Corte dei conti

Società pubbliche e operazioni straordinarie: non necessario il parere della Corte dei conti

Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, 18 ottobre 2023, deliberazione Lombardia/232/2023/PASP

Parere ex art. 5 TUSP – Operazioni straordinarie – Fusione – Non luogo a provvedere

L’art. 5, comma 3, TUSP ha limitato, letteralmente, il proprio ambito oggettivo di applicazione ai soli due momenti (la costituzione di una società e l’acquisto di partecipazioni) in cui l’Amministrazione pubblica entra per la prima volta in relazione con una realtà societaria, nuova o già esistente, assumendo la qualifica di socio, con la conseguenza che l’assunzione della qualità di socio segna la linea di confine per distinguere gli atti deliberativi da sottoporre all’esame della Corte dei conti e quelli invece esclusi.

La procedura preliminare di valutazione affidata alla Corte dei conti non riguarda le decisioni concernenti operazioni societarie straordinarie, tra le quali rientra espressamente anche la fusione (diretta o inversa) tra due o più società.

La Corte dei conti boccia l’integrazione degli aeroporti sardi

Corte dei conti, sezione di controllo per la Regione Sardegna, deliberazione n. 100/2023/PASP del 20 ottobre 2023

Parere ex art. 5 TUSP – Camere di Commercio – Operazioni straordinarie – Bisogni della collettività di riferimento – Vincoli di scopo e di attività – Oneri motivazionali

L’esame degli atti deliberativi di costituzione di società o di acquisizione di partecipazioni societarie da parte delle competenti Sezioni della Corte dei conti, prescritto dai commi 3 e 4 dell’art. 5 del d.lgs. n. 175 del 2016, non riguarda le operazioni di trasformazione fra tipi societari, di fusione e di sottoscrizione di aumento di capitale sociale solo quando non comporti anche l’acquisto della posizione di socio.

La finalità di costituire una rete integrata tra gli aeroporti di una regione non può ritenersi di per sé sufficiente a giustificare la decisione di perseguire tale obiettivo mediante l’acquisto di una partecipazione societaria in una holding detenuta da un socio privato.

L’art. 1 comma 1 della l. n. 580 del 1998, individua la missione generale delle Camere di commercio, che sono chiamate a svolgere i loro compiti all’interno della circoscrizione territoriale di competenza, in quanto soggetti esponenziali di comunità parziali deputati allo svolgimento di funzioni che, per quanto di carattere generale, devono essere ricondotte in ogni caso esclusivamente agli interessi della comunità rappresentata nell’ambito del territorio assegnatole. Il che, non esclude, dunque, che l’attività delle camere di commercio possa propagarsi al di fuori della propria circoscrizione (proprio perché gli interessi della comunità rappresentata ben possono trascendere un ambito territoriale limitato), ma impone pur sempre che sia strettamente riferibile all’utilità e agli interessi che si radicano nel territorio di competenza. In altri termini, non vi è un parallelismo tra la latitudine delle funzioni e l’ambito degli interessi della comunità di riferimento: le prime possono proiettarsi all’esterno della circoscrizione, ma gli interessi di riferimento devono sempre collocarsi all’interno della comunità, pena la indebita sovrapposizione rispetto ad altre sfere di competenza (ivi comprese quelle di altre camere, titolari della cura di interessi potenzialmente antagonisti) alla luce dei principi organizzativi di cui all’art. 118 della Costituzione.

La decisione di conservare, mantenere o modificare una partecipazione societaria, non può prescindere dalla valutazione dei “bisogni della collettività di riferimento”.

Omaggi al parroco e responsabilità erariale

Corte dei conti, II sezione giurisdizionale centrale d’appello, 3 luglio 2023, n. 178

Concessione di doni e omaggi – Spese di rappresentanza – Inerenza – Prassi contra legem

La Giunta Comunale che con risorse pubbliche organizza un rinfresco con un dono per omaggiare il parroco in occasione del suo congedo arreca danno erariale, in quanto si tratta di spese non classificabili come di rappresentanza, poiché non finalizzate ad accrescere il prestigio dell’amministrazione stessa verso l’esterno e non correlate ad esigenze di rappresentatività connesse alle finalità dell’Ente.

La spesa pubblica deve essere sempre rivolta al perseguimento di un interesse pubblico da individuarsi non attraverso personali ed estemporanee valutazioni caso per caso, bensì in base ad obiettivi criteri giuridici, da predeterminarsi, almeno nelle linee generali, in rapporto a quelli specifici dell’Ente.

Una prassi amministrativa contra legem non è idonea a far venire meno l’antigiuridicità di una condotta o a escludere il profilo dell’elemento psicologico, ravvisabile nella colpa grave, in quanto, poiché contraria a norme scritte, non ha, né può avere, alcuna rilevanza “legale”, non potendo l’Amministrazione agire in contrasto con l’ordinamento. Pertanto, sussiste la responsabilità del funzionario comunale che ad essa si sia adeguato, ove si consideri che, al contrario, incombe sullo stesso l’obbligo di disapplicare, modificare o comunque, interrompere tale procedura contra legem.

Società in house, incarichi esterni e danno erariale

Corte dei conti, I sezione giurisdizionale centrale d’appello, 22 giugno 2023, n. 287

Responsabilità amministrativa – Società in house – Incarichi esterni – Controllo analogo

Il Direttore Generale e l’Amministratore di una società in house interamente partecipata da un Comune rispondono davanti alla Corte dei conti del danno erariale arrecato al patrimonio della società, causato dal conferimento di incarichi all’esterno in modo illecito, con il concorso di responsabilità degli amministratori dell’ente locale, socio unico, per omesso esercizio del controllo analogo di propria spettanza.

Danno erariale da omessa entrata

Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per la Campania, 4 luglio 2023, n. 409

Responsabilità amministrativa – Danno da omessa entrata – Tassa – Controprestazione – Danno all’immagine – Sentenza di patteggiamento

Non si concretizza alcun danno erariale da omessa entrata a carico di un ente comunale, quando, come nel caso delle tariffe applicate alle operazioni cimiteriali, la mancata entrata si qualifica sotto il profilo giuridico – contabile, come una tassa ossia una prestazione patrimoniale corrisposta al Comune da privati che intendano fruire di uno o più servizi specificamente individuati e sia mancata la controprestazione, poiché  sussiste un collegamento funzionale tra il pagamento di una tariffa, ad importo calmierato, da parte degli utenti e il compimento, a cura dell’Ente, di un servizio a richiesta.

La riforma Cartabia e, precisamente, dell’art. 25, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 150/2022, ha riscritto l’art. 445, comma 1-bis, c.p.p., facendo venir meno – in difetto di pene accessorie – l’equiparazione, ai fini extra-penali, tra sentenza di patteggiamento e sentenza di condanna, con la conseguenza che risulta preclusa in sede erariale la reintegrazione del pregiudizio al prestigio dell’Amministrazione per carenza di uno dei presupposti della relativa azione risarcitoria e segnatamente di una condanna irrevocabile per un reato contro la P.A. o, comunque, in suo danno.

Bilancio di fine mandato e incarichi illegittimi

Corte dei conti, II sezione giurisdizionale centrale d’appello, 2 giugno 2023, n. 168

Responsabilità amministrativa – Segretario comunale – Rendiconto di fine mandato – comunicazione politica – Comunicazione istituzionale

Arreca danno erariale il Segretario Comunale che affida un articolato incarico per la redazione di un documento definito bilancio di fine mandato con realizzazione di una pubblicazione cartacea e digitale, quando questo si traduce in una propaganda elettorale,  presentata come un’apparente comunicazione istituzionale, ma rappresentando, in realtà, una vera e propria attività di comunicazione politica, finendo con l’alterare la par condicio tra i candidati alle successive competizioni elettorali.

Non rappresenta un rendiconto di fine mandato ai sensi della legge n. 149/2011 un opuscolo con il quale si diffonde l’operato della Giunta e del Sindaco uscente, dal contenuto enfatico ed empatico, di tipo elogiativo, ricco di fotografie e illustrazioni riferibili agli amministratori in carica, non perseguendo altra finalità se non quella propagandistica.

Società in house, crisi d’impresa e responsabilità erariale

Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per la Calabria, 20 giugno 2023, n. 112

Società in house – Dipendente comunale – Mala gestio – Giurisdizione contabile – Danno erariale – Responsabilità amministrativa

L’esercizio dell’azione di responsabilità civile per mala gestio nei confronti degli amministratori di una società in house fallita da parte della curatela deve essere radicata innanzi al giudice ordinario, in quanto il curatore fallimentare non potrebbe agire davanti la Corte dei Conti per far valere una responsabilità amministrativa nelle forme del giudizio ad istanza di parte, essendo l’azione erariale una prerogativa esclusiva del Pubblico Ministero contabile, restando comunque ammissibile la proposizione, per gli stessi fatti, di un giudizio civile e di un giudizio contabile risarcitorio

È da ritenersi antigiuridica e, dunque, causativa di danno erariale la condotta tenuta dai membri del Consiglio di Gestione, nonché dal Direttore amministrativo e dal Direttore generale di una società in house quando: – con un comportamento intenzionale sono stati iscritti a bilancio crediti per fatture da emettere, in quanto l’operazione non rispetta i principi di verità, correttezza e prudenza che devono governare la redazione dei bilanci societari; – sono state emesse in modo arbitrario note di credito non per la rettifica di un debito, ma per affermare l’esistenza di un credito, così riducendo i debiti verso i propri fornitori; – non è stata avviata la procedura di liquidazione volontaria della società, nonostante fosse stata accertata una sovraesposizione debitoria aumentata in modo insostenibile negli anni, tale da condurre la società al fallimento.

Attività extra-istituzionale

Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per la Lombardia, 25 maggio, n. 97

Attività extraistituzionale in favore di altro comune ex art. 53, comma 7 del d.lgs. n. 165/2001 – Dipendente comunale – Mancata entrata in bilancio comunale – Danno erariale – Responsabilità amministrativa

Il dipendente comunale che svolge attività lavorativa extraistituzionale in favore di altro Comune è da ritenersi privo dell’autorizzazione dell’ente di appartenenza, quando abbia provveduto personalmente all’invio della richiesta di autorizzazione ed alla redazione dei relativi nulla osta, poiché in evidente conflitto di interessi, dunque con l’obbligo di astenersi e di segnalare ogni situazione di conflitto, anche potenziale.

Il procedimento autorizzatorio allo svolgimento di attività extraistituzionale non può ritenersi validamente avviato, quando il soggetto beneficiario dell’autorizzazione abbia trattato in una qualunque delle sue fasi, ancorché endoprocedimentali, la pratica di autorizzazione dell’incarico con la conseguenza che nella conclusione del procedimento nei rapporti fra le due pp.aa. non può trovare applicazione l’istituto del silenzio-assenso.

Il danno erariale derivante dallo svolgimento di attività lavorativa extraistituzionale senza autorizzazione deriva dal mancato riversamento del compenso all’ente di appartenenza in adempimento di un preciso obbligo di legge; conseguentemente dallo svolgimento dell’attività lavorativa non autorizzata non può derivare alcuna compensatio lucri cum damno, difettando il nesso eziologico reciproco tra depauperamento (della p.a.) e arricchimento (della stessa o altra p.a.), in quanto alla mancata entrata da omesso riversamento di un ente non è direttamente collegato un risparmio di spesa di un altro ente, bensì l’arricchimento del dipendente, cioè proprio il risultato che la norma mira ad evitare.

Liquidazione di incentivi per funzioni tecniche

Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per il Molise, 26 giugno 2023, n. 38

Illegittima liquidazione di incentivi ex art. 113 d.lgs. n. 50/2016 – Dipendente comunale – Danno erariale – Responsabilità amministrativa 

L’erogazione degli incentivi per funzioni tecniche, di cui all’art. 113 del Codice dei Contratti, prevede come requisito sostanziale e non formale che la ripartizione per ciascuna opera o lavoro, servizio, fornitura avvenga secondo le modalità e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata integrativa del personale e  sulla base di apposito regolamento adottato dalle amministrazioni secondo i rispettivi ordinamenti, dovendo essere predeterminati i criteri di commisurazione e, prima ancora, quelli di riscontro sull’effettiva spettanza.

Non sussiste alcun automatismo tra il ruolo di dipendente impiegato in funzioni tecniche ed il relativo incentivo, prevedendo la norma che lo stesso sia ridotto, sulla base del regolamento e della contrattazione nei casi di anomalo incremento dei tempi e dei costi dell’appalto e che l’assegnazione dell’emolumento sia, comunque, subordinata al previo accertamento delle specifiche attività svolte dai predetti dipendenti.

L’introduzione di un nuovo regolamento per l’erogazione degli incentivi per funzioni tecniche può avere valenza retroattiva solo nei confronti di fattispecie procedimentali, in cui manca ancora la fase di riparto e di successiva liquidazione degli incentivi.

Contabilità armonizzata

Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna, 12 giugno 2023, n. 85

Contabilità armonizzata – Deliberazione ai sensi dell’art. 148-bis del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 – Controllo finanziario ai sensi dell’art. 1, comma 166 e ss., della legge 23 dicembre 2005, n. 266 – Imputazione dei contributi in conto capitale a rendicontazione – Fondo crediti di dubbia esigibilità

In base a quanto previsto dal punto 3.6 dell’allegato 4/2 al D. Lgs. 118/2011, in caso di trasferimenti a rendicontazione, l’Ente beneficiario ha titolo ad accertare le entrate con imputazione ai medesimi esercizi cui sono stati registrati gli impegni da parte dell’Ente erogatore ovvero, nel caso in cui l’erogatore non adotti il principio della competenza finanziaria potenziata, agli esercizi in cui l’Ente beneficiario stesso prevede di impegnare la spesa cui il trasferimento è destinato. Pertanto, l’Ente beneficiario è tenuto ad imputare i trasferimenti in entrata solo all’esercizio in cui prevede di effettuare la relativa rendicontazione quale espressione del generale principio della contabilità finanziaria potenziata, in base al quale possono essere iscritte in bilancio solo obbligazioni che si prevede saranno esigibili nell’esercizio.

Il principio contabile messo in luce dalla Sezione, altro non è che espressione del generale principio della contabilità finanziaria potenziata. Diversamente operando – vale a dire iscrivendo in entrata i contributi a rendicontazione prima del verificarsi della condizione legittimante il maturare del credito nei confronti del soggetto erogante – l’Ente andrebbe a sovrastimare le entrate relative all’esercizio in cui esse vengono in tal modo anticipatamente imputate, con conseguente rischio per i complessi equilibri del bilancio, attraverso una dilatazione della capacità di spesa. Ciò, anche nell’ipotesi di iscrizione di pari importo al fondo pluriennale vincolato neutralizza tale effetto espansivo, rileva di per sé, in quanto, da un lato, essa è in grado di compromettere il valore dei parametri obiettivi di cui all’art. 242 del TUEL e, dall’altro lato, fornisce una rappresentazione alterata dei principali aggregati del bilancio, nel mancato rispetto, quindi, dei principi di veridicità, attendibilità, correttezza e comprensibilità.

In occasione della redazione del rendiconto va verificata la congruità del fondo crediti di dubbia esigibilità accantonata nel risultato di amministrazione, facendo riferimento all’importo complessivo dei residui attivi, sia di competenza dell’esercizio cui si riferisce il rendiconto, sia degli esercizi precedenti. La scelta del livello di analisi è lasciata al singolo ente mentre la percentuale di accantonamento da applicare ad ogni voce di entrata, per determinare l’entità dell’accantonamento al fondo, è analiticamente determinata dall’All. 4/2 richiamato, facendo riferimento alle medie di riscossione degli esercizi precedenti.

Nella scelta delle tipologie di entrate sulle quali determinare il fondo crediti di dubbia esigibilità, va tenuto conto di tutte le entrate per le quali siano evidenti le difficoltà nella riscossione e non solo quelle riferite alla TARI a tal fine richiamando il principio contabile generale della prudenza.