Urbanistica/edilizia

Lo “spazio religioso” nella pianificazione urbanistica

Tar Lombardia, Brescia, sez. II, 14 novembre 2023, n. 837

Pianificazione urbanistica – Libertà religiosa – Nozione di “spazio religioso”

L’azione amministrativa di governo del territorio incide su complesse “zolle sociali” involgenti diritti di rilievo costituzionale. Tra questi, un particolare livello di tutela risulta approntato per la libertà religiosa,

garantita dall’art. 19 Cost. che sostanzia un diritto inviolabile e tutelato al massimo grado dalla Carta Costituzionale.

La libertà di culto postula il diritto di disporre di spazi adeguati per poterla concretamente esercitare; tale pretesa, di diretta derivazione costituzionale, impone alle autorità pubbliche, su cui incombe il compito di regolare e gestire l’uso del territorio, di mettere a disposizione spazi pubblici per le attività religiose e di impedire che si frappongano ostacoli ingiustificati all’esercizio del culto nei luoghi privati, evitando discriminazioni per le varie confessioni nell’accesso agli spazi pubblici.

Se una comunità religiosa non può disporre di un luogo in cui praticare il proprio culto, il suo diritto di manifestare la propria religione diventa privo di sostanza, pertanto, la pretesa all’ottenimento o al mantenimento di un edificio di culto rappresenta un aspetto interno alla libertà religiosa.

Nell’ambito dei compiti, assegnati agli enti istituzionali, sussumibili nella nozione di “governo del territorio” rientra anche il potere di delimitazione dello “spazio religioso”, ovvero, uno spazio comune in cui il credo che accomuna un gruppo di individuarsi possa coagularsi e in tal modo esplicarsi nelle forme collettive e partecipative del culto.

Le determinazioni amministrative dirette ad assegnare determinate aree del territorio urbano alla professione di culti religiosi devono essere rivolte non solo a perseguire l’interesse al migliore e più efficiente assetto del territorio, ma anche l’interesse costituzionalmente protetto dell’individuo e dei gruppi, a manifestare la libertà religiosa, in tutti i suoi profili: le scelte costituenti espressione del potere di pianificazione, incidenti sul concetto di “spazio religioso”, devono essere adottate nel rispetto delle coordinate costituzionali, in modo da non comprimere, senza motivo, le libertà religiose, ovvero da non impedire od ostacolare irragionevolmente la possibilità di realizzare luoghi pubblici di culto, o di esercitare il culto nei luoghi privati, anche in forma collettiva.

Pianificazione urbanistica e oneri motivazionali

Tar Lombardia, Milano, sez. IV, 13 novembre 2023, n. 2620

Pianificazione urbanistica – Discrezionalità – Onere motivazionale attenuato – Aree destinate a parcheggio pubblico – Vincoli espropriativi e conformativi

La previsione che impone la realizzazione di un parcheggio, pur se l’infrastruttura è posta in prossimità di esercizi commerciali privati, integra una previsione di interesse pubblico, siccome posta a presidio dell’ordinata circolazione stradale e della piena fruibilità dell’area, interessi certamente riferibili a tutta la collettività.

Le scelte di pianificazione sono espressione di un’amplissima valutazione discrezionale, insindacabile nel merito, salvo che siano inficiate per errori di fatto, per abnormità e irrazionalità delle scelte effettuate e non richiedono una motivazione puntuale, che ponga in comparazione gli interessi pubblici perseguiti dall’ente pianificatore con quelli confliggenti dei privati.

Le osservazioni presentate in occasione dell’adozione di un nuovo strumento di pianificazione del territorio costituiscono un mero apporto dei privati nel procedimento di formazione dello strumento medesimo, con conseguente assenza in capo all’Amministrazione a ciò competente di un obbligo puntuale di motivazione, oltre a quella evincibile dai criteri desunti dalla relazione illustrativa del piano stesso in ordine alle proprie scelte discrezionali assunte per la destinazione delle singole aree; pertanto, seppure l’Amministrazione è tenuta ad esaminare le osservazioni pervenute, non può però essere obbligata ad una analitica confutazione di ciascuna di esse, essendo sufficiente per la loro reiezione il mero contrasto con i principi ispiratori del piano.

L’urbanistica ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli Enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo, per cui l’esercizio dei poteri di pianificazione territoriale ben può tenere conto delle esigenze legate alla tutela di interessi costituzionalmente primari, tra i quali rientrano, appunto, quelli contemplati dall’articolo 9 della Costituzione.

La destinazione a parcheggio pubblico impressa in base a previsioni di tipo urbanistico, non comportando automaticamente l’ablazione dei suoli ed, anzi, ammettendo la realizzazione anche da parte dei privati, in regime di economia di mercato, delle relative attrezzature destinate all’uso pubblico costituisce vincolo conformativo e non anche espropriativo della proprietà privata per cui la relativa imposizione non necessita della contestuale previsione dell’indennizzo, né delle puntuali motivazioni sulle ragioni poste a base della eventuale reiterazione della previsione stessa. Più in generale, va attribuita natura non espropriativa, ma conformativa del diritto di proprietà sui suoli a tutti quei vincoli che non solo non siano esplicitamente preordinati all’esproprio in vista della realizzazione di un’opera pubblica, ma nemmeno si risolvano in una sostanziale ablazione dei suoli medesimi, consentendo, al contrario, la realizzazione di interventi da parte dei privati.

Destinazione d’uso e carico urbanistico

Consiglio di Stato, sez. VII, 13 novembre 2023, n. 9719

Titolo edilizio – Mutamento destinazione d’uso con alterazione del carico urbanistico – Risultanze catastali – Parere della commissione edilizia – Natura giuridica

L’avvenuto accatastamento di un immobile ha valenza a fini fiscali e non vale a legittimare, sotto il profilo edilizio, gli interventi eseguiti. Alle risultanze catastali, infatti, non può essere riconosciuto un autonomo valore probatorio anche ai fini dell’individuazione dell’effettiva destinazione d’uso.

In assenza di un’espressa disposizione di legge, la categoria catastale relativa all’intero compendio immobiliare non può assumere valore probante di una destinazione d’uso del singolo manufatto diversa da quella costantemente emergente dalle planimetrie catastali.

Il cambio di destinazione d’uso di un preesistente manufatto non richiede alcun titolo abilitativo nel solo caso in cui si realizzi fra categorie edilizie omogenee; viceversa, il cambio di destinazione che interviene tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee integra una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico, soggetta a permesso di costruire. Ne discende che qualsiasi modifica edilizia tale da variare le oggettive attitudini funzionali del bene determina un cambio di destinazione d’uso. La comunicazione del parere della commissione edilizia è atto tipicamente endoprocedimentale del tutto privo di una propria autonomia funzionale e strutturale e non può avere, anche implicitamente, un rilievo autorizzatorio, in quanto solo il perfezionamento dell’iter normativo può consentire la legittima edificazione. Il procedimento amministrativo preordinato al rilascio di una concessione edilizia, infatti, può ritenersi concluso solo quando il sindaco non si limiti a comunicare all’interessato il parere favorevole della commissione edilizia comunale, ma ne faccia proprie le determinazioni, formulando la nota come comunicazione di accoglimento dell’istanza e del rilascio della concessione secondo specifiche condizioni e prescrizioni.

SCIA e veridicità delle dichiarazioni

Tar Puglia, Bari, sez. I, 11 novembre 2023, n. 1321

Titolo edilizio – SCIA – Onere contenutistico e documentale

Presupposto indefettibile perché una S.C.I.A. possa essere produttiva di effetti è la completezza e la veridicità delle dichiarazioni contenute nelle autocertificazioni e asseverazioni. In particolare, la S.C.I.A. edilizia in sostituzione del permesso di costruire deve essere corredata da una completa, veritiera e dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseverino la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché deve garantire il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie, come richiesto dall’art. 23, c. 1 del d.P.R. n. 380/2001.

In presenza di una dichiarazione inesatta e/o incompleta e/o non veritiera e/o erronea (dolosamente o colposamente), la S.C.I.A. – anche in alternativa al permesso di costruire – non si perfeziona, sicché ben può l’Amministrazione accertare e dichiarare, in qualunque momento, l’inefficacia della segnalazione.

Le esigenze di protezione dell’affidamento del privato, cui sono finalizzate le regole garantistiche per l’esercizio dell’autotutela, richiedono la sussistenza di alcuni requisiti minimi, precisati, in particolare, all’art. 23, c. 1 del d.P.R. n. 380/2001, in assenza dei quali la S.C.I.A. (e, prima, la D.I.A.) resta inefficace, con conseguente sottoposizione delle opere realizzate – da ritenere prive di titolo – agli ordinari poteri repressivi dell’Amministrazione.

Abuso edilizio e sanatoria processuale

Tar Lazio, Roma, sez. IV ter, 8 novembre 2023 n. 16595

Abuso edilizio – Istanza in sanatoria – Preavviso di rigetto – Onere probatorio rafforzato

Ferma la necessità del preavviso di rigetto anche in materia di condono edilizio, la regola contenuta dell’art. 21 octies 241/90 che esclude l’applicabilità della c.d. sanatoria processuale del provvedimento annullabile in caso di violazione delle garanzie partecipative offerte dall’art. 10 bis, si applica ai soli provvedimenti discrezionali. Inoltre, in caso di procedimenti vincolati, quale quello di condono edilizio, grava sull’istante l’onere di dimostrare che l’apporto fornito in sede procedimentale avrebbe potuto influire sul provvedimento finale. In questo senso, l’art. 21 octies della l. n. 241/90 introduce un onere di allegazione e probatorio “rafforzato” a carico del privato che intende far valere la violazione delle garanzie partecipative offerte dall’art. 10 bis.

Tettoie e titoli edilizi

Tar Campania, Napoli, sez. IV, 8 novembre 2023, n. 6151

Titolo edilizio – Intervento di ristrutturazione edilizia – Tettoia

Con riguardo alle strutture poste in aree esterne, una tettoia di rilevanti dimensioni che determini un’evidente alterazione dello stato dei luoghi e incida sull’assetto edilizio precedente, sì da integrare gli estremi dell’intervento di ristrutturazione edilizia, comportante modifica della volumetria e della sagoma complessive dell’edificio, determina la realizzazione di un organismo edilizio diverso dal precedente, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 380 del 2001, necessitante, ai fini di una legittima realizzazione, del titolo abilitativo espresso, conformemente al disposto dell’art. 10, comma 1, lett. c), del medesimo d.P.R.

Abusi edilizi e oneri probatori

Consiglio di Stato, sez. VI, 8 novembre 2023, n. 9612

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Epoca di realizzazione del manufatto – Onere probatorio – Prova testimoniale

In via generale, va posto in capo al proprietario (o al responsabile dell’abuso) assoggettato a ingiunzione di demolizione l’onere di provare il carattere risalente del manufatto della cui demolizione si tratta, collocandone la realizzazione in epoca anteriore alla c. d. legge “ponte” n. 761 del 1967, che con l’art. 10, novellando l’art. 31 della l. n. 1150 del 1942, ha esteso l’obbligo di previa licenza edilizia alle costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano. Ciò non solo per l’ipotesi in cui si chiede di fruire del beneficio del condono edilizio, ma anche – in generale – per potere escludere la necessità del previo rilascio del titolo abilitativo, ove si faccia questione di opera risalente ad epoca anteriore all’introduzione del regime amministrativo autorizzatorio dello ius aedificandi.

Infatti, solo il privato può fornire, in quanto ordinariamente ne dispone e dunque in applicazione del principio di vicinanza della prova, inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori, che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto; mentre l’amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all’interno dell’intero suo territorio. La prova deve essere rigorosa e fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi, dovendosi negare ogni rilevanza a dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o a semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate.

Nelle controversie in materia edilizia, la prova testimoniale, soltanto scritta peraltro, è del tutto recessiva a fronte di prove oggettive concernenti la collocazione dei manufatti tanto nello spazio quanto nel tempo.

Laddove si versi in materia di repressione degli abusi edilizi, grava sull’amministrazione l’onere di adeguata istruttoria relativamente all’epoca di edificazione del manufatto ai fini della individuazione del regime giuridico applicabile alla fattispecie concreta, fermo restando, secondo l’ordinario criterio di riparto dell’onere della prova (art. 2697 c.c.), che è sul privato che afferma una diversa epoca di realizzazione del manufatto che incombe l’onere di provare la risalenza dell’immobile ad epoca anteriore.

Titolo edilizio e autotutela

Tar Lazio, Roma, sez. II Stralcio, 7 novembre 2023, n. 16498

Titolo edilizio – Annullamento in autotutela – Discrezionalità

I provvedimenti di annullamento in autotutela sono attratti all’alveo normativo dell’art. 21-nonies l. n. 241/1990 il quale ha riconfigurato il relativo potere attribuendo all’amministrazione un coefficiente di discrezionalità che si esprime attraverso la valutazione dell’interesse pubblico in comparazione con l’affidamento del destinatario dell’atto. In materia, i presupposti dell’esercizio del potere di annullamento d’ufficio dei titoli edilizi sono costituiti dall’originaria illegittimità del provvedimento e dall’interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione (diverso dal mero ripristino della legalità violata), tenendo anche conto delle posizioni giuridiche soggettive consolidate in capo ai destinatari. L’esercizio del potere di autotutela è, dunque, anche in materia di governo del territorio, espressione di una rilevante discrezionalità che non esime l’amministrazione dal dare conto, sia pure sinteticamente, della sussistenza dei menzionati presupposti. In particolare, il potere di autotutela deve essere esercitato dalla p.a. entro un termine ragionevole, tanto più quando il privato, in ragione del tempo trascorso, ha riposto, con la realizzazione del progetto, un ragionevole affidamento sulla regolarità dell’autorizzazione edilizia.

Titolo edilizio e misure di salvaguardia

Tar Sardegna, sez. II, 7 novembre 2023, n. 845

Titolo edilizio – Pianificazione urbanistica – Misure di salvaguardia – Ratio

Le cd. “misure di salvaguardia”, in una prospettiva esclusivamente cautelare, sono regole di diritto intertemporale utilizzate in urbanistica allo scopo di evitare che nel periodo intercorrente tra l’adozione e l’approvazione definitiva di un piano, il rilascio di provvedimenti che consentono attività edificatorie (o comunque trasformative) del territorio, alla stregua per lo più di norme maggiormente permissive, possa comprometterne l’assetto per come “progettato” e pensato negli strumenti adottati. Esse si concretizzano nella doverosa sospensione dei procedimenti finalizzati al conseguimento di ridetti titoli, fino all’approvazione del nuovo strumento urbanistico pianificatorio e in attesa della sua entrata in vigore, alla stregua del quale dovrà assumersi la determinazione definitiva. L’esigenza sottesa alle misure di salvaguardia è dunque di carattere conservativo e si identifica nella necessità di evitare che le richieste dei privati – fondate su una pianificazione ritenuta non più attuale, in quanto in fieri, e quindi potenzialmente modificata – finiscano per alterare profondamente la situazione di fatto e, di conseguenza, per pregiudicare definitivamente proprio gli obiettivi generali cui invece è finalizzata la programmazione urbanistica, rendendo estremamente difficile, se non addirittura impossibile, l’attuazione del piano in itinere.

Abuso edilizio e ordinanza di demolizione

Tar Campania, Napoli, sez. II, 2 novembre 2023, n. 5923

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Onere motivazionale attenuato

L’attività sanzionatoria della P.A., concernente l’attività edilizia abusiva, è connotata dal carattere vincolato e non discrezionale: il giudizio di difformità dell’intervento edilizio rispetto al titolo abilitativo rilasciato, che costituisce il presupposto dell’irrogazione delle sanzioni, integra un mero accertamento di fatto e, pertanto, l’ordine di demolizione di opere abusive non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può mai legittimare. In sostanza, non vi è spazio per apprezzamenti discrezionali, atteso che l’esercizio del potere repressivo mediante applicazione della misura ripristinatoria costituisce atto dovuto.

L’ordine di demolizione può ritenersi sufficientemente motivato per effetto della stessa descrizione dell’abuso accertato, presupposto giustificativo necessario e sufficiente a fondare l’adozione della misura sanzionatoria.