Procedimenti e regimi amministrativi

Procedimento amministrativo e termine di conclusione

Tar Calabria, Catanzaro, sez. I, 16 maggio 2024, n. 772

Procedimento amministrativo – Termine per la conclusione – Obbligo per l’Amministrazione di pronunciarsi

Decorso il termine di legge per la conclusione del procedimento, quand’anche si profili una assenza dei presupposti per l’ottenimento di un provvedimento favorevole all’istante, l’amministrazione non è esonerata dall’obbligo di pronunciarsi con un provvedimento espresso, attesa la sussistenza di tale obbligo, secondo i principi generali, ogniqualvolta, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica ed indipendentemente da una previsione espressa di legge, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle relative determinazioni, le quali, peraltro, non potrebbero neppure essere surrogate da motivazioni espresse soltanto con la costituzione in giudizio a seguito della proposizione dell’actio contra silentium.

Abuso edilizio, ordine di demolizione e inottemperanza

Tar Lazio, Roma, sez. II quater, 3 maggio 2024, n. 8858

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Accertamento dell’inottemperanza – Natura giuridica – Acquisizione gratuita al patrimonio comunale – Effetti giuridici

Il verbale di accertamento dell’inottemperanza ad un ordine di demolizione ha valore endoprocedimentale ed è, come tale, privo di portata lesiva, limitandosi con esso gli agenti della Polizia municipale al compimento di un’attività di mera constatazione che riveste carattere strumentale rispetto all’atto di acquisizione al patrimonio comunale di cui all’art. 31, commi 3 e 4, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

È con il formale atto di acquisizione – adottato, a valle del verbale di accertamento dell’inottemperanza, dal dirigente o comunque dal responsabile del competente ufficio comunale – che viene certificato il passaggio di proprietà del bene al patrimonio pubblico e formato il titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari. Solo a tale provvedimento, e non al verbale, deve dunque essere riconosciuta capacità lesiva dell’interesse del privato.

Permesso in sanatoria e autotutela

Consiglio di Stato, sez. VI, 3 maggio 2024, n. 4060

Abuso edilizio – Permesso in sanatoria – Annullamento in autotutela – Onere motivazionale

È illegittimo l’annullamento in autotutela di un permesso in sanatoria, laddove esso sia privo di una espressa motivazione dalla quale risultino le ragioni di interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione e la posizione di affidamento dei destinatari dell’atto stesso.

Variante urbanistica e oneri di comunicazione

Consiglio di Stato, sez. V, 16 aprile 2024, n. 3456

Pianificazione urbanistica – Variante – Obbligo di notifica

La variante urbanistica, qualora riguardi beni specifici ed incida direttamente su determinati soggetti, ha carattere particolare e la Pubblica amministrazione ha l’obbligo di notificare agli interessati il provvedimento, dalla cui esecuzione decorre il termine di impugnazione dell’atto.

Ordinanza-ingiunzione e diritto di accesso

Tar Lombardia, Milano, sez. V, 26 aprile 2024, n. 1262

Procedimento amministrativo – Ordinanza ingiunzione – Natura giuridica – Documento amministrativo – Nozione – Accesso di terzi – Presupposti e condizioni – Interesse concreto e attuale – Onere probatorio e motivazionale – Vicinitas

In linea generale, non sussiste alcun rapporto di “specialità” tra la L. n. 241/90 e la L. n. 689/81 o il D. Lgs. n. 285/92, né tantomeno questi ultimi contengono norme che limitano o condizionano il diritto di accesso agli atti e ai provvedimenti conclusivi del procedimento sanzionatorio da parte dei terzi.

La L. n. 689/81 non disciplina il diritto di accesso agli atti del procedimento (né lo esclude in capo ai soggetti terzi).

Gli atti di accertamento, contestazione e la stessa ordinanza-ingiunzione disciplinati dalla legge n. 689/81 (artt. 13, 14 e 18) non si sottraggono alla nozione di “documento amministrativo” di cui alla successiva L. n. 241/90. Ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. d) L. n. 241/90, in particolare, è da considerarsi documento amministrativo “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”.

Sul piano generale, deve essere disattesa la prospettazione volta ad escludere dall’accesso dei terzi gli atti dei procedimenti sanzionatori, atteso che non esiste alcuna previsione normativa che ponga un divieto generale all’accesso di terzi ai documenti acquisiti nell’ambito di procedimenti amministrativi sanzionatori e che, anche in relazione a tale tipologia di procedimenti, occorre aver riguardo non già alla relazione dell’istante con il procedimento nel cui ambito la res exhibenda sia stata acquisita dalla pubblica amministrazione, bensì alla relazione esistente tra documento amministrativo e necessità dell’istante di ‘curare’ o ‘difendere’ un proprio interesse giuridico.

In ordine alla posizione dell’autore dell’esposto, secondo un orientamento giurisprudenziale,  la semplice presentazione di una denuncia non fonda, ex se e sempre una situazione giuridicamente tutelata ai sensi dell’art. 22 l. n. 241/1990 legittimante alla richiesta d’accesso, dovendosi verificare se in base ad essa il denunciante risulti allegare un proprio interesse, diretto concreto e attuale giuridicamente rilevante e per la cui tutela sono necessari i documenti richiesti alla pubblica amministrazione. Invero, le concorrenti circostanze di aver avanzato un esposto che ha dato luogo a un procedimento disciplinare, e di aver promosso per i medesimi fatti denunciati in sede disciplinare un giudizio civile, legittimano all’accesso nei confronti degli atti di tale procedimento disciplinare. È da ritenere inconferente, al fine di escludere la legittimazione all’accesso, l’estraneità dell’autore dell’esposto al procedimento disciplinare e la sua conseguente qualità di terzo rispetto al medesimo.

Secondo un diverso orientamento, è riconosciuto il diritto di accesso agli atti di un procedimento al soggetto che, mediante denuncia, esposto, segnalazione, etc., ha provocato l’avvio del procedimento stesso, soprattutto quando dalla denuncia è scaturito un procedimento amministrativo conclusosi con l’adozione di atti sanzionatori.

La circostanza che l’autore dell’esposto sia “estraneo” al procedimento sanzionatorio non significa che non abbia interesse all’accesso al provvedimento conclusivo, dovendo, invece, comprovare in maniera adeguata, anche con gli scritti difensivi depositati nel corso del giudizio, il proprio concreto ed attuale interesse rispetto all’istanza di accesso.

Nel caso dell’accesso agli atti del procedimento ex L. n. 689/81, il problema si sposta sulle condizioni e sui presupposti dell’accesso, essendo noto che (a differenza della disciplina in materia di accesso civico generalizzato) la l. n. 241/1990, agli art. 22 e ss., è rigorosa nello scandire i presupposti ineliminabili che devono imprescindibilmente ricorrere ai fini dell’accesso agli atti: la legittimazione a richiedere l’accesso agli atti amministrativi presuppone la dimostrazione che gli atti oggetto dell’istanza siano in grado di spiegare effetti diretti o indiretti nella sfera giuridica dell’istante; la posizione da tutelare deve risultare comunque collegata ai documenti oggetto della richiesta di accesso; il rapporto di strumentalità appena descritto deve, poi, apparire dalla motivazione enunciata nella richiesta di accesso.

Per ottenere l’accesso ad un documento in possesso dell’amministrazione, è necessario che il richiedente sia titolare di una situazione giuridicamente tutelata ed a questo collegata che, nel caso si tratti di pratiche edilizie di altro soggetto, ben può identificarsi con la proprietà di un immobile confinante con quello interessato dall’intervento, dunque con la vicinitas, nonché abbia un interesse all’ostensione, nei termini della sua strumentalità alla tutela della situazione soggettiva che fonda la legittimazione.

Il requisito della vicinitas attribuisce di per sé un interesse diretto, concreto e attuale a conoscere gli atti e i documenti del procedimento abilitativo delle attività edilizie del confinante, al fine di verificare la legittimità del titolo e la conformità delle opere al medesimo, e parimenti i provvedimenti sanzionatori adottati dall’Amministrazione; detta posizione, in quanto qualificata e differenziata e non meramente emulativa o preordinata ad un controllo generalizzato dell’azione amministrativa, basta, ai sensi dell’art. 22, l. n. 241 del 1990, a legittimare il diritto di accesso alla documentazione amministrativa richiesta.

Accesso ai pareri legali

Tar Sardegna, Cagliari, sez. II, 26 aprile 2024, n. 332

Procedimento amministrativo – Istruttoria – Acquisizione di parere legale – Accesso documentale

Il parere legale richiesto dal Comune in sede istruttoria e al fine di assumere una decisione, in sede amministrativa, è sottoposto all’ordinaria disciplina sull’accesso ai documenti, avendo concretamente inciso sulla decisione in sede amministrativa di un determinato procedimento, quand’anche la suddetta decisione non contenga richiami espressi al parere legale richiesto.

Imputabilità delle ordinanze contingibili e urgenti

Tar Veneto, Venezia, sez. III, 24 aprile 2024, n. 786

Ordinanze contingibili e urgenti – Imputazione giuridica – Presupposti e limiti – Onere motivazionale e istruttorio rafforzato – Esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici

L’imputazione giuridica allo Stato degli effetti delle ordinanze contingibili e urgenti adottate dal Sindaco ha natura meramente formale, in quanto quest’ultimo, pur agendo nella veste di ufficiale di Governo, resta incardinato nel complesso organizzativo dell’ente locale, con la conseguente imputabilità dell’atto al Comune e non allo Stato, al pari della conseguente responsabilità.

L’esercizio legittimo dell’adozione di un’ordinanza contingibile e urgente, trattandosi di manifestazione di un potere residuale e atipico, a rischio di frizione con il principio di legalità dell’azione amministrativa, è condizionato dall’esistenza dei presupposti tassativi, di stretta interpretazione, di pericolo per l’igiene, la sanità o l’incolumità pubblica, pericolo che deve essere peraltro dotato del carattere di eccezionalità tale da rendere indispensabile interventi immediati ed indilazionabili.

La capacità delle ordinanze extra ordinem di derogare a norme legislative vigenti è consentita solo se temporalmente delimitata e comunque nei limiti della concreta situazione di fatto che si tratta di fronteggiare; l’assoluta imprevedibilità della situazione da affrontare non è un presupposto indefettibile per l’adozione delle ordinanze sindacali extra ordinem; l’ordinanza può essere adottata solo ove non sia possibile fronteggiare la situazione con i provvedimenti tipici già previsti dall’ordinamento; la situazione di pericolo deve essere attuale rispetto al momento dell’adozione del provvedimento; le ordinanze contingibili ed urgenti devono essere adeguatamente motivate ed istruite.

Poteri pianificatori e impianti di telecomunicazione

Tar Lombardia, Brescia, sez. II, 9 aprile 2024, n. 293

Pianificazione urbanistica – Localizzazione impianti di telecomunicazione – Discrezionalità – Limitazioni – Competenze dei Comuni – Delocalizzazione e bonifica – Condizioni – Oneri motivazionali – Iniziativa pubblica – Legge regionale Lombardia n. 11 del 2001

L’art. 8 comma 6 della legge 36/2001 attribuisce ai Comuni il potere di disciplinare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti di telecomunicazione e di minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico. È però esclusa la possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio. Inoltre, non è consentito ai Comuni di incidere, anche in via indiretta o mediante ordinanze contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione ai campi elettromagnetici, sui valori di attenzione, e sugli obiettivi di qualità, tutte materie che rimangono riservate allo Stato e costituiscono oggetto delle valutazioni tecniche dell’ARPA.

L’art. 9 comma 1 della legge 36/2001 ha introdotto in via transitoria una procedura di bonifica dei siti caratterizzati da inquinamento elettromagnetico, prevedendo espressamente la delocalizzazione degli impianti di telecomunicazione che all’epoca fossero risultati fuori norma rispetto ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione e agli obiettivi di qualità. La condizione di partenza di un piano di delocalizzazione è una situazione di inquinamento elettromagnetico intesa come superamento non occasionale dei limiti di legge.

La delocalizzazione imposta e non incentivata, e non motivata da esigenze di bonifica elettromagnetica, introduce una forma di divieto generalizzato e retroattivo, che eccede il potere di disciplinare il corretto insediamento degli impianti di telecomunicazione sul territorio.

Le suddette norme vanno coordinate con i principi della pianificazione urbanistica, in base ai quali è legittimo stabilire una soglia massima allo sviluppo di attività economiche insediate in zone del territorio non più adatte ad ospitarle, ma l’amministrazione non può imporre unilateralmente la delocalizzazione. L’obiettivo della liberazione del territorio dalle attività sgradite può essere perseguito solo attraverso strumenti incentivanti. Eccezionalmente, sono ammessi piani di delocalizzazione a iniziativa pubblica, quando sia necessario tutelare superiori interessi pubblici, e in primo luogo il diritto alla salute delle persone.

Un’ipotesi codificata di delocalizzazione imposta è quella del citato art. 9 comma 1 della legge 36/2001, che ha svolto una funzione storicamente rilevante nel garantire il rispetto delle nuove regole sulle emissioni elettromagnetiche. Lo stesso meccanismo è replicabile, in base ai principi della materia e anche ai sensi della normativa regionale (v. art. 9 comma 4 della LR 11 maggio 2001 n. 11), quando siano accertate situazioni di inquinamento elettromagnetico sopravvenute, o sfuggite ai controlli precedenti. Per accelerare lo spostamento degli impianti, è possibile abbinare l’ordine di trasferimento a incentivi o accordi sostitutivi, eventualmente con forme agevolate di ospitalità all’interno dei siti di proprietà pubblica.

Termini perentori e acceleratori

Consiglio di Stato, sez. V, 19 aprile 2024, n. 3569

Procedimento amministrativo – Termini perentori e ordinatori – Funzione pubblica – Requisiti – Principi dell’azione amministrativa – Potere di revoca sanzionatoria

Costituisce principio generale del diritto, di cui le previsioni dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990 rappresentano ulteriore conferma a livello di normazione primaria, quello per cui i termini del procedimento amministrativo devono essere considerati ordinatori, ove non siano dichiarati espressamente perentori dalla legge. In siffatta direzione, il rispetto del termine di conclusione del procedimento resta ancorato all’area degli “obblighi di comportamento” senza essere trascinato “sul terreno del giudizio di validità dell’atto”.

In assenza di una specifica disposizione che espressamente preveda il termine come perentorio, comminando la perdita della possibilità di azione da parte dell’Amministrazione al suo spirare o la specifica sanzione della decadenza, il termine stesso deve intendersi come meramente sollecitatorio o ordinatorio; il suo superamento non determina, perciò, l’illegittimità dell’atto, ma una semplice irregolarità non viziante, poiché non esaurisce il potere dell’Amministrazione di provvedere: se tale conclusione vale con riferimento ad una norma di legge, è tanto più valida laddove il termine finale sia stato previsto dalla stessa Amministrazione procedente. Del resto, risulterebbe palesemente irrazionale una clausola che preveda un termine perentorio a carico della PA, onde disporre la revoca in caso di inadempimento contrattuale del privato, il quale potrebbe in questo modo giovarsi in modo del tutto indebito di una situazione di inefficienza e di inoperatività (di certo non infrequente) della stessa PA.

L’esercizio della funzione pubblica è connotato dai requisiti della doverosità e della continuità, cosicché i termini fissati per il suo svolgimento hanno giocoforza carattere acceleratorio, in funzione del rispetto dei principi di buon andamento (97 Cost.), efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa (art. 1, comma 1, l. n. 241/1990), e non già perentorio. Conseguentemente, la loro scadenza non priva l’amministrazione del dovere di curare l’interesse pubblico, né rende l’atto sopravvenuto di per sé invalido.

A differenza della revoca in autotutela, la revoca sanzionatoria (o decadenza) presuppone la commissione di un illecito da parte del destinatario del provvedimento, o il mancato rispetto di un onere impostogli dalla legge o dalla disciplina del rapporto stesso. In tutti questi casi, il provvedimento accertativo della decadenza costituisce manifestazione di un potere di autotutela vincolato e ad avvio doveroso, e non richiede specifiche valutazioni in ordine all’interesse pubblico alla sua adozione, rientrando nella generale e tipica categoria della revoca sanzionatoria. Pertanto, l’amministrazione non incontra limiti nell’esercizio del potere di decadenza dall’esistenza di posizioni giuridiche consolidate e non è tenuta a fornire alcuna motivazione specifica in punto di pubblico interesse.