Lavoro

Licenziamento e divieto di automatismi

Cassazione civile, sezione lavoro, 27 giugno 2023, n. 18372

Lavoro pubblico – Licenziamento illegittimo – Proporzionalità della sanzione

In materia di lavoro pubblico, una volta accertato che il lavoratore abbia commesso una delle condotte di cui all’art. 55-quater del d.lgs. n. 165/2001, la sanzione del licenziamento non è una conseguenza automatica e necessaria, potendo e dovendo la pubblica amministrazione ricorrere alla sanzione espulsiva solamente nell’ipotesi in cui il fatto presenti i caratteri propri del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa di licenziamento. Invero, l’art. 55-quater del d.lgs. n. 165/2001è stato interpretato alla luce dello sfavore manifestato dalla giurisprudenza costituzionale rispetto agli automatismi espulsivi, sicché la pubblica amministrazione conserva il potere-dovere di valutare l’effettiva portata dell’illecito tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto e, in particolare, effettuando un giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione che si sostanzia nella valutazione della gravità dell’inadempimento imputato al lavoratore.

Progressioni orizzontali e copertura di spesa

Cassazione civile, sez. lav. , 30 maggio 2023, n. 15364

Lavoro pubblico – Remunerazione delle prestazioni – Necessaria copertura di spesa – Avvio della procedura di avanzamento economico – Violazione – Inefficacia della procedura

In tema di rapporti di lavoro pubblico trova applicazione il principio generale della necessaria copertura di spesa in assenza della quale gli atti e le procedure eventualmente svolte non sono in grado di produrre effetti giuridici e non sono vincolanti per la Pubblica Amministrazione.

In particolare, anche le remunerazioni, comprese quelle relative al conseguimento di una posizione economica migliore, come una progressione orizzontale, devono essere sorrette dalla necessaria copertura finanziaria e di spesa, in mancanza della quale sono prive di effetti e non consentono il sorgere dei diritti delle parti, con la sola eccezione dell’ipotesi rientrante nell’ambito di applicazione della disciplina di cui all’art. 2126 c.c.

Pagamenti indebiti da contrattazione integrativa illegittima

Cassazione civile, Sezione lavoro, ordinanza 20 giugno 2023, n. 17648

Ripetizione dell’indebito – Mancato rispetto dei vincoli finanziari – Rimedio speciale – Contrattazione collettiva integrativa – Art. 2033 c.c.

Qualora la pubblica amministrazione sottoscriva contratti collettivi integrativi in contrasto con i vincoli finanziari risultanti dai contratti collettivi nazionali e, quindi, effettui dei pagamenti non dovuti, è tenuta a recuperare le somme indebitamente versate attivando il rimedio speciale previsto dall’art. 4, co. 1, decreto-legge n. 16/2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 68 del 2014. L’art. 4, comma 1, del d.l. n. 16 del 2014 ha previsto infatti un meccanismo obbligatorio di riassorbimento delle risorse illegittimamente utilizzate per mezzo della contrattazione integrativa che opera all’interno della stessa P.A., limitandone l’autonomia nella gestione delle disponibilità future, e si aggiunge al rimedio generale dell’art. 2033 c.c.. Ne deriva che l’art. 4, comma 1, del d.l. n. 16 del 2014 non introduce un sistema alternativo a quello generale disciplinato dall’art. 2033 c.c., sicché anche nell’ipotesi regolata da detto art. 4, comma 1, l’ente locale può agire per il recupero dell’indebito nei confronti del lavoratore che abbia percepito somme erogate senza rispettare i vincoli finanziari posti alla contrattazione collettiva integrativa.

Copertura finanziaria e prestazioni di fatto

Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 31 maggio 2023, n. 15364

Lavoro pubblico – Decisioni del datore di lavoro – Costo del personale – Copertura finanziaria – Inefficacia – Prestazioni di fatto

La necessarietà della copertura di spesa costituisce un principio inderogabile in tema di contratti stipulati dai comuni e vale anche rispetto agli impegni della pubblica amministrazione destinati ad incidere sui rapporti di lavoro nel pubblico impiego privatizzato e che comportano il maturare dei costi a suo carico.

La violazione del suddetto principio e, quindi, l’assunzione di decisioni datoriali (compreso l’avvio di progressioni economiche) che incidano sul costo del personale e comportino spese a carico della pubblica amministrazione, in assenza dell’impegno di spesa registrato e dell’attestazione della copertura finanziaria, sono prive di effetti e non consentono il sorgere di diritti delle parti.

Fanno eccezione i casi riconducibili alla fattispecie di cui all’art. 2126 c.c. in cui il datore di lavoro pubblico abbia richiesto e ricevuto lo svolgimento di fatto di prestazioni di lavoro subordinato in violazione di norme di legge o di contrattazione collettiva e, dunque, anche in violazione del principio della necessaria copertura di spesa.

Part time e trattamento economico

Cassazione civile, sezione lavoro, ordinanza 1 giugno 2023, n. 15540

Lavoro pubblico – Part-time – Voci del trattamento economico – Riproporzionamento – Indennità di vigilanza

La regola del riproporzionamento del trattamento economico del lavoratore dipendente a tempo parziale, prevista dall’art. 6, comma 9, del CCNL del Comparto Regioni e Autonomie locali del 14 settembre 2000, prevede che tutte le competenze fisse e periodiche, ivi compresa l’indennità integrativa speciale, che compongono il trattamento economico del dipendente con rapporto di lavoro debbano essere riproporzionate in base al ridotto orario di lavoro nel part-time. Fanno eccezione a tale regola soltanto le competenze di cui ai commi 10 e 11, dell’art. 6 in questione, ossia i trattamenti accessori collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti e gli altri istituti non collegati alla durata della prestazione lavorativa.

Trattandosi di un vincolo rigido e generale stabilito direttamente dal CCNL del Comparto Regioni e Autonomie locali, la regola del riproporzionamento riguarda tutte, indistintamente, le voci del trattamento economico del personale titolare di tale tipologia di rapporto e, quindi, anche le indennità di vigilanza di cui all’art. 37, comma 1, lett. b) del CCNL del 1995.

L’erogazione piena del compenso risulterebbe del tutto ingiustificata e irragionevole in considerazione della circostanza che il dipendente a tempo parziale rende una prestazione ridotta rispetto al lavoratore a tempo pieno e, conseguentemente, si riduce la quantità delle attività e delle connesse responsabilità che giustificano l’erogazione del compenso.