Urbanistica/edilizia

Interdittiva antimafia e titolo edilizio

Tar Calabria, Catanzaro, sez. I, 8 gennaio 2024, n. 35

Titolo edilizio – SCIA – Interdittiva antimafia

In seguito ad un’informazione antimafia interdittiva emessa dal prefetto ai sensi dell’art. 89 bis d.lg. 6 settembre 2011 n. 159, il Comune è tenuto ad adottare il provvedimento di inibizione dell’attività oggetto di segnalazione certificata di inizio attività (s.c.i.a.) presentata dal destinatario dell’informazione.

Pianificazione urbanistica e piani territoriali

Tar Campania, Salerno, sez. II, 5 gennaio 2024, n. 94

Pianificazione urbanistica – Piani territoriali comunali, provinciali, regionali – Piani dei consorzi ASI – Normativa Regione Campania

Il principio fondamentale di gerarchia della pianificazione urbanistica comporta che le scelte urbanistiche generali sono compiute dal Comune mediante gli strumenti urbanistici primari, mentre agli strumenti urbanistici secondari compete la funzione di attuare le suddette scelte programmatorie; di conseguenza, non è consentito al Comune di effettuare, in sede di approvazione dello strumento attuativo, valutazioni che contrastino con quelle già formalizzate con il piano regolatore generale.

Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale ha, con riferimento all’individuazione delle aree agricole strategiche, una funzione non solo di indirizzo della programmazione urbanistica comunale, ma anche una funzione direttamente conformativa del territorio.

Il Piano Urbanistico Comunale è lo strumento urbanistico generale attraverso cui il Comune disciplina la tutela ambientale, le trasformazioni urbanistiche ed edilizie dell’intero territorio comunale. Tale strumento urbanistico, a norma degli artt. 22 e 23 della L. Reg. 22 dicembre 2004 n. 16, deve essere esercitato in coerenza con le previsioni della pianificazione territoriale regionale e provinciale e, quindi, va raccordato anche con il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.) di cui all’art. 18 della medesima legge regionale: nella Regione Campania, all’ente provinciale è riservato, nell’ambito del procedimento di approvazione del piano urbanistico comunale, il compito di vagliare la coerenza di questo con il piano territoriale di coordinamento provinciale e di promuovere quindi, secondo un determinato iter, gli eventuali adeguamenti a ciò necessari. L’intero procedimento, per come disciplinato da queste norme è finalizzato ad attuare, nel quadro del principio di leale cooperazione, un coordinamento tra i vari attori istituzionali deputati al governo del territorio, in un’ottica di ordinato assetto di formazione del piano; peraltro, una volta conclusosi il processo di formazione del piano comunale, le funzioni della Provincia sono esaurite e non è consentito ad essa di incidere autonomamente e ulteriormente sull’efficacia del piano comunale stesso.

I Piani regolatori dei Consorzi ASI costituiscono strumenti equiparabili ai piani territoriali di coordinamento, e cioè strumenti ai quali i Comuni devono necessariamente adeguarsi nella redazione dei propri strumenti urbanistici, ma, pur trattandosi di piani sovracomunali, non hanno alcuna efficacia di disciplina diretta dell’uso del territorio. In altri termini, i Comuni, in sede di redazione dei propri piani regolatori, sono tenuti a conformarsi alle disposizioni contenute nel piano regolatore del consorzio Asi, ma qualora ciò non avvenga, va escluso ogni effetto automatico di conformazione dell’uso del territorio, potendo unicamente i consorzi Asi reagire con gli ordinari strumenti giurisdizionali avverso l’inadempimento dei Comuni. Pertanto, in assenza di recepimento delle prescrizioni dei piani regolatori dei consorzi Asi nell’ambito dei piani regolatori comunali successivamente adottati, dette prescrizioni non sono rilevanti come parametro di legittimità di atti amministrativi.

Zonizzazione acustica

Consiglio di Stato, sez. VII, 2 gennaio 2024, n. 42

Pianificazione urbanistica – Zonizzazione acustica – Criteri – Contemperamento di interessi – Discrezionalità dei Comuni

L’onere della classificazione acustica del territorio spetta ex lege ai Comuni, che esprimono una funzione lato sensu pianificatoria, inserita in un nucleo particolarmente ampio di discrezionalità amministrativa, sicché l’ambito del sindacato del giudice amministrativo si presenta ristretto e sostanzialmente limitato ad un riscontro ab externo del rispetto dei canoni di logicità formale.

In materia di zonizzazione acustica del territorio, le scelte dell’amministrazione non possono sovrapporsi meccanicamente alla pianificazione urbanistica, ma devono tener conto del disegno urbanistico voluto dal pianificatore, ovverossia delle preesistenti destinazioni d’uso del territorio. Infatti, a rilevare sono, da un lato, l’interesse pubblico generale alla conservazione del disegno di governo del territorio programmato dal pianificatore, il quale riflette un ben preciso interesse della comunità ad un certo utilizzo del proprio territorio, sul quale la medesima è stanziata; da un altro lato, l’interesse dei privati alla conservazione delle potenzialità connesse alla titolarità dei diritti sui beni immobili e derivanti dalle pregresse e già effettuate scelte di pianificazione, le quali devono poter essere attuate pro futuro, avendo una natura tipicamente programmatoria.

In definitiva, la disciplina legislativa statale e quella regionale perseguono l’obiettivo del contemperamento tra due interessi generali: quello della pianificazione urbanistica e quello della tutela dall’inquinamento acustico.

L’art. 6, comma 3°, della l. 27/10/1995, n. 447, prevede che: “i Comuni il cui territorio presenti un rilevante interesse paesaggistico-ambientale e turistico, hanno la facoltà di individuare limiti di esposizione al rumore inferiori a quelli determinati ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera a), secondo gli indirizzi determinati dalla regione di appartenenza, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera f)”. Tale norma consente (e non obbliga) i Comuni, il cui territorio presenti un rilevante interesse paesaggistico, ambientale e turistico, di attuare una più specifica regolamentazione dell’emissione dei rumori, e, in questo ambito, di disciplinare l’esercizio di professioni, mestieri ed attività rumorose anche con l’istituzione di fasce orarie in cui soltanto possano essere espletati, e di prendere così in considerazione, oltre al dato oggettivo del superamento di una certa soglia di rumorosità, anche gli effetti negativi di quest’ultima sulle occupazioni o sul riposo delle persone, e quindi sulla tranquillità pubblica o privata. Restano fermi i limiti alle immissioni sonore previste dalla l. n. 447 del 1995, i quali non possono comunque essere diminuiti.

Pianificazione urbanistica e affidamento dei terzi

Consiglio di Stato, sez. IV, 18 dicembre 2023, n. 10976

Pianificazione urbanistica – Definizioni – Affidamento – Limiti – Onere motivazionale rafforzato – Vendita immobile comunale

In tema di disposizioni dirette a regolamentare l’uso del territorio negli aspetti urbanistici ed edilizi, contenute nel piano regolatore, nei piani attuativi o in altro strumento generale individuato dalla normativa regionale, vanno distinte: a) le prescrizioni che, in via immediata, stabiliscono le potenzialità edificatorie della porzione di territorio interessata (nel cui ambito rientrano le norme di c.d. zonizzazione, la destinazione di aree a soddisfare gli standard urbanistici, la localizzazione di opere pubbliche o di interesse collettivo); b) le altre regole che, più in dettaglio, disciplinano l’esercizio dell’attività edificatoria, generalmente contenute nelle norme tecniche di attuazione del piano o nel regolamento edilizio (disposizioni sul calcolo delle distanze e delle altezze, sull’osservanza di canoni estetici, sull’assolvimento di oneri procedimentali e documentali, regole tecniche sull’attività costruttiva).

Per le disposizioni appartenenti alla prima categoria s’impone, in relazione all’immediato effetto conformativo dello ius aedificandi dei proprietari dei suoli interessati che ne deriva, ove se ne intenda contestare il contenuto, un onere di immediata impugnativa in osservanza del termine decadenziale, a partire dalla pubblicazione dello strumento pianificatorio; invece, le prescrizioni di dettaglio contenute nelle norme di natura regolamentare destinate a regolare la futura attività edilizia, che sono suscettibili di ripetuta applicazione ed esplicano effetto lesivo nel momento in cui è adottato l’atto applicativo, possono essere oggetto di censura in occasione dell’impugnazione di questo.

L’affidamento costituisce un principio regolatore di ogni rapporto giuridico, compresi quelli di diritto amministrativo, che trae origine nei rapporti di diritto civile e che risponde all’esigenza di riconoscere tutela alla fiducia ragionevolmente riposta sull’esistenza di una situazione apparentemente corrispondente a quella reale, da altri creata. Oltre che nei termini di fiducia ragionevolmente riposta sull’esistenza di una situazione apparente, il principio coincide anche con il convincimento ragionevole della spettanza di un bene della vita o, ancora, con l’aspettativa al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico sorto a seguito dell’attività della pubblica amministrazione, o, infine, declinata come aspettativa del privato alla legittimità del provvedimento amministrativo rilasciato, che, se frustrata, può essere fonte di responsabilità della prima.

L’affidamento del privato si configura, dunque, in ragione del convincimento ragionevole del legittimo esercizio del potere pubblico e del convincimento ragionevole dell’operato dell’amministrazione conforme ai principi di correttezza e buona fede, individuandosi in ciò il duplice parametro al quale ancorare la fiducia, il convincimento, o l’aspettativa del privato.

Nella tutela dell’affidamento risulta centrale la dimensione soggettiva, ma sussistono, anche, limiti fisiologici, riconducibili alle caratteristiche del rapporto amministrativo ed alla esigenza di proteggere anche altri principi ritenuti pari-ordinati o superiori alle aspettative di profitto dei singoli, quali, a titolo di esempio, sopravvenienze normative, scelte di politica economica, necessità di superare prassi amministrative illegittime, sia pure reiterate nel tempo.

In determinate occasioni, anche lo strumento urbanistico generale richiede una motivazione specifica di certe scelte, soprattutto in ipotesi nelle quali vi è un affidamento qualificato del privato, ovvero: a) ipotesi di precedente convenzione di lottizzazione o di accordi di diritto privato intercorsi tra il Comune e i proprietari delle aree; b) il caso del privato che abbia ottenuto un giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia o di un silenzio-rifiuto su una domanda edilizia, in ordine alla pretesa di variante di nuove previsioni urbanistiche rilevanti, in quanto sopravvenute nel corso del giudizio.

Sussiste un affidamento tutelabile in capo al privato, e dunque l’obbligo in capo al Comune di motivare la scelta pianificatoria, qualora sia concluso un contratto di vendita di un immobile comunale che, al tempo della stipulazione, aveva una più favorevole disciplina urbanistica, mentre, subito dopo, ha visto mutata quella disciplina in senso deteriore, per l’effetto dell’attività pianificatoria del medesimo ente locale, il quale aveva però impostato le trattative sul presupposto del più favorevole regime urbanistico. Infatti, benché il contratto non abbia ad oggetto l’attività di conformazione e trasformazione del territorio, nondimeno l’affidamento del privato può considerarsi sorto e qualificabile come “legittimo”, in quanto maturato in presenza di una serie di concomitanti circostanze che si reputano idonee a far sorgere e consolidare “la fiducia”, “il convincimento”, “l’aspettativa” del privato, sulla persistenza di quel regime urbanistico che disciplinava il compendio immobiliare.

Abuso edilizio e interventi successivi

Consiglio di Stato, sez. VII, 23 novembre 2023, n. 10039

Abuso edilizio – Istanza in sanatoria – Interventi edilizi successivi

La normativa sul condono postula la permanenza dell’immobile da regolarizzare e non ammette, in pendenza del procedimento, la realizzazione di opere aggiuntive. Pertanto, la presentazione della domanda di condono non autorizza l’interessato a completare, né tantomeno a trasformare o ampliare i manufatti oggetto della richiesta i quali, fino al momento dell’eventuale concessione della sanatoria, restano comunque abusivi al pari degli ulteriori interventi realizzati sugli stessi.

Il condono straordinario ex lege n. 47/1985 non si fonda sulla conformità delle opere alla normativa urbanistica vigente, ma costituisce espressione di una eccezionale rinuncia dello Stato a perseguire gli illeciti edilizi, a determinate condizioni: gli immobili condonati, pertanto, non possono costituire la base per successivi ampliamenti o ristrutturazioni. D’altra parte, v’è anche la necessità di preservare lo stato originario delle opere oggetto di condono, per consentire all’Amministrazione di accertare la sussistenza delle condizioni di ammissibilità e di concedibilità del beneficio, oltre che di valutare l’effettiva natura e portata dell’intervento da condonare.

Occupazione sine titulo

Tar Sardegna, Cagliari, sez. II, 23 novembre 2023, n. 885

Occupazione sine titulo – Istanza di acquisizione sanante – Obbligo di provvedere – Discrezionalità

Il dovere dell’amministrazione di far venire meno l’occupazione sine titulo, ossia di adeguare la situazione di fatto con quella di diritto non incisa dall’occupazione medesima, costituisce espressione del principio generale di legalità dell’azione amministrativa. Deve pertanto ritenersi la sussistenza di un obbligo di provvedere ex art. 2 l. n. 241/1990 sull’istanza del proprietario volta a sollecitare il potere di acquisizione ex art. 42-bis (o, in alternativa, a disporre la restituzione del bene), fermo restando il carattere discrezionale della valutazione rimessa alla pubblica amministrazione sul merito dell’istanza.

Tettoia e titolo edilizio

Tar Lazio, Roma, sez. IV ter, 23 novembre 2023, n. 17395

Titolo edilizio – Intervento di nuova costruzione – Realizzazione di una tettoia – Vincoli ambientali e paesaggistici – Diniego di sanatoria – Onere motivazionale attenuato

La realizzazione di una tettoia, indipendentemente dalla sua eventuale natura pertinenziale, è configurabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380/01, nella misura in cui realizza l’inserimento di nuovi elementi ed impianti ed è quindi subordinata al regime del permesso a costruire, ai sensi dell’art. 10, comma primo, lettera c), dello stesso d.P.R., laddove comporti una modifica della sagoma o del prospetto del fabbricato cui inerisce.

Non sussiste la natura pertinenziale nel caso in cui sia realizzato un nuovo volume, su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata un’opera qualsiasi, quale può essere, ad esempio, una tettoia, che ne alteri la sagoma.

La realizzazione di una tettoia va configurata sotto il profilo urbanistico come intervento di nuova costruzione, richiedendo quindi il permesso di costruire, allorché difetti dei requisiti richiesti per le pertinenze e per gli interventi precari.

Possono ritenersi suscettibili di sanatoria, nelle aree soggette a vincoli, solo le opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’Allegato 1 del decreto legge n. 269 del 2003, integrate dalle opere di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria, mentre per le altre tipologie di abusi, riconducibili alle tipologie di illecito di cui ai nn. 1, 2 e 3, del menzionato Allegato, interviene una preclusione legale alla sanabilità delle opere abusive; la norma statale di cui all’art. 32, comma 27, del decreto legge n. 269 del 2003 è chiara nell’indicare come ostativa alla possibilità di rilascio del condono la realizzazione di opere recanti nuove superfici e nuovi volumi su aree soggette a vincoli posti a tutela dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali, qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere.

Il richiamo al vincolo paesaggistico insistente sull’area su cui sono stati realizzati gli abusi edilizi e alle caratteristiche di questi ultimi costituisce in primo luogo motivazione sufficiente a fondare i dinieghi di condono impugnati, con conseguente carattere vincolato del provvedimento di rigetto e sostanziale inutilità dell’accertamento di compatibilità paesaggistica; a nulla rileva la circostanza che l’Amministrazione non avrebbe correttamente indicato la natura del vincolo di cui ex lett. b) che rinvia all’art.142 lett. m) del d.lgs. 42/2004, atteso che la presenza di altri vincoli compiutamente identificati è idonea ex se a sostenere l’impianto motivazionale del provvedimento.

Edificazione disomogenea

Tar Sicilia, Palermo, sez. II, 22 novembre 2023, n. 3470

Pianificazione urbanistica – Piani attuativi – Tiolo edilizio – Silenzio-assenso – Attività vincolata – Preavviso di rigetto – Edificazione disomogenea

In assenza di pianificazione attuativa, è possibile l’edificazione nel caso, pressoché di scuola, in cui un terreno di ridotte dimensioni sia completamente circondato da edifici.

L’intervento costruttivo diretto può essere consentito purché venga accertata la sussistenza di una situazione di fatto perfettamente corrispondente a quella derivante dall’attuazione del piano esecutivo, allo scopo di evitare defatiganti attese per il privato ed inutili dispendi di attività procedimentale per l’ente pubblico. Invero, lo strumento urbanistico attuativo deve considerarsi superfluo una volta che è stata raggiunta la piena edificazione e urbanizzazione della zona interessata, raggiungendo, in tal modo, lo scopo e i risultati perseguiti dai piani attuativi.

Il silenzio-assenso in tema di permesso di costruire non si forma per il solo fatto dell’inutile decorso del termine prefissato per la pronuncia espressa dell’amministrazione e dell’adempimento degli oneri documentali necessari per l’accoglimento della domanda, essendo necessario che il privato dia, altresì, prova della sussistenza di tutti i requisiti soggettivi e oggettivi a cui è subordinato il rilascio del titolo edilizio, tra i quali rientra, dal punto di vista oggettivo, la conformità dell’intervento progettato alla normativa urbanistico-edilizia. Con la conseguenza che non può dirsi formato il silenzio-assenso sull’istanza di permesso di costruire quando difettino i presupposti della richiesta attività edificatoria, ovvero quando l’istanza non sia stata accompagnata da tutti i requisiti previsti dalla legge potendo, in tal caso, il Comune provvedere negativamente anche con provvedimento tardivo.

Il potere amministrativo esercitato dall’amministrazione in sede di rilascio del permesso di costruire costituisce attività vincolata, sostanziandosi in un esame della conformità del progetto alla disciplina urbanistica ed edilizia della zona, con la conseguenza della superabilità dei vizi meramente procedimentali.

L’amministrazione non ha un onere di confutare analiticamente le prospettazioni dell’istante a seguito del preavviso di rigetto e ciò a prescindere dal fatto che, con il provvedimento di conferma impugnato in sede di motivi aggiunti, l’intimata amministrazione abbia ampiamente argomentato in ordine al fatto che, nel caso di specie, non possa discutersi né di lotto intercluso, né di area residua.

In termini generali, laddove vi sia un’edificazione disomogenea, ci si trova di fronte ad una situazione che esige un intervento idoneo a restituire efficienza all’abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona, con la conseguenza che: a. quando lo strumento urbanistico generale prevede che la sua attuazione debba aver luogo mediante un piano di livello inferiore, il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che lo strumento esecutivo sia divenuto perfetto ed efficace, ovvero quando è concluso il relativo procedimento; b. in presenza di una normativa urbanistica generale che preveda per il rilascio del titolo edilizio in una determinata zona l’esistenza di un piano attuativo, non è consentito superare tale prescrizione facendo leva sulla situazione di sufficiente urbanizzazione della zona stessa se non alle suindicate condizioni che, come già visto, nel caso di specie non ricorrono; c. all’assenza del piano attuativo non può sopperirsi con l’imposizione di opere di urbanizzazione all’atto del rilascio del titolo edilizio.

Nuova costruzione e ristrutturazione

Tar Calabria, Reggio Calabria, 21 novembre 2023, n. 834

Intervento di nuova costruzione – Differenze dalla ristrutturazione – Vincoli ambientali e paesaggistici

In base all’art. 3, T.U. 380/2001, la categoria degli interventi di ristrutturazione edilizia presenta carattere eterogeneo, coesistendo, al suo interno, non soltanto quelli che danno luogo ad un “organismo edilizio” anche in tutto diverso dal precedente, ma anche quelli di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche.

Nell’ambito di quest’ultima tipologia, il legislatore si è premurato di prevedere alcuni pregnanti limiti all’esplicazione dell’attività edilizia privata, ove essa vada ad impattare su preminenti interessi di matrice pubblicistica, prescrivendo, infatti, con riferimento agli immobili “sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”, l’obbligo del mantenimento di “sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planovolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente”, nonché il divieto di incremento della volumetria.

L’elemento che contraddistingue la ristrutturazione dalla nuova edificazione deve rinvenirsi nella trasformazione del territorio già compiuta, che può avvenire con due modalità operative, una conservativa e una sostitutiva della preesistente struttura fisica, mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.

Ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380/01, rientrano all’interno della categoria della ristrutturazione anche gli interventi di demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria rispetto all’edificio preesistente, senza necessità di identità di sagoma, a seguito dell’introduzione della legge n. 98/2013. È, infatti, in ipotesi di ricostruzione con volumetria diversa che si esce dall’ambito della ristrutturazione e si rientra nell’ambito della nuova edificazione di cui alla lettera e) del suddetto articolo 3, comma 1, del DPR n. 380/01.

Solo fino alla modifica apportata agli artt. 3 e 10 del d.P.R. n. 380/2001 ad opera del d.l. n. 69/2013, convertito in L. n. 98/2013, la “ristrutturazione ricostruttiva” richiedeva, oltre alla preesistenza certa del fabbricato identificabile nelle sue componenti strutturali (c.d. demoricostruzione), anche l’identità di volumetria e di sagoma, vertendosi, in caso contrario, nella fattispecie della “nuova costruzione”; dopo la novella, di contro, l’identità di sagoma non costituisce più una condizione necessaria di tale tipologia di intervento edificatorio, salvo non ricorrano ipotesi derogatorie.

Le “pergotende”

Consiglio di Stato, sez. VI, 14 novembre 2023, n. 9751

Titolo edilizio – Ristrutturazione edilizia – Inserimento di nuovi impianti e ridistribuzione dei volumi – Nozione di “pergotenda”

Gli interventi che alterino l’originaria consistenza fisica dell’immobile e comportino l’inserimento di nuovi impianti e la modifica e ridistribuzione dei volumi, non si configurano né come manutenzione straordinaria, né come restauro conservativo, ma rientrano nell’ambito della ristrutturazione edilizia.

Per aversi una “pergotenda” l’opera principale deve essere costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda.