Servizi pubblici e società partecipate degli enti locali

Ciclo integrato dei rifiuti e integrazione verticale

Tar Lombardia, Brescia, sez. I, 18 febbraio 2025, n. 140

RSU – Piano di smaltimento – Gestione integrata in senso verticale in unico lotto funzionale – Onere istruttorio e motivazionale rafforzato – Principio di proporzionalità – Salvaguardia della libera concorrenza

Il Comune può, nell’ambito della propria discrezionalità, optare per una gestione dei rifiuti integrata in senso verticale, affidando congiuntamente il servizio a monte di spazzamento, raccolta e traporto, ed il servizio a valle di recupero e smaltimento, anziché prevedere due distinti lotti funzionali, con ciascuna tipologia di servizio. Questa scelta di prevedere un unico lotto funzionale, anziché due distinti, deve essere frutto di un’adeguata istruttoria, deve essere supportata da un’idonea motivazione e deve essere proporzionata agli scopi perseguiti, com’è necessario in ogni caso in cui una stazione appaltante opti per un unico lotto anziché per lotti frazionati. L’onere istruttorio e motivazionale nonché il vincolo derivante dal rispetto dal principio di proporzionalità, sono ancora più stringenti quando la scelta di articolare la gara in un unico lotto abbia ad oggetto il servizio di gestione dei rifiuti, e l’unico lotto accorpa in sé il servizio a monte di spazzamento, raccolta e trasporto, e il servizio a valle di recupero e smaltimento, in un’ottica di gestione integrata verticale, poiché una tale scelta può determinare significativi effetti distorsivi della concorrenza.

I servizi di gondola nella città di Venezia

Tar Veneto, Venezia, sez. II, 17 gennaio 2025, n. 70

Deliberazioni comunali – Albo pretorio – Onere di pubblicazione – Atti assoggettati – Servizio pubblico – Elemento distintivo – Caratteri – Servizio di gondola nella città di Venezia – Equiparazione al servizio “taxi” – Normativa statale e regionale

Ai sensi dell’art. 124 del TUEL, sono testualmente soggette a pubblicazione all’albo pretorio del Comune tutte le deliberazioni dell’ente. Tale disposizione deve essere interpretata nel senso che la pubblicazione all’albo pretorio del Comune è prescritta per tutte le deliberazioni del Comune e della Provincia ed essa riguarda non solo le deliberazioni degli organi di governo (Consiglio e Giunta municipali), ma anche le determinazioni dirigenziali.

L’identificazione giuridica di un’attività come servizio pubblico non richiede, sotto il profilo soggettivo, la natura pubblica del gestore, bensì la sussistenza di una norma che ne preveda l’istituzione obbligatoria o ne rimetta l’organizzazione all’Amministrazione competente. L’elemento distintivo del servizio pubblico risiede, dunque, nelle regole pubbliche che ne disciplinano lo svolgimento e nella doverosità della sua prestazione. In questa prospettiva, l’attività deve presentare un carattere economico e produttivo, generando utilità a favore di una collettività di utenti o, comunque, di terzi beneficiari. Tali utilità possono consistere tanto nella fruizione di servizi indivisibili quanto nella soddisfazione di bisogni individuali.

La normativa di riferimento in materia di “servizio di gondola nella città di Venezia” è costituita dalla l. 15 gennaio 1992, n. 21, c.d. Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea (taxi e noleggio con conducente), e dalla legge regionale della Regione Veneto 30 dicembre 1993, n. 63, la quale, nell’art. 3, comma 2, lett. a), include lo stesso nella nozione di servizio pubblico non di linea di trasporto di persone, equiparandolo al “servizio di taxi”. In particolare, la legge regionale attribuisce al Comune di Venezia il compito di istituire e organizzare il servizio di gondola, delegando ad esso tutte le funzioni amministrative in materia, incluse le procedure per la selezione degli aspiranti al rilascio delle licenze (artt. 22, 23 e 27, l.r. n. 63 del 1993). Tale servizio, per il suo carattere economico e produttivo, e per i benefici che genera a favore di una collettività di utenti, deve essere qualificato come servizio pubblico a tutti gli effetti, al pari del servizio di taxi, indipendentemente dalla natura pubblica o privata del soggetto gestore (ossia del soggetto che, una volta ammesso alla graduatoria, abbia ottenuto la licenza per esercitare l’attività di trasporto). A conferma di ciò, la legge regionale n. 63 del 1993, all’art. 23, stabilisce espressamente che “il servizio pubblico di gondola rientra nei servizi pubblici non di linea di cui alla legge 15 gennaio 1992, n. 21” (comma 1).

Società in house e controllo analogo “congiunto”

Consiglio di Stato, sez. IV, 21 gennaio 2025, n. 416

Servizi pubblici – In house providing – Natura giuridica – Presupposti – Controllo analogo – Controllo analogo congiunto – In house pluripartecipato – Condizioni

In linea con gli artt. 12 della direttiva 2014/24/UE e 5 del codice dei contratti pubblici, affinché il requisito del controllo analogo in caso di società in house pluripartecipata sia soddisfatto, occorre che le Amministrazioni pubbliche in possesso di partecipazioni di minoranza possano comunque esercitare il controllo analogo in modo congiunto e che:

a) gli organi decisionali dell’organismo controllato siano composti da rappresentanti di tutti i soci pubblici partecipanti, ovvero, siano formati tra soggetti che possono rappresentare più o tutti i soci pubblici partecipanti;

b) i soci pubblici siano in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative dell’organismo controllato, secondo le regole generali elaborate con riguardo all’in house providing tradizionale sin dalla sentenza della Corte di Giustizia Teckal (8 novembre 1999, C-107/98);

c) l’organismo controllato non persegua interessi contrari a quelli di tutti i soci pubblici partecipanti.

Dal complesso di tali previsioni emerge in definitiva l’esistenza di rilevanti deroghe ai meccanismi tipici di funzionamento delle società di capitali, tali da assicurare ai soci pubblici, collettivamente considerati, un’influenza determinante e un controllo effettivo sulla gestione dell’ente partecipato, attraverso poteri di condizionamento sull’operato del management in grado di conformare l’azione di quest’ultimo agli interessi pubblici di cui il singolo ente pubblico partecipante è portatore.

Premessa la natura ordinaria e non eccezionale del cosiddetto “in house”, i presupposti necessari ai fini della legittimità dell’affidamento diretto sono: la totale partecipazione pubblica del capitale della società incaricata della gestione del servizio; la realizzazione, da parte della suddetta società, della parte preponderante della propria attività con gli enti controllanti; il controllo analogo sulla società partecipata da parte dei medesimi enti (cosiddetto controllo frammentato o congiunto). A quest’ultimo riguardo, è ammesso il controllo analogo “congiunto”, in cui non si richiede certo che ciascuno degli enti pubblici partecipanti possa esercitare un potere individuale su tale entità, bensì che ciascuna delle autorità stesse partecipi sia al capitale, sia agli organi direttivi dell’entità suddetta.

A proposito nell’in house pluripartecipato le Amministrazioni pubbliche, in possesso di partecipazioni di minoranza, possono esercitare il controllo analogo in modo congiunto con le altre, a condizione che siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a) gli organi decisionali dell’organismo controllato siano composti da rappresentanti di tutti i soci pubblici partecipanti, ovvero siano formati tra soggetti che possono rappresentare più o tutti i soci pubblici partecipanti;

b) i soci pubblici siano in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative dell’organismo controllato;

c) l’organismo controllato non persegua interessi contrari a quelli di tutti i soci pubblici partecipanti.

Società in house pluripartecipata e controllo analogo congiunto

Tar Lazio, Roma, sez. I, 27 dicembre 2024, n. 23479

Servizi pubblici – In house providing – Organismi pluripartecipati – Controllo analogo – Modalità operative

La sussistenza del controllo analogo nel caso degli organismi pluripartecipati deve essere vagliata non in relazione alla posizione del singolo ente, bensì in modo ‘globale e sintetico’ (i.e.: in relazione all’influenza determinante collettivamente esercitata). In base a tale ottica, il controllo deve intendersi assicurato anche se svolto non individualmente, ma congiuntamente dagli enti associati, deliberando anche a maggioranza, ma a condizione che sia effettivo; dovendo tale requisito essere verificato secondo un criterio sintetico e non atomistico, sicché è sufficiente che il controllo della mano pubblica sull’ente affidatario, purché effettivo e reale, sia esercitato dagli enti partecipanti nella loro totalità, senza che necessiti una verifica della posizione di ogni singolo ente.

Autoproduzione, affidamento diretto, azienda speciale e società in house

Tar Lombardia, Milano, sez. IV, 23 dicembre 2024, n. 3768

Servizio pubblico – Azienda speciale – Natura giuridica – Affidamento diretto – Modello dell’in house providing

L’Azienda Speciale rappresenta il modello di gestione del servizio pubblico più vicino alla completa internalizzazione o autoproduzione del servizio stesso. In questo senso, l’azienda speciale è un soggetto in house, al pari della società a partecipazione pubblica c.d. in house, inteso come longa manus dell’amministrazione pubblica per la realizzazione di lavori o opere o per l’espletamento di servizi. L’affidamento del servizio pubblico ad un’azienda speciale configura, pertanto, un c.d. affidamento in house.

Alla medesima conclusione dell’assimilazione sostanziale tra affidamento in house e affidamento ad azienda speciale è pervenuta anche l’ANAC, secondo cui, con riferimento all’applicabilità della disciplina di cui al codice dei contratti (il D.Lgs. n.50/2016 ratione temporis in vigore), “l’affidamento diretto di un servizio all’azienda speciale costituita dall’amministrazione di riferimento, alla luce delle caratteristiche proprie di tale organismo, come sopra illustrate, va ricondotto nello schema dell’affidamento in house (ex art. 5 del d.lgs. 50/2016), quindi soggetto agli oneri motivazionali sanciti dall’art. 192, comma 2 del Codice. Del resto, la possibilità per l’amministrazione aggiudicatrice, di procedere ad affidamento diretto di un servizio ad un proprio ente strumentale, con particolare riguardo all’azienda speciale costituita ai sensi dell’art. 114 d.lgs. 267/2000, è espressamente prevista dal d.lgs. 201/2022 (“Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”)”.

Disabilità, garanzie minime e limiti finanziari

Tar Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 10 dicembre 2024, n. 925

Istruzione pubblica – Alunno minore disabile – Piano educativo individuale – Diritto di accesso all’istruzione – Ore assistenza scolastica – Risorse comunali disponibili – Discrezionalità – Limiti

Le necessità di un alunno con disabilità, così come definite dal piano educativo individuale (PEI), in linea di principio, non vincolano il Comune, il quale è tenuto a garantire l’assistenza “nei limiti delle proprie disponibilità”. Per altro verso, l’esercizio del potere discrezionale di allocazione delle risorse non può ledere il “nucleo indefettibile di garanzie minime” del diritto sociale all’integrazione scolastica, da parametrare in ragione del particolare grado di disabilità dell’interessato. Nel caso di alunni sordi, pertanto, deve ritenersi illegittima, per violazione del diritto costituzionalmente garantito “all’accesso” all’istruzione, la determinazione del Comune che ha ridotto, per mere ragioni finanziarie, le ore di assistenza giornaliera del traduttore LIS previste dal PEI, precludendo al disabile l’accesso effettivo alla formazione scolastica per la durata dell’intero orario settimanale.

Spesa pubblica e libertà di scelta della struttura sanitaria

Tar Lombardia, Milano, sez. V, 21 novembre 22024, n.3291

Servizi sanitari – Strutture socio-sanitarie – Discrezionalità del cittadino – Compartecipazione al costo delle prestazioni sociosanitarie e sociali – Capacità economica dell’assistito – Parametro di valutazione in uso agli Enti locali

Il cittadino può scegliere liberamente la struttura socio-sanitaria cui affidarsi: le amministrazioni preposte alla gestione e alla erogazione dei servizi sanitari e socio-sanitari non possono, con propri provvedimenti, né coartare la decisione dell’assistito, né subordinare la presa in carico all’indicazione di una particolare struttura. Quindi, il Comune non può imporre, per ragioni economiche, la struttura alla persona bisognosa.

Riguardo all’esigenza di individuare un ragionevole punto di equilibrio tra l’interesse al contenimento della spesa pubblica e il principio di libera scelta dell’assistito circa la struttura sanitaria o socio-sanitaria cui affidarsi, il legislatore ha previsto che l’intervento finanziario pubblico sia ammissibile solo con riferimento agli operatori accreditati che abbiano stipulato appositi contratti con le ATS competenti, i quali quindi – oltre a garantire elevati standard qualitativi – sono tenuti ad attenersi al sistema tariffario definito dalla Regione.

L’art. 2-sexies introdotto nel d.l. n. 42/2016 dalla legge di conversione n. 89 del 2016 ha espressamente escluso i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, comprese le carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche in ragione della condizione di disabilità, laddove non rientranti nel reddito complessivo ai fini dell’IRPEF, dalla ridefinizione di “reddito disponibile” imposta dall’art. 5 del d.l. n. 201 del 2011 per la concessione di benefici assistenziali.

L’introduzione dell’ISEE quale parametro per la valutazione della condizione economica dei richiedenti benefici assistenziali è avvenuta, ad opera dell’art. 5 d.l. 201/2011 (seguito dal del d.p.c.m. 159/2013), in attuazione della competenza legislativa statale esclusiva di cui all’art. 117, co. 2, lett. m, Cost. in ordine alla «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale». Pertanto, gli enti locali non possono discostarsi da questo parametro esclusivo o introdurne altri di propria iniziativa, non avendo alcuna autonomia amministrativa o normativa sul punto, a tal fine non potendo addurre neppure esigenze legate ai vincoli di bilancio.

Affidamenti in house e trasporto pubblico

Consiglio di Stato, sez. V, 4 dicembre 2024, n. 9713

Servizi pubblici locali – Ratio e fondamento – Trasporti pubblici di passeggeri per ferrovia e su strada – Aggiudicazione tramite gare pubbliche – Deroghe – Affidamento diretto – Normativa comunitaria e interna – Avviso di preinformazione e avviso di indizione della procedura di affidamento diretto

Originariamente, il settore dei servizi pubblici locali era per la maggior parte appannaggio dei pubblici poteri, attraverso forme di gestione diretta ovvero tramite aziende municipalizzate, e di pochissimi operatori privati. La modifica di tale assetto – a partire dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (“Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59”) – si è pertanto imposta, sia per ragioni di carattere finanziario, avendo il processo di integrazione europea precluso il ripianamento statale del deficit dei bilanci locali, sia per le criticità delle anzidette modalità di gestione, non in grado di rispondere pienamente alle moderne esigenze di sviluppo infrastrutturale.

I servizi di interesse economico generale nel settore dei trasporti pubblici di passeggeri per ferrovia e su strada trovano la loro principale disciplina nel Regolamento (CE) n. 1370/2007 adottato il 23 ottobre 2007 ed entrato in vigore il 3 dicembre 2009 (che abroga i Regolamenti del Consiglio n. 1191/69 e n. 1107/70), da ultimo modificato dal Regolamento 2338/2016 del 14 dicembre 2016.

Detto Regolamento, come regola generale, prevede che le autorità competenti assegnano contratti di servizio pubblico tramite procedure di aggiudicazione degli appalti, idonee a creare le condizioni di un’effettiva concorrenza (art. 5, paragrafo 3).

Deroghe alla procedura di gara sono previste dall’art. 5, paragrafi 2, 4, 5 e 6.

In particolare, l’art. 5 par. 4, prevede che “A meno che sia vietato dalla legislazione nazionale, le autorità competenti hanno facoltà di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico il cui valore annuo medio stimato è inferiore a 1 000 000 EUR, oppure che riguardano la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri inferiore a 300 000 chilometri l’anno.

Qualora un contratto di servizio pubblico sia aggiudicato direttamente a una piccola o media impresa che opera con non più di 23 veicoli, dette soglie possono essere aumentate o a un valore annuo medio stimato inferiore a 2 000 000 EUR oppure, qualora il contratto riguardi la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri, inferiore a 600 000 chilometri l’anno”.

Il legislatore nazionale ha recepito questa possibilità di ricorso all’affidamento diretto, prevedendo all’art. 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (“Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”) che «Al fine di armonizzare il processo di liberalizzazione e di concorrenza nel settore del trasporto pubblico regionale e locale con le norme comunitarie, le autorità competenti all’aggiudicazione di contratti di servizio, anche in deroga alla disciplina di settore, possono avvalersi delle previsioni di cui all’articolo 5, paragrafi 2, 4, 5 e 6 all’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007. Alle società che, in Italia o all’estero, risultino aggiudicatarie di contratti di servizio ai sensi delle previsioni del predetto regolamento (CE) n. 1370/2007 non si applica l’esclusione di cui all’articolo 18, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422».

È poi successivamente intervenuto il decreto legislativo 23 dicembre 2022 n. 201 (“Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”) che all’art. 14 (Inserito nel titolo III) ha previsto, in via generale, quanto alle modalità di gestione del sevizio pubblico locale, ai commi 1/3 che “1.Tenuto conto del principio di autonomia nell’organizzazione dei servizi e dei principi di cui all’articolo 3, l’ente locale e gli altri enti competenti, nelle ipotesi in cui ritengono che il perseguimento dell’interesse pubblico debba essere assicurato affidando il servizio pubblico a un singolo operatore o a un numero limitato di operatori, provvedono all’organizzazione del servizio mediante una delle seguenti modalità di gestione:

a) affidamento a terzi mediante procedura a evidenza pubblica, secondo le modalità previste dal dall’articolo 15, nel rispetto del diritto dell’Unione europea;

b) affidamento a società mista, secondo le modalità previste dall’articolo 16, nel rispetto del diritto dell’Unione europea;

c) affidamento a società in house, nei limiti fissati dal diritto dell’Unione europea, secondo le modalità previste dall’articolo 17;

d) limitatamente ai servizi diversi da quelli a rete, gestione in economia o mediante aziende speciali di cui all’ articolo 114 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000.

2. Ai fini della scelta della modalità di gestione del servizio e della definizione del rapporto contrattuale, l’ente locale e gli altri enti competenti tengono conto delle caratteristiche tecniche ed economiche del servizio da prestare, inclusi i profili relativi alla qualità del servizio e agli investimenti infrastrutturali, della situazione delle finanze pubbliche, dei costi per l’ente locale e per gli utenti, dei risultati prevedibilmente attesi in relazione alle diverse alternative, anche con riferimento a esperienze paragonabili, nonché dei risultati della eventuale gestione precedente del medesimo servizio sotto il profilo degli effetti sulla finanza pubblica, della qualità del servizio offerto, dei costi per l’ente locale e per gli utenti e degli investimenti effettuati. Nella valutazione di cui al presente comma, l’ente locale e gli altri enti competenti tengono altresì conto dei dati e delle informazioni che emergono dalle verifiche periodiche di cui all’articolo 30.

3. Degli esiti della valutazione di cui al comma 2 si dà conto, prima dell’avvio della procedura di affidamento del servizio, in un’apposita relazione nella quale sono evidenziate altresì le ragioni e la sussistenza dei requisiti previsti dal diritto dell’Unione europea per la forma di affidamento prescelta, nonché illustrati gli obblighi di servizio pubblico e le eventuali compensazioni economiche, inclusi i relativi criteri di calcolo, anche al fine di evitare sovracompensazioni”.

Il richiamato art. 15 a sua volta prevede che “Gli enti locali e gli altri enti competenti affidano i servizi di interesse economico generale di livello locale secondo la disciplina in materia di contratti pubblici, favorendo, ove possibile, in relazione alle caratteristiche del servizio da erogare, il ricorso a concessioni di servizi rispetto ad appalti pubblici di servizi, in modo da assicurare l’effettivo trasferimento del rischio operativo in capo all’operatore”.

L’art. 32, precipuamente dedicato al traporto pubblico locale, peraltro prevede, ai commi 1 e 2 che “Fermo restando quanto previsto dal titolo I e dal diritto dell’Unione europea, al settore del trasporto pubblico locale trovano diretta applicazione le disposizioni di cui al titolo III, fatto salvo quanto previsto dai commi 2 e 3, nonché gli articoli 29, 30 e 31.

2. Ai fini della scelta delle modalità di gestione e affidamento del servizio, si tiene anche conto di quelle indicate dalla normativa europea di settore, nei casi e nei limiti dalla stessa previsti, ferma restando l’applicabilità dell’articolo 14, commi 2 e 3 e dell’articolo 17” (il quale prevede l’affidamento in house)”.

Dalla disamina della normativa comunitaria, non emerge un quadro normativo nel quale l’affidamento diretto debba essere preferito alle altre forme di affidamento.

Infatti, se è vero che il considerando n. 23 del Regolamento (CE) 1370/2007prevede che “è opportuno che la gara d’appalto per l’aggiudicazione di contratti di servizio pubblico non sia obbligatoria quando il contratto abbia per oggetto somme o distanze di modesta entità”, detto considerando, nel consigliare (è opportuno) la non obbligatorietà della gara, non dà alcuna indicazione in ordine alla prevalenza della modalità dell’affidamento diretto sulle altre forme di affidamento ed in particolare sulla procedura ad evidenza pubblica.

Peraltro, l’indicazione del considerando n. 23 non è vincolante per il legislatore nazionale, che ben può per contro imporre l’obbligatorietà della gara, senza con ciò violare il diritto eurounitario.

Ciò è confermato claris verbis dall’art. 5 par. 4 del Regolamento, secondo il quale, come innanzi precisato “A meno che sia vietato dalla legislazione nazionale, le autorità competenti hanno facoltà di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico il cui valore annuo medio stimato è inferiore a 1 000 000 EUR oppure che riguardano la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri inferiore a 300 000 chilometri l’anno […]”.

Pertanto occorre porre attenzione alla normativa interna vigente ratione temporis che, in via generale e anche nel settore del trasporto pubblico, assegna rilievo prioritario agli strumenti individuati dall’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 201 del 2022 che al riguardo prevede “1.Tenuto conto del principio di autonomia nell’organizzazione dei servizi e dei principi di cui all’articolo 3, l’ente locale e gli altri enti competenti, nelle ipotesi in cui ritengono che il perseguimento dell’interesse pubblico debba essere assicurato affidando il servizio pubblico a un singolo operatore o a un numero limitato di operatori, provvedono all’organizzazione del servizio mediante una delle seguenti modalità di gestione:

a) affidamento a terzi mediante procedura a evidenza pubblica, secondo le modalità previste dal dall’articolo 15, nel rispetto del diritto dell’Unione europea;

b) affidamento a società mista, secondo le modalità previste dall’articolo 16, nel rispetto del diritto dell’Unione europea;

c) affidamento a società in house, nei limiti fissati dal diritto dell’Unione europea, secondo le modalità previste dall’articolo 17;

d) limitatamente ai servizi diversi da quelli a rete, gestione in economia o mediante aziende speciali di cui all’ articolo 114 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000”.

Premesso che l’avviso di preinformazione non serve ex se ad indagare il mercato, ma solo a rendere conto degli elementi del futuro appalto o della concessione e delle modalità scelte per il relativo affidamento, affinché gli operatori siano resi edotti della caratteristiche dell’affidamento per tempo utile, detto documento non può essere confuso con l’avviso di indizione della procedura di affidamento diretto, con richiesta di manifestazione di interesse, all’esito del quale soltanto gli operatori del settore possono chiedere di essere consultati.

Diritti fondamentali e compensazione finanziaria

Consiglio di Stato, sez. VII, 20 novembre 2024, n. 9323

Servizi pubblici – Servizi sociali – Trasporto gratuito scolastico – Allievi disabili – Diritto fondamentale finanziariamente condizionato – Esclusione per mancato pagamento di tributi locali – Illegittimità

A fronte di un credito vantato dall’avente diritto per l’esercizio di un diritto fondamentale come quello inerente al trasporto scolastico dell’allievo disabile, non è possibile eccepire in compensazione l’esistenza di un debito (nella specie, per mancato pagamento di tributi locali dovuti da un suo familiare) per cause del tutto estranee all’esercizio del diritto medesimo, tenuto conto che uno Stato sociale di diritto deve assicurare le esigenze dei soggetti più bisognosi e, a parità di bisogno, di quelli meno abbienti. Difatti, la teorica dei diritti fondamentali finanziariamente condizionati non può legittimare la mortificazione dei diritti fondamentali senza che la scelta dell’ente e, persino, del legislatore sia sorretta da una valida e superiore causa di giustificazione, attinente alla tutela del bene comune per finalità solidaristiche.

Società pubbliche e diritto di accesso dei consiglieri comunali

Tar Toscana, Firenze, sez. I, 10 ottobre 2024, n. 1143

Diritto di accesso del consigliere comunale ex art. 43 TUEL – Ratio – Utilità – Onere motivazionale – Limiti – Diritto di accesso degli enti dipendenti dall’Ente locale ex art. 37 TUEL – Società partecipate – Dipendenza – Condizioni – Controllo analogo – Società a controllo pubblico – Influenza dominante

La ratio della norma che disciplina il peculiare diritto di accesso, ex art. 43 TUEL, riposa nel principio democratico correlato al riconoscimento delle autonomie locali (cfr. art. 114 Cost.) e della rappresentanza politica spettante ai componenti degli organi elettivi.

Tale diritto risulta direttamente funzionale non tanto all’interesse del consigliere comunale in quanto tale, ma alla cura dell’interesse pubblico connessa al munus e al mandato conferito, in quanto preordinato al controllo dell’attività e dei comportamenti degli organi decisionali dell’ente. Per tale ragione, il riferimento normativo alla “utilità” della pretesa ostensiva non va acquisito nel senso restrittivo della stretta connessione con l’attività espletata (o da espletare) nell’esercizio dell’attività di componente del Consiglio, ma in quello, lato, della strumentalità rispetto alla valutazione degli interessi pubblici, anche in funzione di generico controllo: l’esercizio del diritto non è soggetto ad alcun onere motivazionale, che – del resto – si risolverebbe, con inversione funzionale, in una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio del mandato politico. Gli unici limiti si rinvengono, per tal via, nel principio di strumentalità, inerenza e proporzionalità, nel senso che l’esercizio del diritto deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici e non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche, ovvero meramente emulative o di disturbo, che si traducano in un sindacato generale, indifferenziato e non circostanziato sull’attività amministrativa, fermo restando che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto, al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto medesimo. Alla luce di quanto sopra, deve essere interpretato il secondo comma dell’art. 37 del TUEL, individuando, in questa prospettiva, la ragione della positiva estensione dell’accesso nei confronti delle “aziende” e, più in generale, degli “enti dipendenti” dall’ente locale, che ne sono, pur nella formale distinzione soggettiva, mere articolazioni funzionali, con rilevanza infraorganizzativa. Tuttavia, il diffondersi del fenomeno della costituzione di società partecipate dall’ente locale, che ha trovato la propria disciplina generale nel d. lgs. n. 175 del 2016, ha stimolato – tenendo conto delle diverse forme e grado di partecipazione pubblica (totalitaria, maggioritaria o solo minoritaria) al capitale sociale e, di conseguenza, della diversa misura di influenza delle scelte operate dal decisore pubblico sull’attività societaria – un’interpretazione più ampia del concetto di “dipendenza”, che, deve ritenersi circoscritto alle situazioni in cui il soggetto, indipendentemente dalla sua natura e dalle forme della sua organizzazione, ricada sotto il “dominio” dell’ente locale, che vi partecipa ai fini della migliore valorizzazione, anche strumentale, degli interessi pubblici. Tale situazione di “dipendenza” va senza dubbio riconosciuta nel caso di società in house, in diretto collegamento al requisito del “controllo analogo”, che realizza una equipollenza rispetto alle funzioni esercitate a mezzo degli uffici interni: in tal caso, la relazione di “dipendenza” si specifica e connota in termini di “influenza determinante” in ordine agli “obiettivi strategici” ed alle “decisioni significative” assunte dalla società controllata. Situazione analoga, anche se meno intensa, si presenta nel caso delle società “a controllo pubblico”, per le quali la relazione di “controllo” (che l’art. 2, comma 1 lett. b) del d.lgs. n. 175 del 2016 individua con richiamo alla ordinaria disciplina civilistica, di cui all’art. 2359 c.c.) si specifica nel senso: a) della partecipazione in forma maggioritaria al capitale sociale, idonea ad instaurare, di diritto, un dominio delle decisioni assembleari (art. 2359, comma 1, n. 1); b) della possibilità – attribuita “da norme di legge o statutarie o di patti parasociali” – di condizionare, con il proprio necessario assenso, “le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale” (cfr. art. 2, comma 1, lett. b), secondo alinea d.lgs. n. 175 del 2016): situazione sovrapponibile a quella di una “influenza dominante”, prefigurata, sotto la specie del c.d. controllo interno di fatto, dall’art. 2359, comma 1, n. 2 c.c.

Le relazioni di “influenza determinante” (propria della situazione di “controllo analogo” della partecipazione in house) e di “influenza [semplicemente] dominante” (propria della situazione di “controllo”, di diritto o di fatto) marcano, alla luce della più volte evidenziata logica del riconoscimento del potere di accesso ai consiglieri comunali (o provinciali), il limite normativo della “dipendenza”, al di sotto del quale il rilievo qualificato del munus pubblico diviene, ai fini in questione, recessivo, di tal che le esigenze conoscitive ed ostensive refluiscono, secondo i relativi presupposti e con i relativi limiti, negli strumenti strettamente civilistici (inerenti alle forme di controllo consentite al socio in quanto tale) o pubblicistici (accesso ordinario).

L’art. 43 TUEL non può trovare applicazione nel caso di società a partecipazione pubblica minoritaria, per le quali il soggetto pubblico non ha poteri di influenza qualificata, sicché non sussiste, nei rapporti con la società, una relazione di “dipendenza”, nel senso sopra precisato.

Il diritto d’accesso del consigliere comunale, così come previsto dall’art. 43 T.U. 267/2000 può riguardare gli uffici comunali, le aziende speciali e le società di gestione di servizi pubblici in cui il Comune abbia partecipazione totalitaria oppure maggioritaria, ma non può investire attività di altri soggetti o enti, soprattutto di natura privata.

Per potersi ritenere sussistente una situazione di dipendenza, rispetto all’ente partecipante (declinata in termini funzionali e non strutturali) debbono sussistere due condizioni strettamente correlate l’una all’altra: a) anzitutto, si deve trattare di una influenza effettiva in grado di incidere sulle decisioni fondamentali dell’assemblea (arg. ex art. 2, comma 1, lett. b) d. lgs. cit., che richiama le decisioni (finanziarie o gestionali) “strategiche”; b) inoltre, deve aversi riguardo ad assetto di poteri, sia pure di fatto, stabile e non occasionale, che consenta, cioè, al soggetto partecipante all’assemblea (e, segnatamente, al rappresentante dell’ente pubblico) di disporre con relativa continuità della maggioranza sufficiente per poter ottenere l’approvazione delle principali (e maggiormente significative) deliberazioni assembleari (non essendo, in definitiva, sufficiente una influenza contingente, discontinua, quand’anche “notevole”, di per sé non idonea a strutturare una forma di “controllo”, nel rigoroso senso prescritto: arg. a contrario ex art. 2359, ult. cpv. c.c.

Non sussiste il diritto di accesso del consigliere comunale ai dati di una società a capitale pubblico nel caso di una partecipazione insufficiente a esprimere la relazione di dipendenza.