Lavoro

Spese fuori bilancio e responsabilità diretta del funzionario

Corte di Cassazione, Civile, Sez. I, 18 luglio 2024, n. 19892

Enti locali – Spese fuori bilancio – Prestazione effettuata – Valutazione attività del funzionario

In tema di spese fuori bilancio dei Comuni (e, più in generale, degli enti locali), ai fini dell’interpretazione del disposto dell’art. 23, comma 4, del d.l. n. 66 del 1989 (conv. con mod. nella l. n. 144 del 1989 ), che stabilisce l’insorgenza del rapporto obbligatorio, quanto al corrispettivo, direttamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione, va escluso che l’attività di consentire la prestazione debba consistere in un ruolo di iniziativa o di determinante intervento del funzionario, essendo sufficiente che questi ometta di manifestare il proprio dissenso e presti invece la sua opera in presenza di una valida ed impegnativa obbligazione dell’ente locale. (In applicazione del detto principio, la S.C. ha cassato la sentenza della corte territoriale che si era arrestata alla presa d’atto del dato formale rappresentato dalla sottoscrizione del contratto di prestazione d’opera professionale da parte di un funzionario diverso da quello sub judice, senza valutare il ruolo dallo stesso svolto nella fase precedente alla conclusione del contratto e nella sua esecuzione).

Trasferimento del personale e conservazione del trattamento economico

Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, 10 settembre 2024, n. 24289

Lavoro pubblico – Pubblico impiego – Funzioni locali – Trasferimento – Inquadramento – Trattamento economico

In tema di pubblico impiego privatizzato, nel caso di passaggio di lavoratori da un’amministrazione ad altra ex art. 31 D. Lgs. n. 165 del 2001, devono essere assicurati la continuità giuridica del rapporto e il mantenimento del trattamento economico, il quale, ove superiore a quello spettante presso l’ente di destinazione, va calcolato applicando la regola del riassorbimento degli assegni ad personam attribuiti in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti a seguito del trasferimento. Il lavoratore dell’Ente sviluppo agricolo siciliano che, ai sensi dell’art. 7 della legge Regione Sicilia n. 19 del 2005, sia trasferito alle dipendenze dell’Agenzia regionale per i Rifiuti e le Acque, mantiene il diritto a conservare, se maggiore, il livello del trattamento economico precedente; tale trattamento economico va calcolato tenendo conto di tutti gli elementi della retribuzione la corresponsione dei quali sia certa nell’an e nel quantum e, quindi, anche del trattamento di Anzianità professionale edile, c.d. APE, previsto dall’art. 29 CCNL per le imprese edili ed affini del 20 maggio 2004 e legittimamente dovuto allo stesso lavoratore fino al momento del suo passaggio alla P.A. di destinazione, fatto salvo l’effetto del riassorbimento, che opererà sulla medesima retribuzione nella sua globalità e non sulle singole voci di questa.

Posizioni organizzative e mancata conferma

Corte Suprema di Cassazione, Sez. Lavoro, 11 giugno 2024 n. 16139

Lavoro pubblico – Funzioni Locali – Demansionamento – Scadenza incarico di posizione organizzativa

Il conferimento dell’incarico di posizione organizzativa in favore di dipendente inquadrato nella posizione D3 del C.C.N.L. del 31 marzo 2009 comparto Regioni ed Autonomie locali – posizione alla quale non può attribuirsi alcun carattere di apicalità in termini di mansioni, differenziandosi solo sotto il profilo economico dalle altre posizioni della categoria D, non contraddistinta dallo svolgimento di compiti di responsabilità di un servizio – determina un mutamento non di profilo professionale, bensì di mere funzioni, comportanti unicamente l’attribuzione di una posizione di responsabilità con correlato beneficio economico, funzioni che cessano alla naturale scadenza dell’incarico; ne consegue che, costituendo il rinnovo dell’incarico stesso una facoltà del datore di lavoro pubblico, il mancato esercizio della facoltà in questione – che non richiede alcuna determinazione, né motivazione – non può dar luogo a demansionamento.

Incarichi dirigenziali temporanei

Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, 22 luglio 2024, n. 20135

Lavoro pubblico – Pubblico impiego – Funzioni Locali – Incarichi dirigenziali temporanei ai sensi art. 109 del Dlgs 276/2000, art 52. del Dlgs 165/2001 e artt. 8 e ss. del CCNL

Questa Corte già in plurime pronunce (cfr. fra le tante Cass. n. 12106/2022, Cass. n. 19039/2022, Cass. n. 22579/2023), ha affermato che, ai sensi degli artt. 109, comma 2, e 110 del D.Lgs. n. 267 del 2000, nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale, le relative funzioni possono essere conferite a dipendenti con qualifica non dirigenziale, a cui vanno riconosciute, secondo i criteri dettati dalla contrattazione collettiva per il personale non dirigenziale del comparto Regioni ed Autonomie locali, in aggiunta al trattamento fondamentale previsto per la qualifica di inquadramento, una retribuzione di posizione, graduata in relazione alla natura dell’ incarico attribuito, e una retribuzione di risultato, quantificata in misura percentuale rispetto a quella di posizione, e corrisposta all’esito della valutazione positiva annuale, senza che trovi applicazione l’art. 52 del D.Lgs. n. 165 del 2001 (cui conseguirebbe il riconoscimento del trattamento retributivo fondamentale ed accessorio previsto per il personale con qualifica dirigenziale dai CCNL per il personale dirigenziale dell’area II), sia perché le funzioni direttive svolte non possono essere ritenute estranee al profilo di inquadramento, sia perché le maggiori responsabilità assunta vengono retribuite in virtù delle previsioni della contrattazione collettiva. Il principio enunciato dalle citate pronunce è stato affermato in continuità, con quello, più generale e risalente nel tempo, secondo cui un ufficio può essere ritenuto di livello dirigenziale solo in presenza di un’espressa qualificazione in tal senso contenuta negli atti di macro-organizzazione adottati dall’amministrazione pubblica, perché in tutte le versioni succedutesi nel tempo, il D.Lgs. n. 29/1993, prima, e successivamente il D.Lgs. n. 165/2001 hanno riservato alle amministrazioni il potere di definire le linee fondamentali degli uffici, di individuare quelli di maggiore rilevanza ed i modi di conferimento della titolarità degli stessi, di determinare la dotazione organica; si è, pertanto, affermato, sia con riferimento all’organizzazione statale che in relazione agli enti pubblici non economici, anche territoriali, che ove manchi l’istituzione dell’ufficio dirigenziale il giudice non può sostituirsi all’amministrazione e valutare la sostanza delle attribuzioni, per qualificare di natura dirigenziale l’attività svolta dal soggetto preposto alla direzione dell’ufficio che viene in rilievo (cfr. Cass. n. 33401/2019; Cass. 23874/2018; Cass. 350/2018; Cass. n. 10320/2017 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione). Con specifico riferimento agli enti territoriali minori è stato evidenziato che il D.Lgs. n. 165/2001, in relazione ai poteri organizzativi propri dei Comuni e delle Province, rinvia al D.Lgs. n. 267/2000, non solo attraverso l’espresso richiamo contenuto nell’art. 70, comma 3, ma anche nel prevedere, all’art. 27, che le regioni a statuto ordinario e le altre pubbliche amministrazioni “nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano ai principi dell’art. 4 e del presente capo i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità”.

Revoca degli incarichi ex art. 90 TUEL

Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, 7 agosto 2024, n. 22337

Lavoro pubblico – Pubblico impiego – Funzioni Locali – Rapporto a tempo determinato – Carattere fiduciario

Nei contratti di lavoro subordinato a tempo determinato stipulati ex art. 90 del D.Lgs. n. 267 del 2000, il recesso datoriale ad nutum per il venir meno del rapporto fiduciario, o per la decadenza dell’organo politico con il quale vi è un collegamento funzionale, è considerato un atto dovuto e non un licenziamento.

Ripetizione d’indebito

Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, 24 giugno 2024, n. 17320

Lavoro pubblico – Pubblico impiego – Funzioni locali – Recupero somme indipendentemente erogate ai dipendenti pubblici

In tema di recupero delle somme indebitamente erogate ai dipendenti pubblici, l’art. 4, comma 1, del D.L. n. 16 del 2014, convertito dalla legge n. 68 del 2014, non deroga all’art. 2033 c.c., pertanto la pubblica amministrazione può recuperare direttamente dal dipendente che le abbia percepite le somme indebitamente versate.

Falsa attestazione della presenza in ufficio

Corte di Cassazione, Penale, Sez. IV, 22 agosto 2024, n. 33015

Pubblico impiego – Condotta dipendente – Truffa aggravata – Attestazione della presenza – Badge

La falsa attestazione del pubblico dipendente relativa alla sua presenza in ufficio, riportata sui cartellini marcatempo o nei fogli di presenza, integra il reato di “truffa aggravata” ove il soggetto si allontani senza far risultare, mediante timbratura del cartellino o della scheda magnetica, i periodi di assenza, sempre che questi ultimi siano economicamente apprezzabili, e anche una “indebita percezione” di poche centinaia di Euro, corrispondente alla porzione di retribuzione conseguita in difetto di prestazione lavorativa, costituisce un danno economicamente apprezzabile per l’amministrazione pubblica.

Crediti retributivi e termine di prescrizione

Corte di Cassazione, Civile, Sez. Unite, 28 dicembre 2023, n. 36197

Lavoro pubblico – Prescrizione – Termine – Crediti retributivi

E’ noto il consolidato orientamento del giudice di legittimità, secondo cui nel pubblico impiego, anche quello contrattualizzato, anche se a tempo determinato, la prescrizione dei diritti retributivi decorre in corso di rapporto mano a mano della loro insorgenza o alla cessazione del rapporto per i diritti che da essa traggono origine. In un giudizio promosso dal dipendente stabilizzato di un ente pubblico per ottenere, ai fini degli scatti stipendiali, il riconoscimento dell’anzianità pregressa nell’ambito di una serie di contratti a termine, la sezione lavoro della Corte, essendo stata eccepita la prescrizione degli scatti maturati nel periodo di precariato, aveva proposto alle sezioni unite una rimeditazione del tema della decorrenza della prescrizione nel pubblico impiego alla luce dell’evoluzione della legislazione (in particolare, nel pubblico impiego una legge del 2017 ha limitato l’ammontare del risarcimento danni in caso di licenziamento illegittimo) e della giurisprudenza in materia (importante su questo piano, la recente sentenza della Corte che è tornata a ritenere che nell’impiego privato – alla luce delle modifiche legislative intervenute nella disciplina degli effetti del licenziamento dichiarato illegittimo, nel senso di una tutela prevalentemente indennitaria – la prescrizione decorre dalla cessazione del rapporto). Le sezioni unite optano ancora una volta per la conferma della decorrenza della prescrizione in corso di rapporto, anche a tempo determinato (per la cui utilizzazione, nel pubblico impiego vige anche una disciplina legale limitativa), sulla base di considerazioni che valorizzano la maggiore stabilità del rapporto pubblico rispetto a quello privato, derivante soprattutto dal fatto che la P.A. è tenuta, in base alla legge e alla stessa alla Costituzione, a rispettare principi e vincoli che allontanerebbero dal lavoratore il timore di ritorsioni a fronte di azioni a difesa dei suoi diritti nonché dall’esistenza di una giurisdizione efficace di tutela del dipendente nel caso di compimento di atti illegittimi.

La questione del rimborso delle spese legali alle Sezioni Unite

Corte di Cassazione, Lavoro, 11 gennaio 2024, n. 1178

Enti locali – Pubblico impiego – Responsabilità contabile – Dipendente pubblico – Diritto al rimborso – Spese legali – Rimessione alle Sezioni Unite

Si rimette alle Sezioni Unite il quesito se il dipendente pubblico, che sia stato prosciolto all’esito di un giudizio contabile, abbia diritto, ai sensi degli artt. 3, comma 2-bis, del d.l. n. 543 del 1996 conv., con modif., dalla legge n. 639 del 1996, 18, comma 1, del d.l. n. 67 del 1997, conv., con modif., dalla legge n. 135 del 1997 e 10-bis, comma 10, del d.l. n. 203 del 2005, conv. dalla legge n. 248 del 2005, ad ottenere, dalla PA di appartenenza, il rimborso di tutte le spese legali da lui sostenute per la difesa, eventualmente anche in eccesso rispetto a quelle liquidate a carico della stessa P.A. dalla Corte dei conti o qualora dette spese siano state integralmente o in parte compensate, e, in caso affermativo, se vi siano dei limiti a tale diritto e se questo sussista ancora dopo l’entrata in vigore dell’art. 31, comma 2, d.lgs. n. 174 del 2016.

Licenziamento e divieto di automatismi

Cassazione civile, sezione lavoro, 27 giugno 2023, n. 18372

Lavoro pubblico – Licenziamento illegittimo – Proporzionalità della sanzione

In materia di lavoro pubblico, una volta accertato che il lavoratore abbia commesso una delle condotte di cui all’art. 55-quater del d.lgs. n. 165/2001, la sanzione del licenziamento non è una conseguenza automatica e necessaria, potendo e dovendo la pubblica amministrazione ricorrere alla sanzione espulsiva solamente nell’ipotesi in cui il fatto presenti i caratteri propri del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa di licenziamento. Invero, l’art. 55-quater del d.lgs. n. 165/2001è stato interpretato alla luce dello sfavore manifestato dalla giurisprudenza costituzionale rispetto agli automatismi espulsivi, sicché la pubblica amministrazione conserva il potere-dovere di valutare l’effettiva portata dell’illecito tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto e, in particolare, effettuando un giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione che si sostanzia nella valutazione della gravità dell’inadempimento imputato al lavoratore.