Varie

Consigliere comunale e decadenza dalla carica

Tar Campania, Napoli, sez. I, 9 maggio 2024, n. 3021

Consiglio comunale – Decadenza dalla carica di consigliere comunale – Natura giuridica – Cause – Astensionismo ingiustificato e astensionismo deliberato e preannunciato – Protesta politica – Termini per contestare i presupposti per la decadenza dalla carica di consigliere comunale

In via generale, la decadenza dalla carica di consigliere comunale costituisce una limitazione all’esercizio di un munus publicum, sicché la valutazione delle circostanze cui è conseguente la decadenza vanno interpretate restrittivamente.

Il carattere sanzionatorio del provvedimento, destinato ad incidere su una carica elettiva, impone la massima attenzione agli aspetti garantistici della procedura, anche per evitare un uso distorto dell’istituto come strumento di discriminazione nei confronti delle minoranze. Sotto distinto profilo, l’istituto della decadenza è posto a presidio di una ordinata e proficua attività dell’organo collegiale e tende a sanzionare il comportamento del consigliere che, una volta eletto, si disinteressi del mandato conferitogli dai cittadini.

L’elettorato passivo trova tutela a livello costituzionale (art. 51 Cost.): le ragioni che, in relazione al modo di esercizio della carica, possano comportare decadenza devono essere obiettivamente gravi nella loro assenza o inconferenza di giustificazione, ovvero nella loro genericità e carenza di prova, tale da impedire qualsiasi accertamento sulla fondatezza, serietà e rilevanza.

L’astensionismo ingiustificato di un consigliere comunale costituisce legittima causa di decadenza sul presupposto del disinteresse e della negligenza che l’amministratore mostra nell’adempiere il proprio mandato, con ciò generando non solo difficoltà di funzionamento dell’organo collegiale cui appartiene ma violando, altresì, l’impegno assunto con il corpo elettorale che lo ha eletto e che ripone in lui la dovuta fiducia politico–amministrativa.

A differenza dell’astensionismo deliberato e preannunciato che può considerarsi uno strumento di lotta politico-amministrativa a disposizione delle forze di opposizione per far valere il proprio dissenso a fronte di atteggiamenti ritenuti non partecipativi, dialettici e democratici delle forze di maggioranza, quello non preventivamente comunicato e addotto solo successivamente – e su richiesta di giustificazione per la mancata partecipazione ai lavori consiliari – costituisce legittima causa di decadenza, generando difficoltà di funzionamento dell’organo collegiale cui appartiene il consigliere comunale e violando l’impegno assunto con il corpo elettorale che lo ha eletto e che ripone in lui la dovuta fiducia politico–amministrativa.

La mera protesta politica, dichiarata a posteriori, non è idonea a costituire valida giustificazione delle assenze dalle sedute consiliari, in quanto, a tale scopo, occorre che il comportamento ed il significato della protesa che il consigliere comunale intende annettervi siano in qualche modo esternati al Consiglio o resi pubblici in concomitanza alla estrema manifestazione di dissenso, di cui la diserzione delle sedute costituisce espressione.

Incarichi dirigenziali e motivazione

Consiglio di Stato, sez. V, 23 aprile 2024, n. 3717

Attribuzione di qualifiche dirigenziali – Incarichi a contratto – Onere motivazionale – Principi dell’azione amministrativa

Con riferimento alla procedura di cui all’art. 110 comma 1 del TUEL, v’è un obbligo di specifica motivazione della scelta, che comporta l’indicazione dei presupposti per l’attribuzione di incarichi dirigenziali a soggetti esterni, fra cui il conferimento a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione. Ciò è espressione del principio di trasparenza dell’azione amministrativa e, quindi, dei principi di imparzialità e buon andamento della Amministrazione stessa (art. 97 Cost.), oltre che di correttezza e buona fede nella scelta del contraente.

Crocifissi e poteri di ordinanza sindacale

Consiglio di Stato, sez. II, 18 marzo 2024, n. 2567

Ordinanze contingibili e urgenti – Presupposti – Legittimità – Affissione crocifisso in edifici pubblici – Difetto di attribuzione

È illegittimo per difetto di attribuzione l’ordinanza contingibile e urgente adottata da un sindaco che ordina l’immediata affissione del crocifisso in tutti gli edifici pubblici con l’urgenza di “preservare le attuali tradizioni, ovvero mantenere negli edifici pubblici […] la presenza del crocifisso quale simbolo fondamentale dei valori civili e culturali del nostro paese”, non ravvisandosi alcuno dei presupposti che giustificano l’adozione di tale tipologia di provvedimento.

Incarico di Comandante dei Vigili Urbani

Consiglio di Stato, sez. V, 15 marzo 2024, n. 2518

Pubblico impiego – Atti di macro-organizzazione – Atto di conferimento dell’incarico di Comandante dei Vigili Urbani – Soggetti legittimati – Legge regionale Abruzzo n. 42/2013 – Ratio – Direzione uffici comunali ordinari – Divieto di inversione

L’atto di conferimento dell’incarico ad interim di Comandante dei Vigili Urbani è immediatamente lesivo trattandosi di provvedimento di riorganizzazione del settore che incide anche sui compiti che il medesimo dovrà svolgere. Tale atto rientra nella categoria degli atti di macro-organizzazione, in quanto si verte pacificamente su linee fondamentali della organizzazione e del funzionamento degli uffici.

La funzione di Comandante dei Vigili Urbani può essere assunta soltanto da personale dei “ruoli” della stessa polizia locale. Ciò è espressamente previsto dalla legge regionale Abruzzo n. 42 del 2013. La ratio di tale scelta legislativa risiede nel fatto che il personale dei ruoli della PM viene originariamente reclutato con certi criteri e secondo determinati profili professionali e formativi, tali da poter svolgere funzioni di polizia giudiziaria, di sicurezza pubblica e stradale (mansioni di una certa delicatezza che non sono abilitati a svolgere funzionari e dirigenti di altri settori “ordinari” dell’ente); del resto, in caso di assenza o impedimento del comandante, possono sopperire solo il vice comandante oppure, in assenza anche di quest’ultimo, il personale comunque del Corpo o Servizio di polizia locale (cfr. art. 5, comma 5, della citata legge regionale n. 42 del 2013).

La legge n. 208 del 2015, comma 221, prevede, in particolare, al secondo periodo che: “Allo scopo di garantire la maggior flessibilità della figura dirigenziale nonché il corretto funzionamento degli uffici, il conferimento degli incarichi dirigenziali può essere attribuito senza alcun vincolo di esclusività anche ai dirigenti dell’avvocatura civica e della polizia municipale”. Dunque, i dirigenti della PM e dell’avvocatura comunale possono eccezionalmente assumere la direzione di uffici ordinari dell’ente ma non anche il contrario (ossia dirigenti esterni alla PM non possono diventare comandanti della stessa); depone in tal senso, innanzitutto, la formulazione letterale della disposizione secondo cui può essere attribuito il “conferimento degli incarichi dirigenziali” ma non anche il ruolo di avvocato dell’ente oppure di comandante della polizia locale. Sul piano logico e sistematico, la ragione giustificatrice alla base di tale “divieto di inversione” (dirigenti di struttura oppure anche della avvocatura che assumano incarico di comandante della polizia locale) risiede nella constatazione che i medesimi – al netto di ogni caso particolare – non sono in via generale stati formati e reclutati per assumere e svolgere determinate specifiche funzioni di polizia giudiziaria, di sicurezza pubblica e stradale.

Farmacie rurali e libertà di trasferimento

Consiglio di Stato, sez. III, 13 marzo 2024, n. 2450

Farmacie – Farmacie rurali – Libertà di trasferimento del farmacista all’interno della zona di competenza – Autorizzazione

Tali considerazioni valgono a maggior ragione per i trasferimenti delle farmacie rurali, che sono destinate a far fronte a particolari esigenze dell’assistenza farmaceutica locale, che prescinde dall’ordinario criterio della popolazione.

Impianti di telefonia mobile e criteri localizzativi

Tar Valle d’Aosta, sez. Unica, 23 febbraio 2024, n. 15

Installazione di impianti di telefonia mobile – Criteri localizzativi – Potere regolamentare dei Comuni – Limiti alla localizzazione

Alle Regioni e ai Comuni è consentito individuare criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile (anche espressi sotto forma di divieto) quali ad esempio il divieto di collocare antenne su specifici edifici (ospedali, case di cura ecc.), mentre non è loro consentito introdurre limitazioni alla localizzazione, consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei (prescrizione di distanze minime, da rispettare nell’installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici destinati ad abitazioni, a luoghi di lavoro o ad attività diverse da quelle specificamente connesse all’esercizio degli impianti stessi, di ospedali, case di cura e di riposo, edifici adibiti al culto, scuole ed asili nido, nonché di immobili vincolati ai sensi della legislazione sui beni storico-artistici o individuati come edifici di pregio storico-architettonico, di parchi pubblici, parchi gioco, aree verdi attrezzate ed impianti sportivi).

La scelta di individuare un’area ove collocare gli impianti in base al criterio della massima distanza possibile dal centro abitato non può ritenersi condivisibile, costituendo un limite alla localizzazione (non consentito) e non un criterio di localizzazione (consentito).

La potestà attribuita all’amministrazione comunale di individuare aree dove collocare gli impianti è condizionata dal fatto che l’esercizio di tale facoltà deve essere rivolto alla realizzazione di una rete completa di infrastrutture di telecomunicazioni, tale da non pregiudicare l’interesse nazionale alla copertura del territorio e all’efficiente distribuzione del servizio.

Il legislatore statale, con l’art. 38, comma 6, del decreto legge n. 76 del 2020, convertito in legge n. 120 del 2020, ha modificato l’art. 8 della legge n. 36 del 2001, autorizzando i Comuni all’adozione di regolamenti riferibili a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazione elettroniche di qualsiasi tipologia e in ogni caso di incidere, anche in via indiretta, mediante provvedimenti contingibili urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservate allo Stato ai sensi dell’articolo 4.

Ai sensi del d. lgs. n. 259 del 2003, le infrastrutture di telefonia mobile sono considerate opere di “pubblica utilità” e “sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria” (artt. 86, comma 3, e 90, comma 1), potendo essere collocate in qualsivoglia zona del territorio comunale e a prescindere dalla sua destinazione funzionale, in modo che sia realizzato un servizio capillare.

Scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose

Tar Lazio, Roma, sez. I Ter, 11 marzo 2024, n. 4891

Scioglimento consigli comunali conseguente a fenomeni di infiltrazione mafiosa – Dichiarazione di incandidabilità – Natura giuridica – Discrezionalità – Condotta dell’amministratore

L’art. 143 TUEL – “Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare. Responsabilità dei dirigenti e dipendenti” – al comma 5 stabilisce: “ Anche nei casi in cui non sia disposto lo scioglimento, qualora la relazione prefettizia rilevi la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti o ai dipendenti a qualunque titolo dell’ente locale, con decreto del Ministro dell’interno, su proposta del prefetto, è adottato ogni provvedimento utile a far cessare immediatamente il pregiudizio in atto e ricondurre alla normalità la vita amministrativa dell’ente, ivi inclusa la sospensione dall’impiego del dipendente, ovvero la sua destinazione ad altro ufficio o altra mansione, con obbligo di avvio del procedimento disciplinare da parte dell’autorità competente”.

Il procedimento giurisdizionale per la dichiarazione di incandidabilità ex art. 143, comma 11, TUEL è autonomo rispetto a quello penale, e diversi ne sono i presupposti, in quanto la misura interdittiva elettorale non richiede che la condotta dell’amministratore dell’ente locale integri gli estremi del reato di partecipazione ad associazione mafiosa o concorso esterno nella stessa, essendo sufficiente che egli sia stato in colpa nella cattiva gestione della cosa pubblica, aperta alle ingerenze ed alle pressioni delle associazioni criminali operanti sul territorio. È sufficiente, dunque, accertare la presenza di elementi di collegamento tra l’amministratore locale e l’oggetto dell’addebito, tali da essere ritenuti idonei ad influenzare e condizionare la formazione della volontà dell’ente pubblico, senza che la condotta dell’amministratore debba necessariamente assumere una connotazione penalmente rilevante.

Va evidenziata la natura di provvedimento non sanzionatorio, ma preventivo della misura ex art. 143, t.u. 18 agosto 2000, n. 267, in quanto posto a salvaguardia dell’amministrazione pubblica di fronte alla pressione e all’influenza della criminalità organizzata.

Alla stregua di tale ratio, trovano giustificazione sia il margine, particolarmente ampio, della potestà di apprezzamento di cui fruisce l’Amministrazione, sia la possibilità di dare peso anche a situazioni non traducibili in addebiti personali, ma tali da rendere plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell’esperienza, l’ipotesi di una possibile soggezione degli amministratori alla criminalità organizzata.

La scelta del legislatore è stata quella di non subordinare lo scioglimento del consiglio comunale e le misure collegate e conseguenti a misure di prevenzione o a condanne in sede penale, né al compimento di specifiche illegittimità.

Tutto quanto sopra chiarito spiega anche perché, nell’ipotesi di scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose – finalizzato, dunque, a contrastare una patologia del sistema democratico – l’Amministrazione goda di ampia discrezionalità, non richiedendosi né la commissione di reati da parte degli amministratori, né che i collegamenti tra l’amministrazione e le organizzazioni criminali risultino da prove inconfutabili, ma solo che sussistano sufficienti elementi univoci e coerenti volti a far ritenere una relazione dinamica tra l’Amministrazione e i gruppi criminali.

Gioco d’azzardo e tutela dei giocatori tra diritto unionale e interno

Consiglio di Stato, sez. V, 12 marzo 2024, n. 2369

Gioco d’azzardo – Libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi – Effetti negativi per la salute e a livello sociale – Tutela dei consumatori – Decreto Balduzzi – Messaggi pubblicitari – Collocazione sale gioco – Ordinanze sindacali contenenti limitazioni orarie per l’esercizio del gioco lecito e l’apertura delle sale gioco – Ratio – Discrezionalità – Onere istruttorio e motivazionale – Principi di ragionevolezza, proporzionalità e precauzione – Attribuzioni del Comune – Contemperamento degli interessi pubblici e privati – Misura sanzionatoria della sospensione del funzionamento degli apparecchi di intrattenimento – Natura giuridica

Parimenti, la Commissione europea, nel 2014, è intervenuta sul tema con la raccomandazione 14 luglio sul gioco d’azzardo (anche se on line), stabilendo i principi che gli Stati membri sono invitati a osservare al fine di tutelare i consumatori, con particolare attenzione ai minori e ai soggetti più deboli.

In ambito nazionale, assume un rilievo centrale la disciplina del c.d. decreto Balduzzi, che ha attuato un intervento più organico in materia (d.l. 13 settembre 2012, n. 158, convertito dalla l. 8 novembre 2012, n. 189), affrontando diverse tematiche. Con riguardo ai profili sanitari, è previsto l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA) con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia (art. 5, comma 2). In attuazione di tale disposizione, è stato approvato il Piano d’azione nazionale.

Per contenere i messaggi pubblicitari, si vieta l’inserimento di messaggi pubblicitari di giochi con vincite in denaro nelle trasmissioni televisive e radiofoniche, nonché durante le rappresentazioni teatrali o cinematografiche non vietate ai minori; sono anche proibiti i messaggi pubblicitari di giochi con vincite in denaro su giornali, riviste, pubblicazioni, durante trasmissioni televisive e radiofoniche, rappresentazioni cinematografiche e teatrali, nonché via internet, che incitano al gioco, ovvero ne esaltano la sua pratica, ovvero che hanno al loro interno dei minori, o che non avvertono del rischio di dipendenza dalla pratica del gioco: per i trasgressori (sia il committente del messaggio pubblicitario sia il proprietario del mezzo di comunicazione interessato) è prevista una sanzione amministrativa da 100.000 a 500.000 euro (art. 7, commi 4 e 4-bis).

Benché non sia stato emanato il decreto ministeriale che avrebbe dovuto indicare i criteri e indirizzi, le amministrazioni regionali e locali hanno adottato legittimamente, in assenza di una normativa di coordinamento di ambito statale, propri regolamenti in materia.

In base al decreto Balduzzi, è stato istituito anche un Osservatorio per valutare le misure più efficaci per contrastare la diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave. Tale Osservatorio, inizialmente istituito presso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, è stato successivamente trasferito al Ministero della salute, ai sensi della legge n. 190 del 2014 (legge finanziaria per il 2015), che ne ha modificato anche la composizione, per assicurare la presenza di esperti e di rappresentanti delle regioni, degli enti locali e delle associazioni operanti in materia.

La stessa legge (art. 1, comma 133) destina annualmente, a decorrere dal 2015, una quota di 50 milioni di euro, nell’ambito delle risorse destinate al finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, per la cura delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d’azzardo (1 milione annuo per la sperimentazione di software per monitorare il comportamento del giocatore e generare messaggi di allerta).

In tale contesto, si inserisce il potere del sindaco di adottare, come nell’ipotesi di specie, ordinanze volte alla limitazione oraria delle apparecchiature per l’esercizio del gioco lecito e di apertura delle sale gioco.

La normativa in materia di gioco d’azzardo – con riguardo alle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché all’impatto sul territorio dell’afflusso ai giochi degli utenti – non rientra nella competenza statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza di cui all’art. 117 comma 2 lett. h), Cost., bensì nella tutela del benessere psico-fisico dei soggetti maggiormente vulnerabili e della quiete pubblica, tutela che rientra nelle attribuzioni del Comune, ex artt. 3 e 5, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

La disciplina degli orari di apertura e funzionamento delle sale da gioco autorizzate e del funzionamento delle apparecchiature, ex art. 110, comma 6, TULPS, costituisce un crocevia di valori nel quale confluiscono una pluralità di interessi che devono essere adeguatamente misurati e contemperati.

Difatti, da un lato, emergono le esigenze dei privati – ovvero dei soggetti autorizzati all’esercizio del gioco lecito – titolari di una concessione con l’amministrazione finanziaria e di una specifica autorizzazione di polizia. Tali soggetti mirano alla massimizzazione dei loro profitti, al fine di ottenere la remunerazione dei loro investimenti economici, attraverso la più ampia durata giornaliera dell’apertura dell’esercizio, invocando i principi costituzionali di libertà di iniziativa economica, di libera concorrenza e del legittimo affidamento ingenerato proprio dal rilascio dei titoli – concessorio e autorizzatorio – necessari alla tenuta delle sale da gioco.

Dall’altro lato, sussistono interessi pubblici e generali, non contenuti in quelli economico – finanziari (tutelati dalla concessione) o relativi alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica (tutelati dall’autorizzazione questorile), ma estesi anche alla quiete pubblica (in ragione dei non improbabili disagi derivanti dalla collocazione delle sale gioco in determinate zone cittadine più o meno densamente abitate a causa del possibile congestionamento del traffico o dell’affollamento dei frequentatori) e alla salute pubblica, quest’ultima in relazione al pericoloso fenomeno, sempre più evidente, della ludopatia.

Il sindaco, nell’esercitare il potere per definire gli orari di apertura delle sale da gioco e dei locali in cui sono presenti le apparecchiature, ex art. 110, comma 6, TULPS, è tenuto a valutare le posizioni di ciascuno dei soggetti coinvolti, senza impiegare mezzi eccessivi rispetto agli obiettivi perseguiti, ma tenendo comunque in considerazione la prevalenza del bene salute, ex art. 32 Cost., rispetto all’iniziativa economica, ex art. 41 Cost. È al riguardo pacifico il potere del sindaco di cui all’art. 50, comma 7, del TUEL, di adottare provvedimenti funzionali a regolamentare gli orari delle sale giochi e degli esercizi pubblici in cui sono installate apparecchiature da gioco: in forza della generale previsione dell’articolo 50, comma 7, d. lgs. 267 del 2000, il Sindaco può disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco e ciò può fare per esigenze di tutela della salute, della quiete pubblica, ovvero della circolazione stradale.

La previsione di una limitazione oraria mira, in primis, a contrastare il fenomeno della ludopatia, inteso come disturbo psichico che induce l’individuo a concentrare ogni suo interesse sul gioco, in maniera ossessiva e compulsiva, con ovvie ricadute sul piano familiare e professionale, nonché con l’innegabile dispersione del patrimonio personale.

Nell’attuale momento storico, la diffusione del fenomeno della ludopatia in ampie fasce della popolazione costituisce un fatto notorio o, comunque, una nozione di fatto di comune esperienza, come attestano le numerose iniziative di contrasto assunte dalle autorità pubbliche a livello europeo, nazionale e regionale.

Un’ordinanza sindacale di regolazione degli orari delle sale da gioco non può considerarsi viziata da deficit di istruttoria o di motivazione soltanto perché il numero dei giocatori ludopatici non sia in assoluto elevato, giacché ciò che massimamente va considerato è la tendenza registrata nel periodo considerato, la quale, da sola, induce allarme negli enti pubblici preposti alla tutela della salute e giustifica, pertanto, l’adozione di misure restrittive.

In presenza di attività discrezionali della pubblica amministrazione, il sindacato del giudice amministrativo è limitato, con possibile esito caducatorio, alle sole fattispecie in cui emergano palesi illogicità o elementi di irragionevolezza, oppure, ancora, errori su elementi di fatto; per valutare o parametrare tali limiti, vengono in gioco vari principi che permeano l’azione amministrativa; il principio di ragionevolezza postula la coerenza tra valutazione compiuta e decisione presa; il principio di proporzionalità esige che gli atti amministrativi non debbono andare oltre quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato e, qualora si presenti una scelta tra più opzioni, la pubblica amministrazione debba ricorrere a quella meno restrittiva, non potendosi imporre obblighi e restrizioni in misura superiore a quella strettamente necessaria a raggiungere gli scopi che l’amministrazione deve realizzare; il principio di precauzione, che discende dai primi due (sviluppatosi nell’ambito della tutela dell’ambiente e del diritto alla salute), può essere invocato quando un fenomeno o un evento preso in considerazione dall’attività amministrativa (ed individuati tramite una valutazione scientifica ed obiettiva che però non consente di determinare l’esistenza del rischio con sufficiente certezza) possano avere effetti potenzialmente pericolosi, e consente il sacrificio o la compressione degli interessi coinvolti a valle della applicazione dei criteri ed analisi tecniche dei rischi poste alla base dell’istruttoria procedimentale; in base al combinato di tali principi, una istruttoria può dirsi ragionevolmente completa quando, sulla base della analisi di contesto e ponderazione dei rischi, le misure adottate rispettino la proporzionalità rispetto al livello di protezione ricercato (devono cioè essere idonee, adeguate e necessarie), siano coerenti con quelle già prese in situazioni analoghe.

Il principio di proporzionalità impone all’amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato: definito lo scopo avuto di mira, il principio di proporzionalità è rispettato se la scelta concreta dell’amministrazione è in potenza capace di conseguire l’obiettivo (idoneità del mezzo) e rappresenta il minor sacrificio possibile per gli interessi privati attinti (stretta necessità), tale, comunque, da poter essere sostenuto dal destinatario (adeguatezza).

L’amministrazione comunale è obbligata a porre in essere interventi limitativi nella regolamentazione delle attività di gioco, ispirati, per un verso, alla tutela della salute, che rischia di essere gravemente compromessa per i cittadini che siano giocatori e quindi clienti delle sale gioco e, per altro verso, al principio di precauzione, citato nell’art. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), il cui scopo è garantire un alto livello di protezione dell’ambiente, grazie a precise prese di posizione preventive in caso di rischio, ma il cui campo di applicazione è molto più vasto e si estende anche alla politica dei consumatori, alla legislazione europea sugli alimenti, alla salute umana, animale e vegetale. L’assioma fondamentale di tale ultimo principio è che, nell’ipotesi di un rischio potenziale, laddove vi sia un’identificazione degli effetti potenzialmente negativi di un’attività (come può risultare dallo stesso decreto Balduzzi) e vi sia stata una valutazione dei dati scientifici disponibili, è d’obbligo predisporre tutte le misure per minimizzare (o azzerare, ove possibile) il rischio preso in considerazione, pur sempre nel rispetto del principio di proporzionalità e di contemperamento degli interessi coinvolti.

Le amministrazioni comunali, con le suddette ordinanze, realizzano un ragionevole contemperamento degli interessi economici degli imprenditori del settore, con l’interesse pubblico a prevenire e contrastare i fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo, non essendo revocabile in dubbio che un’illimitata o incontrollata possibilità di accesso al gioco accresca il rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza, con conseguenze pregiudizievoli sia sulla vita personale e familiare dei cittadini, che a carico del servizio sanitario e dei servizi sociali, chiamati a contrastare patologie e situazioni di disagio connesse alle ludopatie e che, anche alla luce delle decisioni della Corte di giustizia dell’Unione Europea nel settore dell’esercizio dell’attività imprenditoriale del gioco lecito, le esigenze di tutela della salute vengono ritenute del tutto prevalenti rispetto a quelle economiche.

È rispettoso del principio di proporzionalità il contenimento dell’orario di apertura di una sala giochi entro il limite delle otto ore giornaliere.

Pur nella consapevolezza di un distinto orientamento, secondo cui i Comuni potrebbero discostarsi dall’Intesa de qua solo con adeguata motivazione, il collegio intende dar seguito al diverso orientamento giurisprudenziale seguito dalla Sezione, secondo cui “È, dunque, espressamente previsto che l’intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata sia recepita in un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze. Prevedendo l’adozione di un decreto ministeriale che abbia ad oggetto profili di regolamentazione del gioco pubblico, l’amministrazione statale si è attribuita un potere di indirizzo e coordinamento per aver ritenuto che in tale specifico settore (quello del gioco lecito) si incrociano materie attribuite dalla Costituzione alla competenza di diversi livelli di governo, anche regionale, ma si avverte l’esigenza di una regolamentazione unitaria; […] In questi casi – quando cioè lo Stato attribuisce per legge a sé stesso un potere di indirizzo e coordinamento in relazione ad un settore che investe in maniera trasversale materie di competenza anche delle Regioni – è dovuta nella legge statale la previsione del previo raggiungimento dell’Intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 28, quale strumento tipico di coinvolgimento delle Regioni in attuazione del principio di leale collaborazione. Il potere di indirizzo e coordinamento non è stato, tuttavia, ancora esercitato perché il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze non è stato adottato, mentre è stata conclusa l’intesa nell’ambito della Conferenza Unificata Stato Regioni Enti locali il 7 settembre 2017. Per essere prevista quale atto prodromico all’esercizio del potere statale di coordinamento ed indirizzo con finalità di coinvolgimento delle Regioni, all’Intesa non può riconoscersi ex se, e senza che i suoi contenuti siano recepiti nel decreto ministeriale, alcuna efficacia cogente”.

La misura sanzionatoria della sospensione del funzionamento degli apparecchi di intrattenimento non è riconducibile alle sanzioni amministrative previste dalla l. 689 del 1981 (trattandosi, invece, di potere rientrante nell’ambito del c.d. rapporto amministrativo instauratosi tra amministrazione comunale e privato autorizzato).

Il Comune può legittimamente prevedere che, in caso di reiterata violazione della disciplina sindacale sugli orari di apertura delle sale da gioco e di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro, si applichi la misura restrittiva della sospensione dell’attività per un tempo ragionevole, adeguato e idoneo.

Con il passaggio dall’autorità di pubblica sicurezza ai Comuni delle funzioni di cui al TULPS, per opera dell’art. 19, comma 1, del d.P.R. n. 616 del 1977 (“Attuazione della delega di cui all’art. 1 della l. 22/7/1975, n. 382”, tra le quali, appunto, al n. 8) “la licenza per alberghi, compresi quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè ed altri esercizi in cui si vendono o consumano bevande non alcooliche, sale pubbliche per biliardi o per altri giuochi leciti, stabilimenti di bagni, esercizi di rimessa di autoveicoli o di vetture e simili di cui all’art. 86”), sono transitati nella competenza dei Comuni anche i poteri sanzionatori, utilizzabili in presenza di violazione delle discipline specifiche che attengono alla tutela degli interessi pubblici diversi da quello dell’ordine e della sicurezza pubblica.

Tra le misure sanzionatorie, l’art. 10 del T.U.L.P.S. prevede la revoca o la sospensione dell’autorizzazione nel caso di abuso della persona autorizzata; l’abuso consisterebbe anche nella violazione delle disposizioni dirette a garantire il corretto esercizio dell’attività autorizzata, fra le quali rientra l’orario di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e svago.

Circolazione stradale e piano urbano del traffico

Tar Sicilia, Palermo, sez. I, 21 febbraio 2024, n. 654

Circolazione stradale – Piano urbano del traffico – ZTL – Tariffazione degli accessi – Relazione tecnica di accompagnamento

La facoltà concessa ai Comuni – a norma del comma 9 dell’art. 7 d.lg. 30 aprile 1992, n. 285, come modificato dal d.lgs. 10 settembre 1993 n. 360 – di subordinare al pagamento di una somma l’ingresso o la circolazione dei veicoli a motore all’interno delle zone a traffico limitato presuppone che – secondo quanto prescritto dalla circolare 21 luglio 1997, n. 3816 dell’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale – i Comuni che abbiano istituito una z.t.l., abbiano adottato il Piano urbano del traffico ai sensi dell’art. 36 c. strad. e abbiano introdotto la tariffazione degli accessi alla z.t.l. all’interno del Piano urbano del traffico, avendo verificato che tale provvedimento si rende effettivamente necessario per il raggiungimento degli obiettivi del Piano urbano del traffico, di cui deve essere data documentazione in uno specifico paragrafo della relazione tecnica che accompagna il suddetto Piano.