Servizi pubblici e società partecipate degli enti locali

Servizi a rete, PEF e poteri dell’ente di governo dell’ambito

Consiglio di Stato, sez. IV, 27 maggio 2024, n. 4690

Servizi pubblici – Principio di organizzazione del servizio per ambiti o bacini territoriali ottimali – RSU – Costi di investimento e di esercizio – Ente di governo dell’ambito territoriale ottimale – Meccanismi di governo nella Regione Emilia Romagna

Coerentemente con il principio di organizzazione del servizio per ambiti o bacini territoriali ottimali, l’obbligo di copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio di raccolta dei rifiuti non può essere ipotizzato come la somma dei costi a livello comunale; pertanto appare coerente con l’ordinamento il ruolo dell’ente di governo dell’ambito ottimale che approvi il PEF senza dovere essere condizionato da un accordo puntuale con ciascun Comune appartenente all’ambito, attesa l’eventualità che ciò si tramuti in un potere interdittivo non conciliabile in ordine ai meccanismi di governo dell’ente.

Affidamento gestione farmacia comunale

Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, 27 maggio 2024, n. 115/2024/PASP

Società partecipate – Parere – Controllo ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175 – Servizi di farmacia comunale – Servizi pubblici di rilevanza economica ai sensi del d.lgs. 23 dicembre 2022, n. 201

La Sezione regionale di controllo per la Lombardia, con riferimento all’affidamento in house della gestione della farmacia comunale previo acquisto di una partecipazione in una società pubblica, ha affermato il seguente principio di diritto: sussiste un obbligo di motivazione qualificata sulla scelta del modello di affidamento del servizio della farmacia comunale e di una relazione indipendente circa la convenienza economica e la sostenibilità finanziaria.

Ciò in quanto il servizio farmaceutico, qualificato in termini di servizio pubblico di rilevanza economica, costituisce pubblico servizio, ai sensi dell’art. 33 del d.lgs. n. 80/1998, mentre ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. 201/2022 gli enti locali possono affidare i servizi di interesse economico generale di livello locale a società in house sulla base di una qualificata motivazione. Tale norma prevede che l’ente che affida un servizio in house dia espressamente conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato ai fini di un’efficiente gestione del servizio, illustri i benefici per la collettività della forma di gestione prescelta con riguardo agli investimenti, alla qualità del servizio, ai costi dei servizi per gli utenti, all’impatto sulla finanza pubblica, nonché agli obiettivi di universalità, socialità, tutela dell’ambiente e accessibilità dei servizi, anche in relazione ai risultati conseguiti in eventuali pregresse gestioni in house, tenendo conto dei dati e delle informazioni risultanti dalle verifiche periodiche. L’obbligo di qualificata motivazione di cui parla l’art. 17 citato pur non applicandosi ai contratti sottosoglia, quale quello in discussione, è comunque affermato quale canone generale ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 175/2016. L’art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 201/2022 prevede che degli esiti della valutazione di cui sopra si dia conto, prima dell’avvio della procedura di affidamento del servizio, in un’apposita relazione nella quale sono evidenziate altresì le ragioni e la sussistenza dei requisiti previsti dal diritto dell’Unione europea per la forma di affidamento prescelta, nonché illustrati gli obblighi di servizio pubblico e le eventuali compensazioni economiche, inclusi i relativi criteri di calcolo, anche al fine di evitare sovracompensazioni.

Servizi a rete, affidamenti in house e obblighi di detenzione della partecipazione societaria

Consiglio di Stato, sez. V, 9 maggio 2024, n. 4153

Servizi pubblici – In house providing –  Delibera degli organi societari – Determinazione amministrativa prodromica – Atto meramente confermativo ed atto di conferma – Nozioni – Costituzione di una società pubblica – Oggetto – Aggiudicazione di appalto pubblico da parte di società controllate – Esenzione da applicazione Direttiva UE/2014/24 e normativa interna – Condizioni necessarie – Servizio Idrico Integrato – Affidamento diretto – Ente di governo d’ambito – Obbligo partecipativo dell’ente locale

La volontà del soggetto pubblico che è socio di una società mista (ovvero di una società in house), analogamente a quella di ogni soggetto collettivo socio di una società di capitali, e a differenza di quanto accade per il socio persona fisica, non si forma nel foro interno per essere, poi, esternata mediante dichiarazione e voto in assemblea, ma all’esito di un evidente procedimento amministrativo, il cui atto principale è deliberato dall’organo competente per legge. V’è, dunque, una fase pubblicistica che precede la fase privatistica interna alla società e che si conclude con l’adozione della delibera da parte degli organi societari. Il socio pubblico, infatti, agisce prima come autorità e, poi, come socio: come autorità determina e come socio delibera. La determinazione amministrativa precede ed è prodromica alla delibera societaria, secondo l’usuale schema dell’atto amministrativo prodromico all’adozione di un atto negoziale.

L’atto meramente confermativo differisce dall’atto di conferma: il primo si limita a dichiarare il mero dato dell’esistenza di un precedente provvedimento; il secondo, invece, pur arrivando alle stesse conclusioni ed avendo lo stesso contenuto dell’atto confermato, è pronunciato all’esito di una nuova valutazione degli interessi coinvolti e di una nuova istruttoria. In tale ottica, pertanto, per stabilire se un atto amministrativo sia meramente confermativo (e perciò non impugnabile), o di conferma in senso proprio (e, quindi, autonomamente lesivo e da impugnarsi nei termini), occorre verificare se l’atto successivo sia stato adottato o meno senza una nuova istruttoria e una nuova ponderazione degli interessi.

L’ente locale, ai sensi dell’art. 149-bis, d.lgs. n. 152/2006, è obbligato a partecipare alla società in house alla quale l’Ente di governo d’ambito ha affidato direttamente la gestione del servizio idrico integrato. Tale partecipazione comporta l’applicazione, nei confronti dell’ente pubblico partecipante, dell’art. 3-bis, c. 1-bis, ultimo periodo, d.l. n. 138/2011, senza che lo stesso ente socio possa opporre generici impedimenti finanziari per sottrarsi agli adempimenti richiesti dalla legge. Infatti, l’erogazione di servizi inerenti a un bene primario, quali sono le risorse idriche, non può essere condizionata da esigenze finanziarie del singolo ente locale, il quale deve agire nel rispetto del principio della programmazione, di cui al d.lgs. n. 118/2011, allegato 4/1, trattandosi di spesa ampiamente prevedibile, e del principio stabilito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 275/2016, secondo il quale “E’ la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa applicazione”. Tale principio può applicarsi anche laddove venga in rilievo una parte del SII da erogarsi in qualità di grossista nell’interambito, stante l’impossibilità di assicurazione dello stesso da parte del gestore unico.

Servizio di cremazione e necessità di gara

Consiglio di Stato, sez. V, 22 aprile 2024, n. 3605

Servizi pubblici – Servizio di cremazione – Gestione – Competenza dei Comuni – Affidamento mediante indizione di gara a evidenza pubblica

Nelle leggi di inizio del secolo scorso che hanno disciplinato la cosiddetta municipalizzazione dei servizi pubblici locali (disposta in particolare con la legge 29 marzo 1903, n. 103, legge Giolitti; e poi con il successivo testo unico sull’assunzione diretta dei pubblici servizi dei Comuni, di cui al regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578) non era espressamente contemplato il servizio di cremazione, il quale, tuttavia, era preso in considerazione da altre norme sia di livello legislativo, che regolamentare, essenzialmente a fini di igiene e sanità pubblica. Il problema di qualificazione del servizio – già all’inizio del secolo e anche prima della legislazione sopra richiamata – si presentava non con riferimento alle ipotesi in cui una norma di fonte primaria qualificava espressamente l’attività come servizio pubblico, obbligando altresì i Comuni a procedere alla sua assunzione e al suo concreto svolgimento, ipotesi che non suscitava particolari questioni di qualificazione (se non sotto il profilo della individuazione delle forme giuridiche e organizzative mediante le quali i Comuni dovevano attuare il servizio). La questione si prospettava, invece, soprattutto con riguardo alla facoltà dei Comuni di assumere, fra i loro compiti, anche attività non comprese tra quelle che il legislatore (si pensi all’elenco di cui all’art. 1 della legge Giolitti, riproposto come art. 1 del testo unico del 1925) individuava quali servizi pubblici locali. In ogni caso, veniva sottolineato come si trattava di un elenco a carattere esemplificativo e non tassativo, che consentiva ai Comuni di estendere il catalogo dei servizi pubblici anche ad attività non comprese tra i servizi obbligatori, o tra quelli elencati dal legislatore.

Servizi pubblici locali, affidamento e oneri motivazionali

Tar Sicilia, Catania, sez. V, 30 aprile 2024, n. 1577

Servizi pubblici – Servizio Idrico Integrato – Gestione – Ambiti territoriali ottimali – Normativa statale e della Regione Sicilia – Affidamenti in house di importo superiore alle soglie di rilevanza europea – Onere motivazionale rafforzato

La normativa di settore in materia di Servizio Idrico Integrato, dalla Legge n. 36/1994 (c.d. Legge Galli) fino alle pertinenti disposizioni del d.lgs. n. 152/2006, è interamente incentrata sulla necessità di organizzare la gestione del Servizio Idrico Integrato per ambiti territoriali sovracomunali, con individuazione del soggetto unico incaricato della gestione del servizio in ciascun ambito territoriale individuato.

In Sicilia, in applicazione della l. r. n. 19 del 2015, l’Ente di Governo d’Ambito, di cui al d.l. n. 133/2014 (che ha sostituito le preesistenti Autorità d’Ambito), è rappresentato dall’Assemblea Territoriale Idrica (A.T.I.), costituita dai Sindaci di tutti i Comuni ricadenti nel territorio dell’Ambito, la cui perimetrazione è rimasta coincidente con i limiti territoriali delle ex Province regionali.

Per la scelta del modello della società mista, non è richiesta una “qualificata motivazione”: essa, invece, è dovuta, ai sensi dell’art. 17 del d. lgs. n. 201 del 2022, per il caso di affidamenti in house di importo superiore alle soglie di rilevanza europea in materia di contratti pubblici.

Servizio idrico integrato e gestioni autonome

Tar Sicilia, Palermo, sez. I, 29 aprile 2024, n. 1434

Servizi pubblici – Servizio Idrico Integrato – Principio dell’unicità della gestione – Eccezioni – Gestione autonoma – Presupposti – Condizioni di salvaguardia

Il legislatore nazionale, in deroga al principio dell’unicità della gestione, ha inteso salvaguardare quegli affidamenti in forma autonoma che diano sicure garanzie di efficienza nell’uso della risorsa idrica, e per i quali un altro gestore – come quello unico di ambito – non potrebbe fare meglio.

La gestione autonoma si caratterizza, quindi, per essere un’eccezione alla regola generale della gestione unica, consentita solo qualora sia dimostrata una efficienza ed efficacia – e, dunque, una vera e propria eccellenza – che andrebbe perduta con la gestione aggregata. L’efficienza, in particolare, è uno dei presupposti per poter configurare l’eccezione della gestione autonoma del servizio idrico integrato (SII), che, altrimenti, per regola generale, deve essere unitaria.

La fattispecie prevista dall’art. 147, comma 2 -bis del d.lgs. n.152/2006 consente – solo in casi eccezionali – a singoli Comuni, la gestione in forma autonoma del SII; si tratta di norma derogatoria ed eccezionale, che deve essere interpretata in modo rigoroso e restrittivo, atteso che una più ampia interpretazione comporterebbe l’effetto di vanificare il principio dell’unicità di gestione per ambiti territoriali ottimali, riducendone fortemente la portata applicativa. A tal fine, come si evince dall’art. 147, co. 2 bis, sono poste delle stringenti condizioni cumulativamente richieste dalla norma (cd. condizioni di salvaguardia), le quali devono essere accertate ed esistenti al momento in cui si valuta la salvaguardia della gestione.

Edilizia residenziale sociale, libertà organizzativa e in house

Tar Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 8 aprile 2024, n. 245

Affidamento diretto – In house providing – Gestione dell’edilizia residenziale sociale – Legge regionale Emilia Romagna

Trasporto pubblico locale, in house e ambiti ottimali

Consiglio di Stato, sez. V, 20 febbraio 2024, n. 1671

Servizi pubblici – In house providing – Trasporto pubblico locale – Legge Regionale Liguria – Ambiti o bacini territoriali ottimali – Dimensione – Livelli di governo incidenti sul servizio di trasporto – Servizi integrati di trasporto pubblico – Gruppo di autorità competenti – Controllo analogo

Nel settore del trasporto pubblico locale, l’in house providing è una modalità ordinaria di affidamento dei servizi, perfettamente alternativa al ricorso al mercato. Ciò si desume innanzitutto dall’art. 5, par. 2, del Regol. CE n. 1370/2007 del 23 ottobre 2007 (relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70), secondo cui, salvo che «non sia vietato dalla legislazione nazionale, le autorità competenti a livello locale, si tratti o meno di un’autorità singola o di un gruppo di autorità che forniscono servizi integrati di trasporto pubblico di passeggeri, hanno facoltà di fornire esse stesse servizi di trasporto pubblico di passeggeri, o di procedere all’aggiudicazione diretta di contratti di servizio pubblico a un soggetto giuridicamente distinto su cui l’autorità competente a livello locale, o, nel caso di un gruppo di autorità, almeno una di esse, esercita un controllo analogo a quello che esercita sulle proprie strutture».

In secondo luogo, si ricava dal fatto che l’art. 18, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 50 del 2016 esclude dalla propria applicazione le «concessioni di servizi di trasporto pubblico di passeggeri ai sensi del regolamento (CE) n. 1370/2007» (nello stesso senso, cfr. oggi l’art. 149, comma 4, d.lgs. n. 36 del 2023). Tanto ciò è vero, che non trova in questo settore applicazione la regola prevista dall’art. 192, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016, incentrata sulla comparazione tra gli opposti modelli di gestione dell’in house providing e del ricorso al mercato, giacché non è qui previsto un rapporto di regola ed eccezione fra l’uno e l’altra.

L’art. 61 l. n. 99 del 2009 (recante Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia), prevede che «anche in deroga alla disciplina di settore», le amministrazioni competenti all’aggiudicazione di contratti di servizio di trasporto pubblico locale «possono avvalersi delle previsioni» di cui al citato art. 5, par. 2, Regol. n. 1370/2007. A ciò si è aggiunto, peraltro, lo ius singulare consistente nella legislazione di carattere emergenziale, adottata all’indomani del crollo del ponte Morandi, nell’ambito della quale, per il trasporto pubblico, nel Comune di Genova, è stata legittimata la scelta dell’in house providing senza la perdita dei trasferimenti statali prevista dall’art. 27, comma 2, lett. d), (oggi lett. c)) d.l. n. 50 del 2017, attraverso il differimento di quest’ultima disposizione al 31 dicembre 2019, a mente dell’art. 5, comma 4, d.l. n. 109 del 2018, recante Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze. A tale differimento, si è successivamente aggiunta, per l’intero territorio nazionale, un’ulteriore previsione normativa legittimante in termini generali il modello dell’in house providing per i servizi di trasporto pubblico locale, data dall’espressa non applicabilità del medesimo art. 27, comma 2, lett. d) (ora lett. c)), d.l. n. 50 del 2017 ai contratti di servizio «affidati in conformità alle disposizioni, anche transitorie, di cui al regolamento (CE) n. 1370/2007 […]» (art. 21-bis d.l. n. 119 del 2018, recante Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria, inserito dalla legge di conversione n. 136 del 2018).

La pertinente legislazione regionale della Liguria prevede che «per l’esercizio dei servizi di trasporto terrestre e marittimo», ad esclusione di quello ferroviario, siano istituiti quattro Ambiti Territoriali Ottimali e omogenei, uno dei quali coincidente proprio «col territorio della Città metropolitana di Genova» (art. 9, comma 1, lett. b), l. r. Liguria n. 33 del 2013). Il precedente art. 7, comma 1, l. r. Liguria n. 33 del 2013, nella formulazione ratione temporis applicabile alla fattispecie, stabilisce, poi, che la Città Metropolitana e gli enti di area vasta, quali «enti di governo degli ATO ai sensi dell’articolo 9 […] nell’ambito della gestione dell’ATO, anche attraverso la costituzione di Agenzie Locali di Mobilità di livello metropolitano o provinciale in forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata, interamente partecipate dagli enti locali e con i requisiti dei soggetti in house, espletano le procedure per l’affidamento dei servizi di trasporto previste dalla normativa comunitaria e statale e gestiscono il contratto di servizio stipulato […]». Il che è coerente con la previsione generale dell’art. 3-bis d.l. n. 138 del 2011, che prevede la formazione di ATO di livello almeno provinciale ai fini dell’organizzazione dello svolgimento dei servizi pubblici locali.

La dimensione degli Ambiti o bacini Territoriali Ottimali, di norma, deve essere non inferiore almeno a quella del territorio provinciale. L’introduzione, quindi, di un’organizzazione del servizio su base territoriale più ampia risulta coerente con le esigenze di economie di scala oltre che di differenziazione attraverso la prevista suddivisione in lotti e la partecipazione degli enti provinciali e comunali ai comitati di indirizzo e monitoraggio dei servizi di TPL.

L’affidamento del servizio di t.p.l. è strutturato, di regola, su base provinciale (sicché anche le eventuali configurazioni con sub-Ambiti presentano rilievo essenzialmente organizzativo interno), né rileva, in senso contrario, l’art.14, comma 27, d.l. n. 78 del 2010, n.78, come novellato dall’art.19, comma 1, lett. b), d.l. n. 95 del 2012, laddove prevede, tra le funzioni fondamentali dei Comuni, l’organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale, atteso che “tale disposizione […] non impone la dimensione comunale dei servizi in parola”.

Nello stesso senso, nel quadro della legislazione regionale ligure, l’art. 8, comma 1, l. r. n. 33 del 2013, stabilisce che «I Comuni, in conformità a quanto previsto dall’articolo 19 del d.l. 95/2012 convertito dalla L. 135/2012, esercitano le funzioni di organizzazione dei servizi di trasporto pubblico comunale»: anche in questo caso, a fronte di un potere di affidamento riconosciuto alla Città Metropolitana quale soggetto che governa l’ATO, le concorrenti funzioni organizzative del t.p.l. competono ai singoli Comuni per quanto di rispettiva pertinenza.

Ai fini dell’affidamento diretto, sarebbe già di per sé sufficiente l’esercizio del controllo analogo da parte di una delle autorità del gruppo, in un contesto in cui l’art. 5, par. 2, fa riferimento, appunto, al controllo di «almeno una di esse», consentendo di prescindere dall’apprezzamento circa l’interesse diretto al servizio.

Consiglio di Stato, sez. IV, 2 febbraio 2024, n. 1115

Servizi pubblici – Servizio idrico integrato – Natura giuridica – Ricostruzione storico-normativa – Principio di unicità della gestione – Rapporto regola/eccezione

  1. con la legge n. 103 del 29 marzo 1903 (legge Giolitti), l’ordinamento ha disciplinato l’assunzione diretta dei servizi pubblici da parte dei Comuni.
  2. Con la legge n. 142 del 8 giugno 1990, si è ribadita la titolarità dei comuni e della provincia nella erogazione delle prestazioni derivanti dai servizi pubblici, prevedendo quale forma di gestione, tra l’altro, quello dell’azienda speciale (articoli 22 e 23, comma 1).
  3. La legge n. 36 del 5 gennaio 1994, legge Galli, ha disciplinato, in via generale, il servizio idrico integrato (SII), prospettando, per la prima volta, all’art. 8, comma 2, il passaggio da un sistema frazionato ad uno affidato ad operatori specializzati sul mercato (con creazione, da parte delle Regioni, degli ambiti territoriali ottimali).
  4. Il d.lgs. n. 267 del 2000, all’art. 113, ha innovato la materia quanto alle forme di gestione dei servizi pubblici, lasciando agli Enti locali la libertà di scelta più confacente alla situazione di fatto e alle inclinazioni della stessa Amministrazione (in economia, in concessione a terzi, azienda speciale, istituzione, società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall’ente titolare del pubblico servizio, società per azioni senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria).
  5. Gli artt. 147 e ss. d.lgs. n. 152/2006 hanno disciplinato il servizio idrico integrato, ribadendo (come la precedente legge Galli) l’individuazione di Autorità d’ambito per la gestione sovracomunale del servizio, a cui i Comuni afferiscono, anche dando in concessione beni di proprietà comunale attinenti al servizio idrico. In particolare, l’art. 150 ha affidato la scelta della forma di gestione all’autorità di ambito territoriale ottimale (ATO), fra quelle previste dall’art. 113, comma 5, d.lgs. n. 267 del 2000.
  6. L’art. 23 bis del D.L. n. 112/2008, “al fine di favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi”, ha adottato, con riferimento ai servizi pubblici locali di rilevanza economica, norme improntate alla concorrenza contenenti limitazioni alla gestione diretta dei servizi pubblici (ivi compreso il SII). Si è previsto che la gestione dei servizi pubblici locali potesse avvenire solo con gara o essere affidato a società miste con socio privato scelto con gara c.d. “a doppio oggetto”. La gestione in house e le altre forme di gestione diretta sono pertanto divenute possibili solo in casi limitati e, per certi versi.
  7. L’art. 2, comma 186 bis, legge n. 191/2009, come modificato dall’art. 1, comma 1 quinquies, d.l. n. 2/2010, ha soppresso le autorità d’ambito territoriale ottimale.
  8. La consultazione effettuata mediante lo svolgimento del referendum del 12 e 13 giugno 2011 ha poi abrogato l’art. 23 bis d.l. n. 112/2008: con la sentenza n. 199/2014, la Corte costituzionale ha chiarito che, quale conseguenza del referendum che ha abrogato l’art. 23 bis d.l. n. 112/2008, deriva “l’applicazione immediata nell’ordinamento italiano della normativa comunitaria (meno restrittiva rispetto a quella oggetto di referendum) relativa alle regole concorrenziali minime in tema di gara ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione di servizi pubblici di rilevanza economica”.
  9. Successivamente al referendum, l’art. 4 della legge 13 agosto 2011, n. 138 e, poi, l’art. 25 del d.l. n. 1 del 24 gennaio 2012 hanno disciplinato nuovamente la materia dei servizi pubblici locali e introdotto un sistema simile a quello previsto dall’art. 23 bis e, per certi versi, addirittura più restrittivo, escludendo, però, dalla sua applicazione soltanto il S.I.I.. La Corte cost. n. 20/2012 ha dichiarato incostituzionale l’art. 4 legge n. 138/2011.
  10. Successivamente, l’art. 7, comma 1, lett. b), n.1), del d.l. n. 133 del 12 settembre 2014 ha introdotto un nuovo art. 147, comma 1 che ha disposto, per quel che qui interessa, che i “servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36. […] Gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale partecipano obbligatoriamente all’ente di governo dell’ambito, individuato dalla competente regione per ciascun ambito territoriale ottimale, al quale è trasferito l’esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all’articolo 143, comma”. La norma ha inoltre previsto, nell’art. 147, la salvaguardia delle gestioni in autonomia dei comuni “montani” con meno di 1.000 abitanti, e un nuovo art. 149 bis, nel d.lgs. n. 152/2006. A mente di quest’ultima disposizione, “L’ente di governo dell’ambito, nel rispetto del piano d’ambito di cui all’articolo 149 e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione fra quelle previste dall’ordinamento europeo provvedendo, conseguentemente, all’affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. Alla successiva scadenza della gestione di ambito, al fine di assicurare l’efficienza, l’efficacia e la continuità del servizio idrico integrato, l’ente di governo dell’ambito dispone l’affidamento al gestore unico di ambito entro i sei mesi antecedenti la data di scadenza dell’affidamento previgente. Il soggetto affidatario gestisce il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale.”.
  11. Con l’art. 62, comma 4, della legge n. 221 del 28 dicembre 2015, si è ampliata la salvaguardia estendendola a gestioni “esistenti” nei comuni più popolosi e non necessariamente “montani”, qualora la gestione presenti le caratteristiche previste dalla norma (la lettera “b”).
  12. Da ultimo, deve darsi conto del d.lgs. 23 dicembre 2022, n. 201, sui servizi pubblici, il quale, all’art. 33, comma 3, ha previsto che “Fermo restando quanto previsto dall’articolo 147, comma 2-ter, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, la gestione in economia o mediante aziende speciali, consentita nei casi di cui all’articolo 14, comma 1, lettera d), è altresì ammessa in relazione alle gestioni in forma autonoma del servizio idrico integrato di cui all’articolo 147, comma 2-bis, lettere a) e b), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, conformi alla normativa vigente”.

L’art. 147, comma 1, d.lgs. n. 152/2006, dispone che “I servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36. […]”. Il medesimo articolo, al comma 2-bis, dispone, per la parte che interessa, che: “Sono fatte salve: … b) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei comuni che presentano contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio2004, n. 42; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico. Ai fini della salvaguardia delle gestioni in forma autonoma di cui alla lettera b), l’ente di governo d’ambito territorialmente competente provvede all’accertamento dell’esistenza dei predetti requisiti”.

È chiara la volontà del legislatore di disciplinare il fenomeno della gestione del servizio idrico quale species peculiare della nozione del “servizio pubblico”. Si evidenzia, altresì, la sussistenza di un principio di ordine generale, anche testualmente espresso (cfr. art. 149-bis, primo comma, d.lgs. n. 152/2006), di unicità della gestione in base al quale può affermarsi che la gestione unica ed accentrata costituisce la regola, mentre quella polverizzata e autonoma costituisce l’eccezione (arg. da 147, comma 2-bis, d.lgs. n. 152/2006). Circostanza quest’ultima confermata anche dall’art. 5 d. lgs. 201/2022. Nell’interpretazione della locuzione “gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti” (e in particolare del sintagma “gestione esistente”) si deve prediligere quell’esegesi che sia corrispondente alla “tendenza-principio” manifestata nell’ordinamento ad una gestione accentrata e, pertanto, che sia conforme al rapporto regola-eccezione innanzi tratteggiato: per “gestioni esistenti” dovranno pertanto intendersi soltanto quelle modalità di conduzione del servizio idrico che possano ricondursi ad una legittima assunzione ed erogazione del servizio, consacrata in atti regolatori e provvedimenti amministrativi, mentre non potranno assumere rilievo le gestioni nelle quali la conduzione del servizio risulta avvenire semplicemente in via “di fatto”.

Affidamenti in house e oneri motivazionali

Consiglio di Stato, sez. V, 26 gennaio 2024, n. 843

Servizi pubblici – In house providing – Onere motivazionale rafforzato – Valutazione di efficienza – Congruità economica

Anche in presenza di un principio di libera amministrazione circa le modalità di svolgimento di un servizio (ossia se in outsourcing oppure direttamente o in house) il ricorso al modello in house può essere condizionato alla dimostrazione dei vantaggi per la collettività specificamente connessi al ricorso all’operazione interna. In particolare, i vantaggi vanno espressi in termini di qualità dei servizi forniti.

In caso di affidamento diretto, occorre sempre dare specificamente conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato: la motivazione sottesa all’opzione internalizzante può essere unitaria, ogni qual volta le ragioni addotte giustifichino il mancato ricorso al mercato e integrino i richiesti benefici per la collettività attesi dal modello in house.

Invero, i benefici per la collettività attesi dall’organizzazione in house dello stesso e le ragioni del mancato ricorso al mercato costituiscono le due facce di una medesima realtà, di cui colgono, rispettivamente, gli elementi positivi (inclinanti la valutazione dell’Amministrazione verso l’opzione gestionale di tipo inter-organico) e quelli negativi (sub specie di indisponibilità di quei benefici attraverso il ricorso al mercato.

Sono tre i fattori che occorre valutare nel percorso motivazionale di cui all’art. 192, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016 (ratione temporis vigente), ossia in occasione della decisione di optare per il regime in house in luogo di quello outsourcing (ricorso al mercato mediante sistema di pubbliche gare) : A) le ragioni del mancato ricorso al mercato ossia il fallimento del mercato; B) i benefici per la collettività; C) la congruità economica dell’offerta.

L’affidamento in house non può rivelarsi preferibile rispetto alla opzione outsourcing unicamente per la generica ritenuta presenza di controlli più pregnanti (il che si tradurrebbe in una violazione dell’art. 192 per motivazione generica), ma è richiesto, in particolare, che sia predisposto un sistema di pianificazione e di controllo direzionale (attraverso ossia un meccanismo fluido e continuo di pianificazione, progettazione e gestione, nonché mediante un articolato sistema di obiettivi e indicatori di risultato) più efficiente, come risultante dalla misurazione dell’output ossia dei risultati effettivamente conseguiti.

Ed una valutazione di efficienza del concepito modello di gestione e di valutazione deve essere operata in concreto.

Con riferimento alla convenienza economica, l’art. 192 non impone che vi debba essere un risparmio in termini finanziari del modello in house (la disposizione di cui all’art. 192 parla infatti di “conguità economica” in sé ma non di maggiore convenienza o di risparmio in termini finanziari), dunque, non deve tenersi conto della differenza tra impatto finanziario (basato sulle mere uscite) ed impatto economico (basato sui costi ossia sul tasso di utilizzo delle risorse da impiegare). In particolare, la congruità economica deve essere valutata sia in termini puramente interni all’organismo in house (congruità economica endogena), sia in termini esterni ossia nei rapporti tra quest’ultimo e l’ente controllante (congruità economica esogena).