Consiglio di Stato/TAR

Titolo edilizio e vicinitas

Tar Lazio Roma, sez. II bis, 25 ottobre 2023, n. 15819

Titolo edilizio – Accesso agli atti – Vicinitas

Il requisito della vicinitas sussiste in capo al confinante, al frontista e a coloro che si trovano in una situazione di stabile collegamento con l’edificio o con il terreno.

In tema di accesso agli atti per la verifica della legittimità dei titoli edilizi, il requisito della vicinitas consiste non soltanto nella prospettiva fattuale dello stabile collegamento tra la situazione attiva facente capo all’istante e la zona interessata dall’intervento, ma anche nella esplicitazione, di una lesione concreta ed attuale della posizione soggettiva.

Abuso edilizio e istanza in sanatoria

Tar Veneto, Venezia, sez. II, 24 ottobre 2023, n. 1500

Abuso edilizio – Istanza in sanatoria – Sospensione sine die – Diniego

La mancata produzione della documentazione richiesta autorizza il Comune alla sospensione sine die del procedimento in sanatoria, che si qualifica come rigetto della domanda di sanatoria. In base all’art. 36, comma 3 del d.P.R. 380 del 2001, infatti, il silenzio dell’amministrazione sull’istanza di sanatoria, protratto oltre il termine di 60 giorni, ha significato di diniego e se l’atto non viene impugnato nei termini, si consolidano i relativi effetti.

Abuso edilizio e sanzione pecuniaria alternativa

Tar Lazio, Roma, sez. II quater, 23 ottobre 2023, n. 15596

Abuso edilizio – Vincoli paesaggistici – Sanzione pecuniaria alternativa – Verbale di accertamento di inottemperanza – Natura giuridica

Laddove l’intervento edilizio abusivo venga eseguito su fabbricato ricadente in zona paesaggistica vincolata, si manifesta un decisivo ostacolo all’applicazione dell’istituto della c.d. fiscalizzazione, atteso che, ai sensi dell’art. 32, comma 3, D.P.R. n. 380 del 2001, gli interventi di cui al comma 1 della medesima disposizione (cioè quelli che configurano ordinariamente variazioni essenziali, fra i quali rientra anche il mutamento di destinazione d’uso), se effettuati su immobili sottoposti a vincolo paesaggistico ed ambientale, sono considerati in totale difformità dal permesso di costruire, ai sensi degli artt. 31 e 44 del medesimo D.P.R., e, dunque, sottoposti sempre a demolizione totale.

In materia di costruzioni abusive, deve essere dichiarato inammissibile il ricorso avverso il verbale di accertamento di inottemperanza all’ordine di demolizione, in quanto tale atto è privo di portata lesiva, avendo lo stesso mera natura ricognitiva del decorso del tempo e della mancata spontanea esecuzione del provvedimento demolitorio; detto verbale, infatti, non assume quella portata lesiva che sia in grado di attualizzare l’interesse alla tutela giurisdizionale, portata lesiva invece ravvisabile soltanto nell’atto formale di accertamento con cui l’autorità amministrativa recepisce gli esiti dei sopralluoghi effettuati dalla Polizia Municipale e forma il titolo ricognitivo idoneo all’acquisizione gratuita dell’immobile al patrimonio comunale.

Abitazione su “ruote”

Tar Piemonte, Torino, sez. II, 23 ottobre 2023, n. 820

Titolo edilizio – Struttura adibita ad abitazione – Esonero

Una struttura adibita ad abitazione, sebbene fissata su ruote, possiede i requisiti dell’insediamento abitativo residenziale idoneo a modificare l’ambiente esterno e, pertanto, per la sua installazione è necessario il previo rilascio del titolo abilitativo.

L’obbligo del permesso di costruire può escludersi soltanto quando il manufatto prefabbricato su ruote sia destinato a sopperire a necessità meramente contingenti e transitorie, per essere subito dopo rimosso e trasferito altrove.

Il permesso di costruire convenzionato

Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento, sez. Unica, 20 ottobre 2023, n. 161

Titolo edilizio – Permesso di costruire convenzionato – Legge provinciale urbanistica Trento n. 15/2015 – Principio di proporzionalità

L’istituto del permesso di costruire convenzionato, previsto dall’articolo 84 della legge provinciale urbanistica di Trento 4 agosto 2015, n. 15, è previsto per tutte le situazioni nelle quali le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte con una modalità semplificata, in cui lo stato delle urbanizzazioni sia tale da rendere superflui gli strumenti attuativi di dettaglio previsti dalla disciplina urbanistica. Tale titolo trova spazio laddove, al di fuori della pianificazione attuativa, si renda comunque necessaria la strutturazione di un rapporto giuridico tra la parte privata e l’amministrazione pubblica, relativamente a profili collaterali al contenuto abilitativo del permesso di costruire. In particolare, ai molteplici piani attuativi previsti dall’ordinamento compete esprimere un ordine insediativo secondo una scala di maggior dettaglio, in funzione di integrazione e completamento delle linee programmatiche indicate dal piano urbanistico generale, mentre il permesso di costruire convenzionato ha la funzione di assicurare una disciplina accessoria del permesso di costruire, andando oltre la dimensione provvedimentale e consentendo di strutturare e regolare un rapporto di durata che rende più articolata la relazione giuridica tra il richiedente e l’amministrazione comunale, nonché risolvendo i problemi di disciplina che nella prassi erano inadeguatamente risolti mediante clausole unilaterali atipiche apposte al titolo edilizio.

Per i casi in cui, secondo la valutazione dell’amministrazione, le esigenze di urbanizzazione possono essere soddisfatte con una modalità semplificata, la pianificazione di secondo livello risulterebbe ridondante e non rispettosa del principio di proporzionalità tra gli interessi pubblici da perseguire e lo strumento amministrativo utilizzato.

Il permesso di costruire convenzionato è un istituto che consente all’Amministrazione di ottenere vantaggi per i quali in passato era necessario un vincolo espropriativo, con i relativi oneri economici, tuttavia, lo strumento deve essere utilizzato nel rispetto del principio di proporzionalità e dunque con una forte attenzione ai principi di equilibrio tra le parti, sia in termini di interessi attribuiti, sia in termini di oneri imposti alla parte privata.

Titolo edilizio e silenzio-assenso

Tar Lazio, Latina, sez. II, 16 ottobre 2023, n. 715

Intervento di nuova costruzione – Titolo edilizio – Silenzio assenso – Presupposti – Oneri di urbanizzazione – Prescrizione

Il meccanismo del silenzio-assenso in materia edilizia risponde ad una valutazione legale tipica in forza della quale l’inerzia equivale a provvedimento di accoglimento, nel senso che gli effetti promananti dalla fattispecie sono sottoposti al medesimo regime dell’atto amministrativo. Con il corollario che, ove ne sussistano i requisiti di formazione, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche con riguardo ad una domanda non conforme a legge; reputare che la fattispecie sia produttiva di effetti soltanto ove corrispondente alla disciplina sostanziale, significherebbe sottrarre i titoli così formatisi al regime della annullabilità, per contro espressamente prevista.

Il mancato pagamento del contributo di costruzione non preclude l’obbligo di rilascio del permesso di costruire, né la formazione del silenzio-accoglimento, dal momento che le somme dovute a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione sono soggette all’ordinario termine decennale di prescrizione, il quale decorre dalla data del rilascio del titolo edilizio in sanatoria ovvero della formazione del silenzio assenso sulla relativa domanda, essendo proprio questi ultimi, ai sensi dell’art. 16, commi 1-3, D.P.R. n. 380, il fatto costitutivo dell’obbligo giuridico del beneficiario di corrispondere quanto determinato a titolo di contributo.

L’Adunanza Plenaria sull’inottemperanza all’ordine di demolizione

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 11 ottobre 2023, n. 16

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Nuda proprietà – Mancata ottemperanza – Acquisizione gratuita al patrimonio comunale – Novazione – Sanzione pecuniaria alternativa

La mancata ottemperanza all’ordine di demolizione entro il termine da esso fissato comporta la perduranza di una situazione contra ius e costituisce un illecito amministrativo omissivo propter rem, distinto dal precedente illecito – avente anche rilevanza penale – commesso con la realizzazione delle opere abusive.

La mancata ottemperanza – anche da parte del nudo proprietario – alla ordinanza di demolizione entro il termine previsto dall’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, impone l’emanazione dell’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, tranne il caso in cui sia stata formulata l’istanza prevista dall’art. 36 del medesimo d.P.R. o sia stata dedotta e comprovata la non imputabilità dell’inottemperanza.

L’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura dichiarativa e comporta – in base alle regole dell’obbligo propter rem – l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva).

L’inottemperanza all’ordinanza di demolizione comporta la novazione oggettiva dell’obbligo del responsabile o del suo avente causa di ripristinare la legalità violata, poiché, a seguito dell’acquisto del bene da parte dell’Amministrazione, egli non può più demolire il manufatto abusivo e deve rimborsare all’Amministrazione le spese da essa sostenute per effettuare la demolizione d’ufficio, salva la possibilità che essa consenta anche in seguito che la demolizione venga posta in essere dal privato.

La sanzione pecuniaria prevista dall’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001 non può essere irrogata nei confronti di chi – prima dell’entrata in vigore della legge n. 164 del 2014 – abbia già fatto decorrere inutilmente il termine di 90 giorni e sia risultato inottemperante all’ordine di demolizione, pur se tale inottemperanza sia stata accertata dopo la sua entrata in vigore.

Società miste e ruolo del socio privato (il caso Roma Multiservizi)

Consiglio di Stato, sez. V, 17 ottobre 2023, n. 9034

Società a partecipazione mista – Ruolo del socio privato – Partecipazione pubblica, diretta e indiretta, e distribuzione del rischio finanziario – Discrezionalità e limiti di sindacato

Nelle società a capitale misto, il socio privato deve essere operativo e non un mero socio di capitale, stante la specificità del ruolo che deve assumere nell’attuazione dell’oggetto sociale: del resto, il coinvolgimento del socio privato per il perseguimento di fini di interessi generali si giustifica proprio per la carenza in seno alla amministrazione pubblica delle competenze necessarie di cui ha la disponibilità il socio privato.

La partecipazione del socio privato operativo nelle società miste deve essere adeguata, idonea cioè a rendere possibile l’attuazione dell’oggetto sociale; tale adeguatezza è stata fissata dal legislatore nazionale, proprio ai fini del rispetto dei principi eurounitari, nella soglia minima di partecipazione del 30%.

Sul fronte dell’impegno economico, il modello della società mista si traduce nella ricerca di capitale privato “terzo”, ossia nella netta e definitiva separazione tra l’onere finanziario assunto ab initio dall’amministrazione ed il rischio imprenditoriale del privato, che verrebbe potenzialmente (e progressivamente) annullato in presenza di una ulteriore partecipazione indiretta della parte pubblica del capitale della società mista, per effetto della contestuale partecipazione della prima al capitale sociale del partner operativo.

Fermo il limite di legge (30% di partecipazione privata), l’amministrazione può decidere, nel concreto esercizio della propria precipua funzione di tutela dell’interesse pubblico, qual è il livello massimo del rischio finanziario o economico che intende assumere (e quindi, per l’effetto, quello che intende addossare esclusivamente al concessionario), fissando all’uopo delle soglie di partecipazione al capitale della costituenda società mista, valutazione che, in quanto espressione di eminente discrezionalità tecnica, può essere sindacata dal giudice amministrativo limitatamente al riscontro del vizio di illegittimità per violazione delle regole procedurali e di quello di eccesso di potere per manifesta illogicità, irrazionalità, irragionevolezza, arbitrarietà, ovvero se fondata su di un altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti.

Impianti telefonia mobile e disciplina edilizia

Tar Lombardia, Brescia, sez. II, 17 ottobre 2023, n. 764

Installazione impianti telefonia mobile – Autorizzazione – Assenza titolo edilizio – Diniego

Gli impianti di trasmissione radiomobile non sono soggetti all’applicazione della normativa edilizia generale, ma solamente alle norme speciali di cui agli artt. 87 [ora art. 43] e ss. D.lgs. 259/2003, le quali comprendono e assorbono anche le verifiche di tipo edilizio.

Gli artt. 86 e 87, d.lgs. n. 259/2003, nel disciplinare il rilascio dell’autorizzazione all’installazione di impianti di telefonia mobile, prevedono un procedimento autorizzatorio tendenzialmente unico, capace di assorbire ogni giudizio di conformità urbanistica, assolvendo anche alle funzioni del relativo titolo abilitativo edilizio. Pertanto, il Comune non può pretendere che l’istante sottoponga il progetto a un separato procedimento autorizzatorio ai fini della verifica della conformità edilizia della stazione radio base. Solo nel caso in cui sia necessario, per la presenza di un vincolo paesaggistico, l’azienda interessata è onerata di munirsi del parere della preposta autorità sulla compatibilità paesaggistica. Ciò non comporta che non siano applicabili, ai fini della validità dell’autorizzazione, valutazioni edilizie ed urbanistiche da parte del Comune, bensì che queste ultime sono ricomprese nel procedimento unico di cui all’art. 87 D.lgs. n. 259/2003, in concordanza con la semplificazione del procedimento autorizzatorio che caratterizza la fattispecie a tutela dell’interesse pubblico alla sollecita definizione del procedimento.

Assenza di privativa e istituzione di un servizio pubblico locale

Tar Lombardia, Milano, sez. I, 16 ottobre 2023, n. 2334

Servizi pubblici – Servizi a rete – Privativa – Recupero FORSU – Istituzione del servizio pubblico – Obblighi di motivazione

L’assenza di un regime di privativa comporta l’obbligo dell’amministrazione competente di acquisire il servizio con idonea motivazione. La gestione dei rifiuti urbani è servizio pubblico essenziale che rientra storicamente tra i servizi municipalizzati, la cui gestione è svolta in parte in regime di privativa ed in parte aperto al mercato.

La mancanza di privativa comunale non esclude la possibilità del Comune di acquisire il servizio di recupero della Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano (FORSU) alla mano pubblica.

Nel sistema introdotto dal nuovo decreto legislativo in materia di servizi pubblici locali, la scelta delle modalità di gestione del servizio avviene a valle dell’istituzione del servizio pubblico locale, ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. 201/22.

L’art. 14 del D. Lgs. n. 201/2022 attiene alla scelta tra le forme di gestione del servizio pubblico locale e non alle modalità di istituzione del servizio pubblico locale diverso da quelli già previsti dalla legge, qual è il servizio di gestione della FORSU, che è disciplinato dall’art. 10 c. 3 del D. Lgs. n. 201/2022. Le due norme hanno evidentemente oggetti diversi in quanto la scelta dell’estensione della privativa comunale richiede una motivazione che abbia per oggetto la necessità o l’opportunità di sostituire il servizio offerto sul mercato con quello degli enti locali assuntori, mentre la motivazione richiesta dall’art. 14 del D. Lgs. n. 201/2022 attiene alla scelta tra un singolo operatore od un numero limitato di operatori.