Procedimenti e regimi amministrativi

Varianti al PRG e termini di conclusione del procedimento

Consiglio di Stato, sez. IV, 24 febbraio 2025, n. 1563

Pianificazione urbanistica – Procedimento di approvazione di varianti al PRG – Termine di conclusione del procedimento – Non applicabilità – Principi di efficacia e non aggravamento – Danno ingiusto

Non trova applicazione il termine di cui all’art. 2, comma 2, legge n. 241 del 1990, in presenza di un procedimento amministrativo di approvazione di un programma di interventi in variante al PRG, connotato da intrinseca complessità, da discrezionalità particolarmente ampia e, conseguentemente, da scansioni temporali di istruttoria, approfondimento e delibazione necessariamente diverse e più ampie rispetto a quelle proprie di una domanda dal contenuto semplice. La non applicabilità della norma de qua non esclude il carattere comunque doveroso dell’azione amministrativa, che deve essere portata a conclusione; il necessario rispetto (verificabile in sede giurisdizionale sub specie di vizio di violazione di legge) dei principi di efficacia e non aggravamento, che si traduce nell’effettiva funzionalizzazione degli adempimenti procedimentali all’utile conseguimento del risultato finale; una sorta di licenza per l’amministrazione, comunque soggetta al dovere di correttezza, lealtà e rispetto dell’affidamento del privato, la cui violazione genera un obbligo risarcitorio.

L’art. 2-bis, comma 1, legge n. 241 del 1990, allorché parla di “danno ingiusto” (“cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”), rimanda alla lesione della situazione giuridica rilevante e al bene della vita sotteso ad essa.

NCC e obbligo di autorimessa

Consiglio di Stato, sez. V, 10 marzo 2025, n. 1957

Circolazione stradale – Servizio di noleggio con conducente (NCC) – Obbligo di autorimessa nel territorio del Comune che rilascia l’autorizzazione – Ratio – Legittimità – Non violazione della libertà di stabilimento

L’obbligo di utilizzare, nell’esercizio del servizio di noleggio con conducente (NCC), esclusivamente una rimessa ubicata all’interno del territorio del comune che rilascia l’autorizzazione, è immediatamente finalizzato a garantire che il servizio stesso, pur potendosi svolgere senza limiti spaziali, cominci e termini presso la medesima rimessa, ovvero entro il territorio comunale. Ciò risponde all’esigenza di assicurare che il detto servizio sia svolto, almeno tendenzialmente, a favore della comunità locale di cui il comune è ente esponenziale. La prescrizione che la rimessa sia ubicata entro il territorio dell’ente è coessenziale alla natura stessa dell’attività da espletare, diretta principalmente ai cittadini del comune autorizzante cui si vuol garantire un servizio, non di linea, complementare e integrativo rispetto ai trasporti pubblici di linea ferroviari, automobilistici, marittimi, lacuali ed aerei, e che vengono effettuati, a richiesta dei trasportati o del trasportato, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta. La verifica del rispetto del vincolo di territorialità non può prescindere dall’accertamento dell’effettivo utilizzo della rimessa, non essendo a tal fine sufficiente la mera disponibilità (per tale, anche potenzialmente fittizia) della stessa.

Il particolare regime della necessaria territorialità delle licenze del servizio di noleggio con conducente (NCC) non viola le regole di diritto eurounitario, atteso che l’art. 49 del TFUE, che tutela la libertà di stabilimento, è posto a presidio della libera circolazione delle imprese da uno Stato membro all’altro, valore che non è certo posto in discussione dalle disposizioni legislative, le quali si limitano a richiedere, quale requisito oggettivo del servizio, la localizzazione della rimessa in ambito comunale.

Impianti eolici e autorizzazione unica ambientale

Consiglio di Stato, sezione IV, 5 marzo 2025, n. 1877

Realizzazione ed esercizio di un impianto eolico – Autorizzazione unica ambientale – Illegittimità – Onere istruttorio e motivazionale rafforzato

È illegittimo il provvedimento di autorizzazione unica ai sensi dell’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 qualora non siano state esplicitate le ragioni per le quali i pareri contrari della Soprintendenza e dell’unione dei comuni in ordine alla tutela del paesaggio e alla conformità agli strumenti di pianificazione siano stati ritenuti recessivi rispetto ai pareri di altre amministrazioni preposte alla tutela di interessi più settoriali che esprimono le proprie determinazioni da un angolo prospettico meno ampio rispetto alla tipologia di opera.

La previsione contenuta nell’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 secondo cui l’autorizzazione unica alla costruzione ed esercizio di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico, non toglie rilevanza agli oneri di fornire una motivazione adeguata e di effettuare una istruttoria completa nel caso in cui siano state formalizzate, in conferenza di servizi e/o con appositi atti, argomentate obiezioni da parte delle amministrazioni locali, nel senso della non conformità del progetto da autorizzare agli strumenti urbanistici di pianificazione.

CILA e soccorso istruttorio

Consiglio di Stato, sez. II, 25 febbraio 2025, n. 1651

Titolo edilizio – CILA – Declaratoria di irricevibilità/inefficacia – Condizioni – Soccorso istruttorio – Ratio

In relazione ai provvedimenti, variamente adottati dagli enti locali sotto la qualificazione di declaratorie di irricevibilità/inefficacia ovvero archiviazione  o  simili della comunicazione inizio lavori asseverata-CILA (che con il decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222,  è divenuta il titolo general-residuale, necessario per tutti gli interventi edilizi per i quali le norme del testo unico non impongano la SCIA o il permesso di costruire ovvero che non rientrino nell’attività edilizia libera), trovano applicazione, in analogia a quanto previsto relativamente alla SCIA i limiti di tempo e di motivazione declinati nell’art. 19, commi 3, 4, 6-bis e 6-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, in combinato disposto con il richiamo alle “condizioni” di cui all’art. 21-nonies della medesima normativa; conseguentemente tali atti, seppure non espressivi di poteri tipizzati, non sussistendo alcuna previsione normativa che li disciplini, in quanto dotati del carattere di lesività, sono impugnabili innanzi al giudice amministrativo.

Carenze prettamente documentali negli elaborati a corredo della comunicazione d’inizio lavori asseverata (CILA) possono essere ovviate attraverso l’attivazione del generale dovere di soccorso istruttorio, contemplato dall’art. 6 della l. 7 agosto 1990 n. 241, istituto generale del procedimento amministrativo che ha la sua massima applicazione al di fuori dei procedimenti di tipo comparativo; pertanto, laddove non emerga alcuna esigenza di par condicio o necessità di accelerazione della procedura, il soccorso istruttorio può  essere utilizzato come parametro di legittimità dell’azione amministrativa, dovendo tra l’altro l’autorità amministrativa assumere nei confronti del privato una condotta ispirata a buona fede e collaborazione, onde pervenire alla soddisfazione della comune esigenza alla compiuta definizione del procedimento amministrativo, nel rispetto dell’affidamento dei soggetti coinvolti dall’esercizio del potere.

Provvedimento autorizzatorio unico regionale e conferenza di servizi

Consiglio di Stato, sez. IV, 10 febbraio 2025, n. 1071

Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale (P.A.U.R.) – Ratio – Procedimento – Proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area interessata dall’intervento nelle more del rilascio del P.A.U.R. – Principio di “doppia conformità” strumentale

Il procedimento scandito dall’art. 27-bis del decreto legislativo  3 aprile 2006, n. 152 (codice dell’ambiente), ha  ad oggetto il rilascio di tutte le autorizzazioni necessarie non solo alla realizzazione, bensì anche all’esercizio del progetto stesso, configurando pertanto un procedimento “unico” che permette al proponente di ottenere il provvedimento finale che gli consenta, a seguito della sua adozione, di realizzare il progetto e porre in esercizio l’opera senza dover acquisire più alcun ulteriore titolo. Il P.A.U.R. peraltro non comporta un assorbimento dei singoli titoli autorizzatori necessari alla realizzazione dell’opera e non sostituisce i diversi provvedimenti, emessi all’esito dei procedimenti amministrativi, di competenza eventualmente anche regionale, che mantengono la loro autonomia formale, bensì li ricomprende nella determinazione che conclude la conferenza di servizi.

La circostanza che sia conclusa la conferenza di servizi ex art. 27-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (codice dell’ambiente), con il rilascio della V.I.A., non comporta il rilascio del P.A.U.R. Infatti, affinché la conferenza di servizi possa valere come provvedimento autorizzatorio unico regionale, deve concludersi con una determinazione motivata che deve recare in allegato non solo la relazione finale della conferenza di servizi e il provvedimento di V.I.A. ma anche   le autorizzazioni e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l’esercizio del progetto. Pertanto, ove nelle more del rilascio del P.A.U.R., comprensivo dell’A.I.A., sia intervenuta una proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area interessata dall’intervento, devono applicarsi le misure di salvaguardia di cui all’art. 139, comma 2, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (codice dei beni culturali e del paesaggio), con conseguente immodificabilità dell’area oggetto di protezione, ai sensi dell’art. 146, comma 1 del citato decreto legislativo. Pertanto, a decorrere dalla data di adozione della proposta, e fino all’emanazione dell’eventuale decreto, l’amministrazione è obbligata a sospendere ogni determinazione in ordine ai progetti che risultino in contrasto con le relative previsioni, operando immediatamente il principio di “doppia conformità” strumentale, dovendo ogni intervento risultare conforme agli strumenti vigenti e alle previsioni medio tempore adottate.

Impianti di telecomunicazione e siti archeologici

Consiglio di Stato, sez.VI, 3 febbraio 2025, n. 846

Pianificazione urbanistica – Piano di localizzazione di impianti di telecomunicazione – Vicinitas sito archeologico – Sicurezza sanitaria – Onere motivazionale rafforzato

È legittimo il piano di localizzazione di impianti di telecomunicazione che sia adeguatamente motivato con la necessità di consentire la piena fruizione del sito archeologico rispetto alla inevitabile perturbazione derivante dai limiti di sicurezza sanitaria riferiti ai campi elettromagnetici generati dall’impianto ed in ipotesi aumentati dalla collocazione di nuove antenne trasmittenti sul medesimo traliccio.

Impianti a fonti rinnovabili e criteri di localizzazione

Tar Lombardia, Milano, sez. IV, 31 gennaio 2025, n. 351

Installazione di impianti a fonti rinnovabili – Localizzazione – Criteri – Interessi rilevanti

La lett. c-quater dell’art. 20, comma 8, del d.lgs. n. 199 del 2021 – secondo la quale sono idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei beni culturali e paesaggistici, né ricadono nella fascia di rispetto dei predetti beni –  non può che ritenersi quale ipotesi ulteriore e complementare rispetto a quelle già individuate dalle lettere precedenti (ivi compresa la c-ter) e non invece alternativa alle medesime, avendo il legislatore deciso di tutelare anche l’interesse paesaggistico e ambientale, senza tuttavia voler superare del tutto il pregresso assetto.

Impianti di telecomunicazione e silenzio-assenso

Consiglio di Stato, sez. VI, 5 febbraio 2025, n. 898

Installazione di impianti di telecomunicazione – Procedimenti autorizzatori – Normativa applicabile – Silenzio-assenso – Preavviso di rigetto

Nei procedimenti autorizzatori per l’installazione di impianti di telecomunicazione, disciplinati dall’art. 44 del decreto legislativo, n. 259 del 2003, l’art. 10-bis della l. n. 241 del 1990 trova applicazione, essendo necessario che il proponente l’istanza sia reso edotto, in tempo utile, dell’esistenza di eventuali motivi ostativi all’accoglimento e con la precisazione che il preavviso di rigetto non produce effetti sospensivi del termine legalmente tipizzato.

L’art. 44 del decreto legislativo, n. 259 del 2003 prevede, da un lato, che, decorsi novanta giorni dalla data di presentazione della domanda e del relativo progetto, si intende formato il silenzio-assenso se non interviene un provvedimento di diniego, d’altro canto tipizza, quale unica causa di sospensione (e non di interruzione) del suddetto termine, la richiesta di documentazione integrativa, a patto che essa sia inoltrata all’interessato entro quindici giorni dalla ricezione della istanza.

Allorché l’amministrazione comunale intenda evitare la formazione del silenzio-assenso dovrà far pervenire al soggetto istante il preavviso di rigetto in tempo utile perché l’interessato possa presentare, nei successivi dieci giorni, memorie di osservazioni, e poter poi adottare il provvedimento finale di diniego entro il termine di novanta giorni decorrenti dalla presentazione della istanza, termine che di fatto può allungarsi solo ove l’amministrazione abbia richiesto documentazione integrativa ai sensi dell’art. 44, comma 6, del d.lgs. n. 259 del 2003.

Sale da gioco e violazione degli orari di apertura

Consiglio di Stato, sez. V, 4 febbraio 2025, n.  868

Sale da gioco e scommesse – Orari di apertura – Violazione reiterata – Sospensione dell’attività per un tempo ragionevole e adeguato – Legittimità

Pur nella consapevolezza di un precedente contrario (Cons. Stato, V, 7 dicembre 2023, n. 10632), ritiene il Collegio di dover confermare il proprio indirizzo, alla cui stregua il Comune può legittimamente prevedere che, in caso di reiterata violazione della disciplina sindacale sugli orari di apertura delle sale da gioco e di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro, si applichi la misura restrittiva della sospensione dell’attività per un tempo ragionevole e adeguato.

Le restrizioni al gioco d’azzardo lecito

Consiglio di Stato, sez. IV, 10 febbraio 2025, n. 1066

Sale da gioco o scommessa – Localizzazione – Distanze minime – Scuola dell’infanzia e asilo nido – Restrizioni al gioco di azzardo lecito – Legittimità – Interessi protetti

Anche la scuola dell’infanzia è qualificabile come “istituto di istruzione” e non “di mera formazione” anche ai fini del rispetto dell’obbligo della distanza minima dai luoghi in cui sono praticate le attività di gioco e scommessa e comunque anche il nido rientra nel “complesso dei servizi all’infanzia” (si vedano gli “Orientamenti nazionali per servizi educativi per l’infanzia” adottati con decreto ministeriale 24 febbraio 2022, n. 43), nell’ambito del Sistema integrato di educazione e di istruzione per le bambine e i bambini in età compresa dalla nascita fino ai sei anni (cfr. art. 1 del d. lgs. 13 aprile 2017, n. 65).

La giurisprudenza della Corte di giustizia consente agli Stati membri di adottare restrizioni al gioco d’azzardo lecito giustificate da ragioni imperative di interesse generale, quali la tutela dei consumatori e la prevenzione della frode e dell’incitamento dei cittadini ad una spesa eccessiva legata al gioco (per tutte cfr. Corte di giustizia UE 22 ottobre 2014 C-344/13 e C-367/13 e 30 giugno 2011 C-¬212/08).