Consiglio di Stato/TAR

Abuso edilizio e verbale di accertamento

Tar Sicilia, Catania, sez. II, 10 ottobre 2023, n. 2947

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Onere motivazionale attenuato – Verbale e atto di accertamento – Natura giuridica

Il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino.

Il verbale di accertamento redatto dai Vigili urbani ha efficacia meramente dichiarativa delle operazioni effettuate durante l’accesso ai luoghi, ed è un mero atto endoprocedimentale della P.A., privo di efficacia esterna, di per sé inidoneo a ledere situazioni giuridiche, fino a che non venga emanata la determinazione finale della P.A e come tale non impugnabile. Da questo deve essere distinto il formale atto di accertamento adottato dalla competente autorità amministrativa, ai sensi dell’art.31, comma 4, D.P.R. n. 380 del 2001, il quale, facendo propri gli esiti del mero verbale, sancisce l’effetto acquisitivo e costituisce, previa notifica all’interessato, titolo per l’immissione in possesso del bene e per la trascrizione nei RR.II. In particolare, solo quest’ultimo costituisce un provvedimento concretamente ed attualmente lesivo e quindi giustiziabile.

Opere abusive e acquisizione al patrimonio comunale

Tar Campania, Napoli, sez. VII, 9 ottobre 2023, n. 5497

Abuso edilizio – Acquisizione gratuita al patrimonio comunale – Onere motivazionale – Pertinenza

L’acquisizione al patrimonio comunale dell’area di sedime delle opere abusive costituisce effetto legale tipico dell’inottemperanza all’ordine di demolizione, e non necessita dunque di una motivazione specifica, diversa dalla mera constatazione dell’abuso; diversamente, la determinazione di acquisire anche un’area ulteriore deve recare con sé una motivazione congrua in ordine alle modalità di delimitazione della stessa nel caso concreto, con specifico riferimento al parametro – normativamente stabilito – della c.d. pertinenza urbanistica, da determinarsi tenendo conto di quanto previsto dalle disposizioni urbanistiche vigenti in quella determinata porzione di territorio comunale, che occorrerebbe – a tale stregua – per la realizzazione di opere analoghe a quelle abusive.

Abusi in aree sottoposte a vincoli

Consiglio di Stato, sez. VII, 9 ottobre 2023, n. 8805

Abuso edilizio – Vincoli paesaggistici – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Comunicazione avvio procedimento

Ai sensi dell’articolo 27 del d.P.R. n. 380/2001, in relazione a interventi realizzati in area paesaggisticamente vincolata, è doverosa la demolizione d’ufficio di tutti gli interventi realizzati sine titulo e non solamente di quelli che avrebbero richiesto il previo rilascio di un permesso di costruire.

Ai fini dell’adozione delle ordinanze di demolizione, non è necessario l’invio della comunicazione di avvio del procedimento, non potendosi in ogni caso pervenire all’annullamento dell’atto, alla stregua dell’articolo 21-octies della legge n 241 del 1990.

Concorsi e presentazione tardiva dei titoli

Consiglio di Stato, sez. V, 11 ottobre 2023, n. 8864

Procedure concorsuali – Graduatoria definitiva – Presentazione titoli dopo la conclusione delle prove concorsuali

In tema di procedure concorsuali per l’assunzione di pubblici dipendenti, l’amministrazione non può valutare titoli che, seppure sussistenti, non siano stati dichiarati nella domanda di partecipazione ad un pubblico concorso (Consiglio di Stato, Sez. IV, 23 dicembre 2019, n. 6935; Id., 19 febbraio 2019, n. 1148; Sez. III, 4 gennaio 2019, n. 96).

La soluzione si impone non solo sulla base del tenore letterale dell’art. 16, comma 1, del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 (secondo cui l’amministrazione procedente valuta i titoli preferenziali o i titoli di riserva nella nomina quando questi siano stati «già indicati nella domanda» di ammissione al concorso), ma anche per il convergere di ulteriori considerazioni; è stato sottolineato, infatti, che l’indicazione dei titoli in un momento successivo alla presentazione della domanda, e quindi quando il termine di presentazione sia scaduto, implicherebbe non tanto una regolarizzazione quanto un’integrazione della domanda di partecipazione, non consentita in materia di procedure concorsuali in ragione della perentorietà dei termini e del necessario rispetto del principio della par condicio dei candidati.

Specialità “siciliana” in materia di cessazione della carica di Sindaco

Tar Sicilia, Catania, sez. III, 10 ottobre 2023, n. 2966

Regione Siciliana – L.R. 35/1997 – Cessazione carica di Sindaco e mancato scioglimento del Consiglio comunale – Legittimità  

L’art. 11 della L.R. 35/1997 prevede in Sicilia una regola – diversa rispetto a quella valevole nel resto del Paese – secondo la quale “La cessazione dalla carica di sindaco per decadenza, dimissioni, rimozione, morte o impedimento permanente comporta la cessazione dalla carica della rispettiva giunta, ma non del rispettivo consiglio, che rimane in carica fino a nuove elezioni da effettuare nel primo turno elettorale utile.”

L’architettura istituzionale disegnata nel Testo unico degli enti locali prevede (agli artt. 37 e 46) che il Consiglio comunale sia formato dai consiglieri comunali e dal Sindaco, che ne è membro di diritto. Diversamente, in Sicilia, il Sindaco non fa parte del Consiglio comunale, e ciò per scelta del legislatore regionale adottata in applicazione dello Statuto autonomistico approvato con R.D.L. n. 455/1946. Tale diversità di struttura fra gli enti locali siciliani e quelli aventi sede nel resto del territorio giustifica l’esistenza della disposizione di legge oggetto di censura e, cioè, l’art. 11 della L.R. 35/1997. In altri termini, la deroga rispetto al principio simul stabunt, simul cadent vigente in ambito nazionale trova giustificazione nel fatto che il Sindaco non è componente del Consiglio comunale, e che di conseguenza le sue dimissioni non determinano automaticamente la decadenza dell’intera assemblea cittadina.

Lavoro pubblico e danno da mancata assunzione

Consiglio di Stato, sez. V, 3 ottobre 2023, n. 8633

Enti locali – Lavoro pubblico – Incarico ragioniere comunale – Mancata assunzione – Danno

In caso di mancata assunzione, non può essere accordata al danneggiato l’intera somma dei compensi spettanti nel periodo di mancata assunzione. Ciò si tradurrebbe infatti in un vantaggio eccessivo per il danneggiato che, nel frattempo, avrebbe potuto e dovuto concentrare i propri sforzi verso ulteriori occasioni lavorative.

In generale, deve ricordarsi che il danno per mancata o tardiva assunzione, derivante da una fattispecie di responsabilità extracontrattuale, non può necessariamente ed automaticamente comportare una vera e propria “restitutio in integrum” (che può rilevare soltanto sotto il profilo della responsabilità contrattuale), occorrendo invece, caso per caso, individuare l’entità dei pregiudizi di tipo patrimoniale e non patrimoniale che trovino causa nella condotta illecita del datore (mancato) di lavoro alla stregua dell’art. 1223, cod. civ.

Pubblica amministrazione e reponsabilità da atto illegittimo

Consiglio di Stato, sez. V, 12 settembre 2023, n. 8294

Contratti pubblici – Appalti – Enti locali – Revoca – Responsabilità da atto illegittimo – Natura aquiliana – Danno risarcibile In termini generali, deve osservarsi che la responsabilità da atto illegittimo va inquadrata nell’ambito della responsabilità aquiliana. Infatti, l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato ha anche di recente chiarito che la responsabilità in cui incorre l’Amministrazione per l’esercizio delle funzioni pubbliche è inquadrabile nella responsabilità da fatto illecito. Ciò posto, gli elementi costitutivi della responsabilità della pubblica amministrazione sono, sotto il profilo oggettivo, il nesso di causalità materiale e il danno ingiusto, inteso come lesione alla posizione di interesse legittimo; sul piano delle conseguenze, il fatto lesivo deve essere collegato, con un nesso di causalità giuridica o funzionale, con i pregiudizi patrimoniali o non patrimoniali lamentati; occorre allora verificare la sussistenza dei presupposti di carattere oggettivo (ingiustizia del danno, nesso causale, prova del pregiudizio subito), e successivamente quelli di carattere soggettivo (dolo o colpa della p.a.); con riferimento alla ingiustizia del danno, deve rilevarsi, altresì, che presupposto essenziale della responsabilità è l’evento dannoso che ingiustamente lede una situazione soggettiva protetta dall’ordinamento e, affinché la lesione possa considerarsi ingiusta, la lesione dell’interesse legittimo è condizione necessaria – anche se non sufficiente – per accedere alla tutela risarcitoria; occorre quindi anche verificare che risulti leso, per effetto dell’attività illegittima (e colpevole dell’amministrazione pubblica), l’interesse materiale al quale il soggetto aspira; ovvero il risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa non può prescindere dalla spettanza di un bene della vita, atteso che è soltanto la lesione di quest’ultimo che qualifica in termini di ingiustizia il danno derivante dal provvedimento illegittimo. Tale orientamento giurisprudenziale, applicabile in termini generali alla responsabilità aquiliana da riconnettersi all’adozione di un atto illegittimo, va poi coordinato con la giurisprudenza specifica relativa al risarcimento del danno da mancata aggiudicazione e da mancata stipula del contratto a seguito dell’annullamento dell’atto di revoca dell’aggiudicazione.

Interdittiva antimafia e tentativi di infiltrazione

Consiglio di Stato, sez. III, 2 ottobre 2023, n. 8606

Contratti pubblici – Appalti – Enti locali – Codice antimafia – Interdittiva – Tentativi di infiltrazione – Intervento interdittivo – Soglia

L’art. 84, comma 3, d.lvo n. 159/2011, nel definire l’ancoraggio della misura interdittiva ai “tentativi di infiltrazione mafiosa”, destituisce di fondamento ogni pretesa ricostruttiva incentrata sulla necessità di riscontrare, ai fini della sua legittima adozione, una situazione di infiltrazione o condizionamento in atto. La disposizione citata, anticipando la soglia dell’intervento interdittivo ai meri “tentativi di infiltrazione” dell’impresa da parte della criminalità organizzata, si prefigge quindi di apprestare una barriera difensiva (all’ingerenza della mafia nelle attività contrattuali della P.A. o comunque soggette al suo potere di concessione e autorizzazione) invalicabile non solo dalle imprese soggette all’attuale influenza condizionante delle cosche, ma anche di quelle che, sulla base di elementi concretamente significativi, siano esposte al pericolo di condizionamento da parte delle stesse. Tale forma di anticipazione, tipica della tutela amministrativa del contesto economico rispetto al potere inquinante della mafia, nel marcare la differenza del relativo assetto preventivo rispetto al sistema sanzionatorio penale, si presenta affatto ragionevole, in quanto l’effetto inibitorio conseguente all’esercizio del potere interdittivo non ha carattere assoluto, ma circoscritto a determinati settori di attività economica: quelli, come si è detto, in cui è maggiormente avvertita, in ragione del coinvolgimento diretto di interessi pubblici, l’esigenza di limitarne l’accesso a soggetti immuni da qualsiasi forma – anche solo tentata o presunta – di ingerenza mafiosa.

In house e divieto di proroga o rinnovo dei contratti

Tar Puglia, Bari, sez. I, 19 giugno 2023, n. 924

Servizi pubblici – In house providing – Rinnovo contratti scaduti – Proroga – Divieto

L’eliminazione della possibilità di procedere al rinnovo dei contratti scaduti ha valenza generale e portata preclusiva di opzioni ermeneutiche ed applicative di altre disposizioni dell’ordinamento che si risolvono, di fatto, nell’elusione del divieto della rinnovazione dei contratti pubblici. Pertanto, non solo l’intervento normativo di cui all’art. 23 della legge n. 62 del 2005, ma anche ogni altra disposizione dell’ordinamento che dovesse consentire, in deroga alle procedure ordinarie di affidamento degli appalti pubblici, l’affidamento senza gara degli stessi servizi per ulteriori periodi, deve essere considerato alla stregua del vincolante criterio che vieta, in modo imperativo ed inderogabile, il rinnovo del contratto.

L’ampia portata del principio del divieto di rinnovo dei contratti pubblici scaduti, seppur previsto dalla legge con espresso riferimento agli appalti di lavori, servizi e forniture (art. 23 co. 2 della L. 62/2005), si estende anche al settore delle concessioni dei beni pubblici, in quanto esso deriva dall’applicazione della regola, di matrice comunitaria, per cui i beni pubblici contendibili non devono poter essere sottratti per un tempo eccessivo e senza gara al mercato e, quindi, alla possibilità degli operatori economici di ottenerne l’affidamento. L’eventuale proroga di un affidamento diretto deve intervenire prima della scadenza e fare seguito ad un’intesa tra le parti che, senza incidere sull’oggetto del provvedimento autorizzatorio, abbia di mira il semplice spostamento in avanti del termine (non scaduto) di efficacia dell’originario provvedimento autorizzatorio, per una sola volta e limitatamente al periodo necessario per l’indizione e la conclusione della necessaria procedura ad evidenza pubblica. Con riferimento alla proroga, infatti, vale il principio di continuità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.) nei soli limitati ed eccezionali casi in cui, per ragioni obiettivamente non dipendenti dall’Amministrazione, vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio pubblico, nelle more del reperimento di un nuovo contraente.