia negoziale, bensì della doverosità cui si ricollega l’obbligo di provvedere nei casi in cui sussista una posizione differenziata e qualificata di pretesa ad una pronuncia espressa sulla proposta di stipula dell’accordo.

In presenza di circostanze sopravvenute rilevanti, il privato può chiedere al Comune di rinegoziare i contenuti della convezione urbanistica o di singole sue parti, in applicazione del principio di buona fede e correttezza ex art. 1375 c.c., richiamato dall’art. 11, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, in forza del rinvio ivi contenuto ai principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti. Inoltre, avendo il privato una posizione qualificata e differenziata in quanto parte dell’accordo, in presenza di una istanza di riesame dei contenuti della convenzione, motivata in ragione di circostanze sopravvenute, è ben possibile configurare un obbligo di provvedere in capo alla controparte pubblica, che non necessariamente sarà tenuta ad assicurare il bene della vita cui aspira la parte privata ma che dovrà, in ogni caso, istruire l’istanza e motivare le proprie determinazioni nel rispetto del canone generale di ragionevolezza e di proporzionalità.

Non sussiste obbligo di provvedere del Comune sulla istanza di rinegoziazione di una convenzione di lottizzazione in presenza di circostanze sopravvenute rilevanti, qualora l’ente locale abbia in passato reiteratamente ribadito il proprio interesse alla piena e integrale attuazione dell’accordo, nei termini originariamente concordati, a fronte dell’inadempimento del lottizzante principale nella esecuzione delle opere di urbanizzazione. Difatti, in tale situazione non è configurabile alcun obbligo di buona fede e di cooperazione in capo al Comune che subisce una situazione di grave e persistente stallo, in pregiudizio dell’interesse pubblico alla corretta pianificazione dell’area. Peraltro, qualora le opere pubbliche dedotte in convenzione risultino funzionali alla urbanizzazione dei lotti di proprietà di altri contraenti (lottizzanti minori), è la stessa natura di accordo plurilaterale che osta ad una rinegoziazione della convenzione sui cui contenuti ed obblighi altre parti fanno, da tempo, affidamento per poter esercitare lo ius aedificandi inerente ai suoli in loro proprietà ricompresi nel medesimo comparto.

Limitazioni al traffico

Tar Campania, Napoli, sez. V, 20 novembre 2024, n. 6388

Circolazione stradale – Limitazioni al traffico – Inquinamento e tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale – Veicoli di interesse storico e collezionistico

È illegittimo per difetto di istruttoria e di motivazione il provvedimento adottato dal Comune nell’esercizio del potere previsto dall’art. 7, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada) che, in punto di inibizione alla circolazione per esigenze di prevenzione dell’inquinamento e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale, equipara de plano i veicoli di interesse storico e collezionistico iscritti nei registri di cui all’art. 60 del codice della strada ai veicoli inquinanti appartenenti alle classi di omologazione inferiori ad “euro 4”, non dotati di alcuna iscrizione in registri né muniti di alcun certificato attestante la storicità, omettendo di tenere conto del numero esiguo di veicoli di interesse storico o collezionistico e del loro ontologico utilizzo limitato nel tempo, circostanze che richiedono un regime differenziato e peculiare che coniughi il valore dell’ambiente con quello della tutela dei valori storico-culturali e del collezionismo storico.

Mancato esercizio della concessione amministrativa

Tar Lombardia, Brescia, sez. I, 14 novembre 2024, n. 916

Concessioni amministrative – Decadenza del concessionario per mancato esercizio – Potere autoritativo di accertamento – Contraddittorio – Provvedimento motivato

La decadenza della concessione per mancato esercizio non costituisce un effetto che si verifica ex lege al ricorrere del presupposto normativo, richiedendo, viceversa, l’intermediazione del potere pubblico attraverso l’emanazione di un provvedimento motivato, all’esito di un procedimento necessariamente preceduto dalla contestazione al concessionario delle circostanze che giustificano la decadenza. La posizione soggettiva che si fa valere in giudizio riveste la consistenza di interesse legittimo e non di diritto soggettivo; per cui la domanda giudiziale ha ad oggetto l’esercizio di un potere autoritativo di accertamento dell’intervenuta decadenza del rapporto di concessione, spettante all’amministrazione ed avente natura costitutiva.

Sale da gioco

Tar Sicilia, Palermo, sez. II, 8 novembre 2024, n. 3083

Sale da gioco – Disciplina degli orari di apertura – Potere sindacale – Regolamento consiliare – Istruttoria – Onere motivazionale

È legittima l’attività di un Comune che, con regolamento consiliare, individui restrizioni orarie all’apertura degli esercizi autorizzati o limitazioni agli orari di accensione delle macchinette. Questo perché il potere sindacale di coordinare e riorganizzare gli orari degli esercizi commerciali interviene sulla base degli indirizzi del consiglio comunale, il quale può esprimersi anche tramite un preciso atto regolamentare. A fronte di una significativa riduzione dell’orario di apertura delle apparecchiature, l’amministrazione comunale non può limitarsi a un’apodittica e indimostrata enunciazione dei rischi collegati al gioco lecito, ma deve dare atto di ragioni specifiche, da esplicitare e documentare in modo puntuale. Va, in buona sostanza, dimostrata la necessità che uno specifico territorio abbisogni di una maggior tutela di quello nazionale; fermo restando che, una volta attuata, questa misura non comporti effetti indesiderati, tra cui il “dirottamento” della domanda verso il gioco illegale. E ciò deve avvenire con una specifica istruttoria effettuata in relazione al territorio di competenza.

Impianti solari fotovoltaici sugli edifici e titolo edilizio

Consiglio di Stato, sez. VII, 9 ottobre 2024, n. 8113

Intervento di nuova costruzione – Installazione di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici – Titolo edilizio – Regime derogatorio ex art. 9 d. l. n. 17/2022 – Condizioni – Ratio

L’art. 9 del decreto legge 1 marzo 2022, n. 17, convertito con modificazioni dalla legge 27 aprile 2022, n. 34 – secondo cui l’installazione “con qualunque modalità” di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici e la realizzazione delle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica sono considerate interventi di manutenzione ordinaria e non sono subordinate all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, inclusi quelli previsti dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 – non prevede una illimitata facoltà di deroga a tutte le norme del testo unico sull’edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 che sarebbe contraria ai criteri previsti in tema di concorso fra norme di pari grado che regolano la medesima fattispecie e all’interesse pubblico al corretto sviluppo dello sfruttamento edilizio del territorio. Pertanto, la tendenziale derogabilità alle norme in materia edilizia prevista dall’articolo 9 vale solo: i) allorquando l’interessato dimostri di non avere possibilità alternative, cioè tecnicamente equivalenti, di installazione in altri luoghi; ii) a condizione che non si ottengano indebiti incrementi di volumetrie e superfici utilizzabili per altri scopi, che non siano strettamente connessi ad esigenze tecniche perché, in quest’ultimo caso, l’intervento comunque richiede il necessario titolo edilizio.

L’art. 9 del decreto legge 1 marzo 2022, n. 17, convertito con modificazioni dalla legge 27 aprile 2022, n. 34 – secondo cui l’installazione “con qualunque modalità” di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici, e la realizzazione delle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica sono considerate interventi di manutenzione ordinaria e non sono subordinate all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati inclusi quelli previsti dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 – mira a consentire la semplificazione dell’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili su edifici già esistenti e non può essere inteso nel senso di ammettere la realizzazione di qualunque intervento di nuova edificazione alla sola condizione che la stessa ospiti tra l’altro un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili.

Farmacie abusive e poteri sindacali

Tar Lazio, Roma, sez. II, 16 ottobre 2024, n. 17899

Apertura abusiva di farmacie – Illegittima erogazione di farmaci – Ordine di chiusura – Ordinanze sindacali contingibili e urgenti – Presupposti applicativi

Con riferimento all’ordine di chiusura di una farmacia abusiva, l’art. 3 della legge 8 novembre 1991, n. 362, recante “Norme di riordino del settore farmaceutico” dispone che “chiunque apre una farmacia o ne assume l’esercizio senza la prescritta autorizzazione è punito con l’arresto fino a un mese e con l’ammenda da lire cinque milioni a lire dieci milioni” e che in tali casi “l’autorità sanitaria competente ordina l’immediata chiusura della farmacia”.

Ora, in applicazione di tali previsioni, l’autorità sanitaria competente – vale dire il Sindaco del Comune nel cui territorio è compresa la farmacia – ove accerti la vendita da parte di un’attività commerciale di farmaci, deve ordinare “l’immediata” chiusura della farmacia, abusivamente attivata, dato l’evidente pericolo per la salute.

A ciò si aggiunga che la legge 23 dicembre 1978 n. 833, di “Istituzione del servizio sanitario nazionale”, nel disciplinare, all’art. 32 le funzioni di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, dopo aver previsto che la legge regionale debba stabile norme per l’esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di vigilanza sulle farmacie e di polizia veterinaria, ha disposto che “nelle medesime materie sono emesse dal sindaco ordinanze di carattere contingibile ed urgente”.

L’art. 117 del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 112, di conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, ha al riguardo disposto che “in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale”, così come l’art. 50 del d.lgs. n. 267/2000 (Testo unico degli enti locali – T.U.E.L.), che, nel disciplinare le competenze del Sindaco, testualmente prevede, al comma 5, che “in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale”.

Tale normativa, per altro verso, attribuisce sempre al Sindaco, quale ufficiale del Governo, il potere di assumere ordinanze contingibili e urgenti e tale potere presuppone, da un lato, una condizione di pericolo effettivo, da evidenziare con congrua motivazione e, dall’altro, una situazione eccezionale che possa provocare rischi imminenti per la salute o per l’incolumità pubblica, alla quale non sia possibile far fronte con i mezzi previsti in via ordinaria dall’ordinamento (art. 54 del T.U.E.L.).

Il Sindaco può emanare un’ordinanza contingibile e urgente, indifferentemente ai sensi degli artt. 50 o 54 T.U.E.L., rilevando a tal fine, non la circostanza (estrinseca) che il pericolo sia correlato ad una situazione preesistente ovvero a un evento nuovo e imprevedibile, ma la sussistenza (intrinseca) della necessità e dell’urgenza attuale di intervenire a difesa degli interessi pubblici da tutelare, a prescindere sia dalla prevedibilità, che dall’imputabilità (se del caso) perfino all’amministrazione stessa della situazione di pericolo che il provvedimento è rivolto a rimuovere, con la conseguenza che, quindi, il decorso del tempo non consuma tale potere, rilevando esclusivamente la dimostrazione dell’attualità del pericolo e della idoneità del provvedimento a porvi rimedio.

Ne discende come il Sindaco possa ricorrere a detto strumento al fine di fronteggiare con immediatezza sia una situazione di natura eccezionale e imprevedibile (in attesa dell’adozione delle misure ordinarie), sia una condizione di pericolo imminente al momento dell’adozione dell’ordinanza, indipendentemente dalla circostanza che la situazione di emergenza fosse sorta in epoca antecedente. Indispensabile, comunque, è sempre la sussistenza, l’attualità e la gravità del pericolo, cioè il rischio concreto di un danno grave e imminente.

Ordinanze contingibili e urgenti e principio di precauzione

Consiglio di Stato, sez. V, 6 novembre 2024, n. 8864

Ordinanze contingibili e urgenti – artt. 50 e 54 TUEL – Distinzioni – Presupposti – Vendita di bevande alcoliche a minori – Principio di precauzione – Competenza

La riconduzione dell’atto sindacale alla fattispecie disciplinata all’art. 50 piuttosto che a quella di cui all’art. 54 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) non è neutra e non si risolve in una mera indicazione nominalistica, atteso che il legislatore ha inteso diversificare il procedimento di adozione dell’atto, prevedendone l’esecutorietà solo nel secondo caso (supportata dal Prefetto, quale organo preposto al coordinamento delle forze dell’ordine sul territorio provinciale). Le emergenze di sicurezza urbana, in quanto afferenti alla sicurezza pubblica, rientrano nella competenza del Sindaco quale ufficiale di governo (art. 54) e si diversificano da quelle a tutela della “vivibilità” che afferiscono all’attività del vertice dell’amministrazione locale (art. 50).

Le ordinanze sindacali contingibili e urgenti possono essere adottate anche a fronte di un pericolo potenziale in applicazione del principio di precauzione che richiede l’intervento restrittivo da parte della pubblica amministrazione in presenza di un rilevante pericolo per interessi pubblici particolarmente sensibili anche in assenza di una evidenza scientifica del nesso di causalità, secondo lo standard del c.d. “più probabile che non”, tra la circostanza fattuale su cui si interviene e il pregiudizio che potrebbe arrecare. Tale principio di derivazione comunitaria previsto dall’art. 7 del Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002 impone che, in presenza di ragionevole dubbio riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure di protezione senza dover attendere che sia previamente accertata l’effettiva esistenza della gravità del rischio occorso.

I presupposti per l’adozione di un’ordinanza contingibile e urgente risiedono nella sussistenza di un pericolo irreparabile ed imminente per il bene protetto dalla norma (la pubblica incolumità, la sicurezza urbana, la vivibilità cittadina ovvero la quiete, quale valore considerato a parte, l’igiene pubblica), ma purché lo stesso non sia altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento, il che avviene tipicamente laddove esista un sistema punitivo comprensivo di sanzioni principali, sanzioni accessorie capaci ex se di cauterizzare l’attività pericolosa. Non è pertanto ammissibile farvi ricorso per irrogare sanzioni espressamente previste dall’ordinamento (nel caso di specie, con l’art. 14-ter della legge 30 marzo 2001, n. 125 in caso di violazione del divieto di vendita di bevande alcoliche a minori) al solo scopo di accelerarne gli effetti, superando le garanzie difensive, a meno che non sia dimostrata in concreto la pericolosità, anche potenziale, del differimento dell’irrogazione della misura sanzionatoria prevista.

Il legislatore sanziona amministrativamente (art. 14-ter della legge 30 marzo 2001, n. 125) e penalmente (art. 689 c.p.) le condotte di vendita e somministrazione di bevande alcoliche a minori, commisurando il trattamento sanzionatorio all’effettiva portata lesiva della condotta. La prima fattispecie di illecito (art. 14-ter) opera in tutti i casi di vendita di alcolici a minorenne (ipotesi estranea alla formulazione dell’art. 689 c.p.) nonché di somministrazione a maggiore degli anni sedici ma minore di anni diciotto, stante che per il minore di anni sedici trova invece applicazione la norma penale, estensibile a qualunque tipologia di somministrazione ovunque effettuata, dovendo necessariamente essere attualizzati i riferimenti ai locali ivi indicati come osterie e pubblici spacci.

È illegittima l’ordinanza sindacale contingibile e urgente che disponga la sospensione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande in sostanziale applicazione dell’art. 14-ter della legge 30 marzo 2001, n. 125 (nella specie, a causa della vendita di bevande alcoliche a persona di età compresa tra i sedici e i diciotto anni) poiché, dovendosi riqualificare l’atto in senso sanzionatorio, sussiste vizio di incompetenza del firmatario, in quanto organo politico di vertice del governo locale, trattandosi di normale atto gestionale.

Ordinanze contingibili urgenti e presupposti d’urgenza

Tar Toscana. Firenze, sez. IV, 8 novembre 2024, n. 1272

Ordinanze contingibili e urgenti – Ratio – Presupposti – Attualità del pericolo – Situazioni di pericolo che si protraggono nel tempo – Urgenza

L’art. 54, comma 4, d.lgs. n. 267/2000, attribuisce al Sindaco il potere di emanare ordinanze contingibili e urgenti al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana.

Un costante orientamento giurisprudenziale ha avuto modo di chiarire i presupposti per l’adozione di un’ordinanza contingibile e urgente che, a loro volta, vanno individuati nell’esistenza di un pericolo irreparabile ed imminente, non altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento, nonché nella provvisorietà e la temporaneità dei suoi effetti, non essendo pertanto possibile adottare ordinanze contingibili e urgenti per fronteggiare situazioni prevedibili e permanenti o quando non vi sia urgenza di provvedere, intesa come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile, a tutela della pubblica incolumità.

L’ordinanza contingibile e urgente ben può essere adottata anche per situazioni di pericolo che si protraggono nel tempo, in quanto l’esercizio dei poteri di cui agli artt. 50 o 54 T.U.E.L., presuppone l’esistenza di una situazione eccezionale ed imprevedibile: tale presupposto, tuttavia, va interpretato nel senso che rileva non la circostanza (estrinseca) che il pericolo sia correlato ad una situazione preesistente ovvero ad un evento nuovo ed imprevedibile, ma la sussistenza (intrinseca) della necessità e dell’urgenza attuale di intervenire a difesa degli interessi pubblici da tutelare, a prescindere sia dalla prevedibilità, che, soprattutto, dall’imputabilità se del caso perfino all’Amministrazione stessa della situazione di pericolo che il provvedimento è rivolto a rimuovere. In definitiva, il decorso del tempo non consuma il potere di ordinanza, perché ciò che rileva è esclusivamente la dimostrazione dell’attualità del pericolo e della idoneità del provvedimento a porvi rimedio, sicché l’immediatezza dell’intervento urgente del Sindaco va rapportata all’effettiva esistenza di una situazione di pericolo al momento di adozione dell’ordinanza. E, a ben guardare, la circostanza che la situazione di pericolo perduri da tempo può addirittura aggravare la situazione di pericolo.

È noto che l’ordinanza contingibile e urgente ben può essere adottata anche per situazioni di pericolo che si protraggono nel tempo e, ciò, considerando come sia sufficiente l’esistenza di una necessità e urgenza attuale di intervenire a difesa degli interessi pubblici da tutelare.

Il requisito dell’urgenza non solo è sufficiente, ma prescinde dalla prevedibilità e, soprattutto, dall’imputabilità della situazione di pericolo che il provvedimento è rivolto a rimuovere.

In definitiva, il decorso del tempo non consuma il potere di ordinanza, perché ciò che rileva è esclusivamente la dimostrazione dell’attualità del pericolo e della idoneità del provvedimento a porvi rimedio, sicché l’immediatezza dell’intervento urgente del Sindaco va rapportata all’effettiva esistenza di una situazione di pericolo al momento di adozione dell’ordinanza. E, a ben guardare, la circostanza che la situazione di pericolo perduri da tempo può addirittura aggravare la situazione di pericolo.