Procedimenti e regimi amministrativi

Elezioni e attribuzione seggi di minoranza

Tar Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 24 ottobre 2024, n. 744

Elezioni amministrative – Riparto dei seggi – Modalità – Coalizioni tra gruppi

Nel riparto dei seggi di minoranza deve aversi riguardo ai risultati complessivamente ottenuti da tutte le liste collegate col medesimo candidato alla carica di Sindaco, salva, poi, la successiva ripartizione tra le singole liste dei seggi complessivamente assegnati.

Poiché nell’attribuzione dei seggi sia alla maggioranza che alla minoranza il legislatore ha sancito che si debba aver riguardo non solo ai voti conseguiti dalle liste singole, ma anche a quelli conseguiti dai raggruppamenti delle liste, non solo nel primo turno elettorale, ma anche nel successivo turno del ballottaggio, è evidente che per la specifica rilevanza che la legge ha inteso assegnare alle coalizioni tra gruppi, sarebbe contraddittorio se ad esse coalizioni non fosse data rilevanza alcuna nella decisiva fase di riparto dei seggi a seguito di ballottaggio.

AIA e prerogative sindacali

Tar Lazio, Roma, sez. I quater, 7 ottobre 2024, n. 17214

AIA – Competenze sindacali – Procedimento – Conferenza di servizi – Dissenso – Onere motivazionale

Con specifico riferimento all’AIA, l’art.29 quater, comma 6, d.lgs. n. 152/2006 prevede che il Sindaco partecipi alla Conferenza di servizi di cui al precedente comma 5 per rendere «le prescrizioni […] di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265», ossia in materia di salubrità dei luoghi interessati da attività industriale astrattamente idonei a ricadere tra i c.d. interessi sensibili.

Riguardo al procedimento AIA, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini cui è riservata l’opposizione in sede di Consiglio dei ministri ai sensi dell’art. 14-quinquies della legge n. 241 del 1990, devono identificarsi — anche alla luce del combinato disposto degli artt. 14- quinquies e 17, comma 2, della stessa legge n. 241 del 1990 — in quelle amministrazioni alle quali norme speciali attribuiscono una competenza diretta, prevalentemente di natura tecnico-scientifica, e ordinaria ad esprimersi attraverso pareri o atti di assenso comunque denominati a tutela dei suddetti interessi così detti ‘sensibili’, e tale attribuzione non si rinviene, di regola e in linea generale, tra le competenze in campo sanitario demandate al Sindaco e al Comune dal testo unico delle leggi sanitarie di cui al r.d. n. 1265 del 1934.

Pertanto, il predetto art. 29 quater, comma 5 nel richiamare specificamente le “prescrizioni” del sindaco di cui agli art. 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 esclude la possibilità che in sede di Conferenza di servizi, per il rilascio dell’AIA, il sindaco possa esprimersi negando l’attivazione, ciò all’evidente fine di evitare che la decisione della Conferenza possa essere vincolata automaticamente per effetto del dissenso espresso dal sindaco ai sensi dei predetti art. 216 e 217. Ed infatti il richiamo dell’art. 29 quater, comma 5 del d.lgs. n. 152 del 2006 alle “prescrizioni” ex art. 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934 assume la funzione di consentire al sindaco di indicare le “prescrizioni” o al limite di esprimere un dissenso che, tuttavia, al pari degli altri pareri o atti di assenso comunque denominati nell’ambito della Conferenza di servizi, nella specie di tipo decisorio, possono essere superati dalla decisione conclusiva motivata adottata dall’amministrazione procedente (che può anche discostarsi dagli atti di dissenso acquisiti o espressi dalle amministrazioni partecipanti).

Peraltro, il dissenso espresso in sede di Conferenza di servizi ai sensi dell’art. 14 quater della legge n. 241 del 1990 deve rispondere ai principi di cui all’art. 97 della Cost., non potendosi limitare ad una sterile opposizione al progetto, dovendo essere costruttivo e congruamente motivato.

Dehors e poteri comunali

Consiglio di Stato, sez. V, 23 ottobre 2024, n. 8474

Titolo edilizio – Autorizzazione paesaggistica – Realizzazione di strutture tipo “dehors” – Potere regolamentare del Comune – Sicurezza urbana

Il Comune ha il potere, da un lato, di rilasciare i titoli edilizi e paesaggistici per la realizzazione delle strutture tipo dehors su tutto il territorio comunale, dall’altro, di approvare un regolamento di carattere generale che ne disciplini le caratteristiche, al fine di rendere più snello il procedimento autorizzatorio e di conformarle nell’ottica della “sicurezza urbana”, nell’accezione più moderna di miglioramento della vivibilità cittadina.

La locazione turistica breve

Consiglio di Stato, sez. V, 2 ottobre 2024, n. 7913

Locazione turistica breve – Attività ricreativa in forma sistematica – Incompatibilità – Immissioni acustiche – Mutamento di destinazione d’uso da residenziale a turistica – Normativa applicabile

L’uso di un immobile che comporti lo svolgimento in forma sistematica di attività ricreativa ripetuta nel tempo, con immissioni acustiche che superano gli standard normativi, è incompatibile con la locazione turistica breve; tale uso determina un mutamento di destinazione da residenziale a turistico ricettiva della struttura, con conseguente assoggettamento, nella misura in cui può essere fonte di inquinamento acustico, alla legge n. 447 del 26 ottobre 1995.

Consiglieri comunali e diritto d’accesso

Tar Lombardia, Brescia, sez. I, 19 settembre 2024, n. 748

Diritto di accesso – Consiglieri comunali – Onere motivazionale – Ratio

Sui consiglieri comunali non grava alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso. Più in particolare, i consiglieri comunali hanno un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento delle loro funzioni, ciò anche al fine di permettere di valutare – con piena cognizione – la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche nell’ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale.

Il diritto di accesso riconosciuto ai consiglieri comunali è strettamente funzionale all’esercizio delle loro funzioni, alla verifica e al controllo del comportamento degli organi istituzionali decisionali dell’ente locale, ai fini della tutela degli interessi pubblici (piuttosto che di quelli privati e personali) e si configura come peculiare espressione del principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività; di conseguenza: sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio delle funzioni del consigliere comunale.

Diversamente opinando, infatti, la struttura burocratica comunale, da oggetto del controllo riservato al Consiglio, si ergerebbe paradossalmente ad “arbitro” – per di più, senza alcuna investitura democratica – delle forme di esercizio delle potestà pubbliche proprie dell’organo deputato all’individuazione ed al miglior perseguimento dei fini della collettività civica. Ne consegue che sul consigliere comunale non grava, né può gravare, alcun onere di motivare le proprie richieste d’informazione, né gli uffici comunali hanno titolo a richiederle e conoscerle, ancorché l’esercizio del diritto in questione si diriga verso atti e documenti relativi a procedimenti ormai conclusi o risalenti ad epoche remote.

Ordinanze contingibili e urgenti

Tar Liguria, Genova, sez. I, 8 ottobre 2024, n. 647

Ordinanze contingibili e urgenti – Proporzionalità – Temporaneità – Presupposti – Effetti – Manutenzione, gestione e pulizia della sede stradale

L’ordine di ricostruzione di un muro crollato finalizzato a mettere in sicurezza i luoghi costituisce una misura che può essere disposta con ordinanze contingibili e urgenti, che risulta proporzionata al pericolo per la pubblica incolumità e che non contrasta con la natura temporanea dell’efficacia dell’ordinanza contingibile e urgente.

Con riferimento all’uso delle ordinanze contingibili e urgenti, è certamente vero che l’uso di mezzi diversi dagli ordinari strumenti d’intervento è consentito solo per un arco temporale limitato alla situazione contingente e non può protrarsi sine die. Ma il requisito della temporaneità delle prescrizioni non esclude affatto che i rimedi da adottare possano produrre effetti definitivi (come nell’ipotesi classica dell’abbattimento di animali infetti), dipendendo ciò dal tipo di rischio fronteggiato.

Le ordinanze di necessità ed urgenza sono atti a contenuto atipico, espressione di un potere extra ordinem e con capacità di derogare temporaneamente a norme dispositive di legge.

La possibilità di incisione di diritti ed interessi privati con mezzi diversi da quelli tipici indicati dalla legge impone il rigoroso rispetto di precisi presupposti, vale a dire: i) un pericolo imminente ed irreparabile per la pubblica incolumità, non altrimenti fronteggiabile con gli strumenti ordinari apprestati dall’ordinamento (contingibilità); ii) l’impossibilità di differire l’intervento ad altra data, in relazione alla ragionevole previsione di un danno incombente (urgenza); iii) l’indicazione del limite temporale di efficacia; iv) la proporzionalità del provvedimento.

L’obbligo di manutenzione, gestione e pulizia della sede stradale non si estende alle aree estranee ad essa e circostanti; grava, infatti, sui proprietari delle ripe dei fondi laterali alle strade l’obbligo di mantenerle in modo da impedire e prevenire situazioni di pericolo connesse a franamenti o scoscendimenti del terreno, o la caduta di massi o altro materiale sulla strada, dove per ripe devono intendersi le zone immediatamente sovrastanti e sottostanti la scarpata del corpo stradale.

L’art. 30, comma 2, del Codice della strada stabilisce che “Salvi i provvedimenti che nei casi contingibili ed urgenti possono essere adottati dal sindaco a tutela della pubblica incolumità, il prefetto sentito l’ente proprietario o concessionario, può ordinare la demolizione o il consolidamento a spese dello stesso proprietario dei fabbricati e dei muri che minacciano rovina se il proprietario, nonostante la diffida, non abbia provveduto a compiere le opere necessarie”. Dalla piana esegesi della norma discende che il Sindaco ha sempre la possibilità di adottare i provvedimenti contingibili e urgenti a tutela della pubblica incolumità, anche ordinando ai proprietari dei fondi latistanti di effettuare gli interventi su muri fronteggianti la strada.

Concorsi pubblici e graduatorie di altri enti

Tar Molise, Campobasso, sez. I, 14 ottobre 2024, n. 315

Concorsi pubblici – Graduatorie di altri enti – Utilizzabilità

È illegittima la scelta di non attingere, per la copertura di posizioni aperte a tempo indeterminato, a graduatorie concorsuali di altri Enti relative a posizioni part-time, se tali determinazioni amministrative non rinvengono, a monte, una copertura normativa in previsioni regolamentari corrispondenti. Ove, invece, venga ex ante esclusa, per la copertura di posti a tempo pieno, l’utilizzabilità delle graduatorie relative a concorsi banditi a tempo part-time, è ammesso vincolare l’azione amministrativa successiva.

Società pubbliche e diritto di accesso dei consiglieri comunali

Tar Toscana, Firenze, sez. I, 10 ottobre 2024, n. 1143

Diritto di accesso del consigliere comunale ex art. 43 TUEL – Ratio – Utilità – Onere motivazionale – Limiti – Diritto di accesso degli enti dipendenti dall’Ente locale ex art. 37 TUEL – Società partecipate – Dipendenza – Condizioni – Controllo analogo – Società a controllo pubblico – Influenza dominante

La ratio della norma che disciplina il peculiare diritto di accesso, ex art. 43 TUEL, riposa nel principio democratico correlato al riconoscimento delle autonomie locali (cfr. art. 114 Cost.) e della rappresentanza politica spettante ai componenti degli organi elettivi.

Tale diritto risulta direttamente funzionale non tanto all’interesse del consigliere comunale in quanto tale, ma alla cura dell’interesse pubblico connessa al munus e al mandato conferito, in quanto preordinato al controllo dell’attività e dei comportamenti degli organi decisionali dell’ente. Per tale ragione, il riferimento normativo alla “utilità” della pretesa ostensiva non va acquisito nel senso restrittivo della stretta connessione con l’attività espletata (o da espletare) nell’esercizio dell’attività di componente del Consiglio, ma in quello, lato, della strumentalità rispetto alla valutazione degli interessi pubblici, anche in funzione di generico controllo: l’esercizio del diritto non è soggetto ad alcun onere motivazionale, che – del resto – si risolverebbe, con inversione funzionale, in una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio del mandato politico. Gli unici limiti si rinvengono, per tal via, nel principio di strumentalità, inerenza e proporzionalità, nel senso che l’esercizio del diritto deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici e non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche, ovvero meramente emulative o di disturbo, che si traducano in un sindacato generale, indifferenziato e non circostanziato sull’attività amministrativa, fermo restando che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto, al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto medesimo. Alla luce di quanto sopra, deve essere interpretato il secondo comma dell’art. 37 del TUEL, individuando, in questa prospettiva, la ragione della positiva estensione dell’accesso nei confronti delle “aziende” e, più in generale, degli “enti dipendenti” dall’ente locale, che ne sono, pur nella formale distinzione soggettiva, mere articolazioni funzionali, con rilevanza infraorganizzativa. Tuttavia, il diffondersi del fenomeno della costituzione di società partecipate dall’ente locale, che ha trovato la propria disciplina generale nel d. lgs. n. 175 del 2016, ha stimolato – tenendo conto delle diverse forme e grado di partecipazione pubblica (totalitaria, maggioritaria o solo minoritaria) al capitale sociale e, di conseguenza, della diversa misura di influenza delle scelte operate dal decisore pubblico sull’attività societaria – un’interpretazione più ampia del concetto di “dipendenza”, che, deve ritenersi circoscritto alle situazioni in cui il soggetto, indipendentemente dalla sua natura e dalle forme della sua organizzazione, ricada sotto il “dominio” dell’ente locale, che vi partecipa ai fini della migliore valorizzazione, anche strumentale, degli interessi pubblici. Tale situazione di “dipendenza” va senza dubbio riconosciuta nel caso di società in house, in diretto collegamento al requisito del “controllo analogo”, che realizza una equipollenza rispetto alle funzioni esercitate a mezzo degli uffici interni: in tal caso, la relazione di “dipendenza” si specifica e connota in termini di “influenza determinante” in ordine agli “obiettivi strategici” ed alle “decisioni significative” assunte dalla società controllata. Situazione analoga, anche se meno intensa, si presenta nel caso delle società “a controllo pubblico”, per le quali la relazione di “controllo” (che l’art. 2, comma 1 lett. b) del d.lgs. n. 175 del 2016 individua con richiamo alla ordinaria disciplina civilistica, di cui all’art. 2359 c.c.) si specifica nel senso: a) della partecipazione in forma maggioritaria al capitale sociale, idonea ad instaurare, di diritto, un dominio delle decisioni assembleari (art. 2359, comma 1, n. 1); b) della possibilità – attribuita “da norme di legge o statutarie o di patti parasociali” – di condizionare, con il proprio necessario assenso, “le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale” (cfr. art. 2, comma 1, lett. b), secondo alinea d.lgs. n. 175 del 2016): situazione sovrapponibile a quella di una “influenza dominante”, prefigurata, sotto la specie del c.d. controllo interno di fatto, dall’art. 2359, comma 1, n. 2 c.c.

Le relazioni di “influenza determinante” (propria della situazione di “controllo analogo” della partecipazione in house) e di “influenza [semplicemente] dominante” (propria della situazione di “controllo”, di diritto o di fatto) marcano, alla luce della più volte evidenziata logica del riconoscimento del potere di accesso ai consiglieri comunali (o provinciali), il limite normativo della “dipendenza”, al di sotto del quale il rilievo qualificato del munus pubblico diviene, ai fini in questione, recessivo, di tal che le esigenze conoscitive ed ostensive refluiscono, secondo i relativi presupposti e con i relativi limiti, negli strumenti strettamente civilistici (inerenti alle forme di controllo consentite al socio in quanto tale) o pubblicistici (accesso ordinario).

L’art. 43 TUEL non può trovare applicazione nel caso di società a partecipazione pubblica minoritaria, per le quali il soggetto pubblico non ha poteri di influenza qualificata, sicché non sussiste, nei rapporti con la società, una relazione di “dipendenza”, nel senso sopra precisato.

Il diritto d’accesso del consigliere comunale, così come previsto dall’art. 43 T.U. 267/2000 può riguardare gli uffici comunali, le aziende speciali e le società di gestione di servizi pubblici in cui il Comune abbia partecipazione totalitaria oppure maggioritaria, ma non può investire attività di altri soggetti o enti, soprattutto di natura privata.

Per potersi ritenere sussistente una situazione di dipendenza, rispetto all’ente partecipante (declinata in termini funzionali e non strutturali) debbono sussistere due condizioni strettamente correlate l’una all’altra: a) anzitutto, si deve trattare di una influenza effettiva in grado di incidere sulle decisioni fondamentali dell’assemblea (arg. ex art. 2, comma 1, lett. b) d. lgs. cit., che richiama le decisioni (finanziarie o gestionali) “strategiche”; b) inoltre, deve aversi riguardo ad assetto di poteri, sia pure di fatto, stabile e non occasionale, che consenta, cioè, al soggetto partecipante all’assemblea (e, segnatamente, al rappresentante dell’ente pubblico) di disporre con relativa continuità della maggioranza sufficiente per poter ottenere l’approvazione delle principali (e maggiormente significative) deliberazioni assembleari (non essendo, in definitiva, sufficiente una influenza contingente, discontinua, quand’anche “notevole”, di per sé non idonea a strutturare una forma di “controllo”, nel rigoroso senso prescritto: arg. a contrario ex art. 2359, ult. cpv. c.c.

Non sussiste il diritto di accesso del consigliere comunale ai dati di una società a capitale pubblico nel caso di una partecipazione insufficiente a esprimere la relazione di dipendenza.

Il provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR)

Consiglio di Stato, sez. IV, 11 giugno 2024, n. 5241

Provvedimento amministrativo – Conferenza di servizi – Provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) – Natura giuridica – Effetti – Rapporti con VIA e titoli abilitativi

Il provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) di cui all’art. 27-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (codice dell’ambiente) non assorbe i singoli titoli autorizzatori necessari alla realizzazione dell’opera e non sostituisce i diversi provvedimenti emessi all’esito dei procedimenti amministrativi, di competenza eventualmente anche regionale, ma li ricomprende nella determinazione che conclude la conferenza di servizi. Esso include in un unico atto i singoli titoli abilitativi che vengono rilasciati all’interno della conferenza di servizi, non rappresenta un atto sostitutivo, bensì comprensivo delle singole autorizzazioni.

Nel procedimento delineato dall’art. 27-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (codice dell’ambiente), i provvedimenti di valutazione di impatto ambientale e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l’esercizio del progetto mantengono la propria autonomia formale rispetto al provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) che non realizza un effetto sostitutivo pieno e, pertanto, qualora risultino lesivi devono costituire oggetto di espressa impugnazione.

Il SUAP

Consiglio di Stato, sez. IV, 8 ottobre 2024, n. 8086

SUAP – Natura giuridica – Funzioni e funzionamento – Nuovi impianti di smaltimento e recupero di rifiuti – Autorizzazione unica – Conferenza di servizi – Pareri

Lo sportello unico per le attività produttive (SUAP) rappresenta il soggetto pubblico di riferimento territoriale per tutti i procedimenti che abbiano ad oggetto l’esercizio di attività produttive e di prestazione di servizi ed è il punto di accesso per il richiedente in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti tale attività. Esso emette il provvedimento finale dopo aver raccolto gli atti di tutte le amministrazioni e gli enti coinvolti, fungendo in sintesi da unico canale informativo sia verso le amministrazioni che verso i soggetti istanti.

L’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160 non prevede in alcun modo un’esclusione del ruolo del SUAP per l’autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e recupero di rifiuti di cui all’art. 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 per cui, ad eccezione degli ambiti espressamente esclusi dalla disposizione regolamentare, esso svolge il ruolo di autorità procedente del procedimento principale e provvede all’inoltro telematico della documentazione alle altre amministrazioni che intervengono nel procedimento.

Con riferimento al procedimento di autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e recupero di rifiuti di cui all’art. 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 il calcolo delle maggioranze in sede di conferenza di servizi indetta ai sensi del comma 3 va condotto in base al numero di amministrazioni coinvolte e se, in base alle proprie competenze, una medesima amministrazione esprime, attraverso i propri uffici od organi, più pareri all’interno del medesimo procedimento, basta anche un solo parere negativo per determinare in tal senso la volontà di quella amministrazione.