GIURISPRUDENZA

Autorizzazione unica ambientale e sopravvenienze

Consiglio di Stato, sez. IV, 30 luglio 2024, n. 6848

Procedimento amministrativo – Autorizzazione amministrativa – Autorizzazione unica ambientale – Sopravvenienze di fatto e di diritto – Tempus regit actum – Provvedimento amministrativo – Concessioni amministrative – Natura giuridica – Gare pubbliche

Le sopravvenienze, sia di fatto che di diritto, rilevano e devono essere tenute in debito conto dall’amministrazione procedente durante la fase procedimentale che va dalla presentazione dell’istanza fino all’emanazione del provvedimento conclusivo; è lo stesso principio del tempus regit actum ad imporre tale soluzione, in quanto al provvedimento amministrativo si applica la normativa in vigore al momento della sua adozione. Pertanto, in materia di autorizzazione unica ambientale, non possono residuare dubbi sull’applicabilità della normativa entrata in vigore addirittura prima della presentazione della istanza che ha comportato l’apertura del procedimento.

Al procedimento amministrativo volto al rilascio dell’autorizzazione unica ambientale chiesta dal concessionario per la realizzazione e gestione di un’opera pubblica non si applica la cornice normativa vigente al momento della stipula del contratto di concessione, bensì quella vigente al momento dell’adozione del provvedimento finale. Difatti, il procedimento amministrativo mantiene una sua logica autonomia dal contratto stipulato, rappresentando una procedura volta al rilascio di un provvedimento autorizzativo necessario per la concreta realizzazione di un’opera.

Il principio di insensibilità delle gare pubbliche alle sopravvenienze normative successive all’approvazione del bando non è un principio di ordine assoluto e inderogabile, ma relativo, in quanto ammette specifiche e particolari deroghe, quando le stesse si riferiscano ad uno specifico procedimento di pubblica selezione ed il legislatore ragionevolmente ravvisi la necessità di un tale intervento.

Il contratto di concessione è un contratto di durata e, come tale, non consuma i suoi effetti uno actu, pertanto, trovano applicazione le normative sopravvenute che incidono sul rapporto contrattuale in base al principio tempus regit actum. Ne consegue che è legittima la sospensione degli effetti del contratto di concessione per la progettazione esecutiva, realizzazione e gestione dell’opera pubblica per effetto di una normativa sopravvenuta che non abbia inciso sulla validità del contratto, ma sul rapporto.

L’Adunanza Plenaria su decadenza del titolo edilizio e opere non completate

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 30 luglio 2024, n. 14

Titolo edilizio – Permesso di costruire – Esecuzione dei lavori parziale – Decadenza – Effetti – Opere non autonome e funzionali – Demolizione – Opere autonome e funzionali – Difformità non gravi – Sanzione pecuniaria – Accertamento di conformità – Ammissibilità

In caso di realizzazione, prima della decadenza del permesso di costruire, di opere non completate, occorre distinguere a seconda se le opere incomplete siano autonome e funzionali oppure no; nel caso di costruzioni prive dei suddetti requisiti di autonomia e funzionalità, il Comune deve disporne la demolizione e la riduzione in pristino ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, in quanto eseguite in totale difformità rispetto al permesso di costruire.

Qualora il permesso di costruire abbia previsto la realizzazione di una pluralità di costruzioni funzionalmente autonome (ad esempio villette) che siano rispondenti al permesso di costruire considerando il titolo edificatorio in modo frazionato, gli immobili edificati – ferma restando l’esigenza di verificare se siano state realizzate le opere di urbanizzazione e ferma restando la necessità che esse siano comunque realizzate – devono intendersi supportati da un titolo idoneo, anche se i manufatti realizzati non siano totalmente completati, ma – in quanto caratterizzati da tutti gli elementi costitutivi ed essenziali – necessitino solo di opere minori che non richiedono il rilascio di un nuovo permesso di costruire. Qualora, invece, le opere incomplete, ma funzionalmente autonome, presentino difformità non qualificabili come gravi, l’Amministrazione potrà adottare la sanzione recata dall’art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001.

È fatta salva la possibilità per la parte interessata, ove ne sussistano tutti i presupposti, di ottenere un titolo che consenta di conservare l’esistente e di chiedere l’accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 nel caso di opere “minori” (quanto a perimetro, volumi, altezze) rispetto a quelle assentite, in modo da dotare il manufatto – di per sé funzionale e fruibile – di un titolo idoneo, quanto alla sua regolarità urbanistica.

I controlli della Corte dei conti sull’acquisto di partecipazioni societarie

Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Toscana, 31 maggio 2024, n. 60/2024/PASP

Società partecipate – Parere – Controllo ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 – Acquisizione di una partecipazione indiretta mediante aumento di capitale

La Sezione regionale di controllo per la Toscana, con riferimento all’assoggettabilità al controllo della Corte dei conti in caso dell’atto deliberativo di parziale sottoscrizione, da parte della Società Alfa, dell’aumento di capitale – deliberato dalla Società Beta – da liberare mediante conferimento in natura, con conseguente acquisto di una partecipazione indiretta del Comune in Beta, ha affermato il seguente principio di diritto: “l’art. 5, comma 3, T.U.S.P. va interpretato nel senso di ritenere che il relativo perimetro applicativo sia limitato ai due momenti tipici (la costituzione o l’acquisto di partecipazioni) in cui l’Amministrazione pubblica entra per la prima volta in relazione con una realtà societaria – sia essa nuova o già esistente – assumendone la qualifica di socio, eventualmente anche in forma indiretta, attraverso l’intermediazione di altra società o organismo soggetto a controllo della medesima amministrazione”.

Ciò in aderenza all’indirizzo espresso dalle Sezioni riunite in sede di controllo (deliberazione n. 19/SSRRCO/2022/QMIG) secondo cui qualora l’ente aderente sia già socio, le valutazioni di conformità rimesse alla Corte dei conti su aspetti centrali, quali il rispetto dei vincoli finalistici o la convenienza economica del ricorso a quello strumento societario, si tradurrebbero in un esame di mere attualizzazioni di motivazioni già espresse dall’Amministrazione all’atto dell’iniziale acquisto della qualifica di socio. In altri termini, con la sottoscrizione di un aumento di capitale reale l’Ente già socio si limita a fornire nuove risorse a titolo di capitale di rischio, senza che ciò incida sulle finalità ex art. 4 T.U.S.P. perseguite mediante lo strumento societario; la sottoscrizione della quota di aumento di capitale rappresenta, infatti, una scelta presa dall’amministrazione nella sua qualità di socio, con effetti non assimilabili all’acquisto di una nuova partecipazione. Diversamente, qualora l’ente aderente sia terzo rispetto alla società che delibera l’aumento di capitale, la relativa sottoscrizione, sia in denaro sia in natura, risulta del tutto assimilabile ad un’operazione di acquisto di partecipazioni ex novo. Pertanto, in aderenza al combinato disposto dell’art. 5, comma 3, e dell’art. 8, comma 1, del TUSP, l’atto deliberativo di sottoscrizione dell’aumento di capitale, da parte dell’ente pubblico terzo, deve essere trasmesso alla magistratura contabile per l’esercizio delle funzioni ex art. 5 T.U.S.P.

Le “progressioni in deroga”

Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, 3 giugno 2024, n. 148/2024/PAR

Personale – Parere – Funzione consultiva – Controllo collaborativo – Progressioni in deroga ai sensi dell’art. 13, comma 8, del CCNL 2019/2021 – Assimilabilità della quota dello 0,55% del monte salari 2018 agli oneri per i rinnovi contrattuali – Limite ex dell’art. 1, comma 562, della legge 296/2006

La Sezione regionale di controllo per la Lombardia, con riferimento all’esclusione dai tetti di spesa di alcune risorse destinate alle cd. “progressioni in deroga” introdotte dall’art. 13, commi 6, 7 e 8 del CCNL 2019/2021, ha pronunciato il seguente principio di diritto: “la quota dello 0,55% del monte salari 2018, utilizzata per finanziare progressioni verticali ai sensi dell’art. 13 comma 8 del Contratto Collettivo Enti Locali 16/11/2022, non è assimilabile agli oneri per i rinnovi contrattuali”.

Infatti, l’interpretazione letterale e logico-sistematico dell’art. 13 del CCNL 16.11.2022 e dell’art. 1, comma 612, legge n. 234/2021, conduce a ritenere che la quota del monte salari 2018, utilizzata per finanziare progressioni verticali ai sensi del comma 8, dell’art. 13, non sia assimilabile agli oneri per i rinnovi contrattuali e quindi non possa essere esclusa dai tetti di spesa secondo la previsione dell’art. 1, comma 562, della legge 296/2006 e s.m.i.. Invero, la definizione e la limitazione delle risorse integrative destinate alla progressione tra aree è da porre nella diversa e più importante finalità del legislatore di una ampia revisione dei sistemi di classificazione del personale e non è in alcun modo legata alla logica dei rinnovi contrattuali con predisposizione delle relative risorse. E ciò chiaramente emerge dai lavori preparatori sull’art. 1, comma 612, della legge n. 234/2021 che “in base alla riformulazione operata dal Senato, concerne le risorse finanziarie per la definizione, da parte dei contratti collettivi nazionali per il triennio 2019-2021, dei nuovi ordinamenti professionali del personale non dirigente delle amministrazioni pubbliche, sulla base dei lavori delle commissioni paritetiche per la revisione dei sistemi di classificazione professionale previste dai contratti collettivi precedenti (relativi al triennio 2016-2018)”.

La monetizzazione delle ferie non godute

Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Toscana, 10 giugno 2024, n. 129/2024/PAR

Personale – Parere – Funzione consultiva – Controllo collaborativo – Monetizzazione delle ferie non godute – Limiti ai sensi dell’art. 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012 alla luce degli artt. 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2003/88 e 31, paragrafo 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

La Sezione regionale di controllo per la Toscana, con riferimento alla possibilità in alcune ristrette ipotesi quali morte del dipendente o cessazione dal servizio preceduta da un lungo periodo di malattia o infortunio, di procedere alla monetizzazione dei giorni di ferie maturati e non goduti nei termini di fruizione contrattuali, ovvero maturati in anni precedenti e non goduti alla data di cessazione del servizio, ha pronunciato il seguente principio di diritto: “al dipendente che non abbia usufruito delle ferie spetta sempre la “monetizzazione” delle stesse ad eccezione della circostanza in cui sia lo stesso dipendente ad aver scelto di non usufruirne pur avendone la possibilità (con onere della prova in capo al datore di lavoro: ne deriva, pertanto, una forma di responsabilizzazione del dirigente/datore di lavoro che dovrà annualmente mettere in condizione i dipendenti di usufruire delle ferie – ad esempio predisponendo idoneo piano ferie)”.

Ciò in conformità a quanto statuito dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea secondo cui, nella sentenza 18 gennaio 2024, n. 218/22, “l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, per ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, prevede il divieto di versare al lavoratore un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite maturati sia nell’ultimo anno di impiego sia negli anni precedenti e non goduti alla data della cessazione del rapporto di lavoro, qualora egli ponga fine volontariamente a tale rapporto di lavoro e non abbia dimostrato di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro per ragioni indipendenti dalla sua volontà”.

L’impiego della quota libera dell’avanzo di amministrazione

Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, 20 giugno 2024, n. 155/2024/PAR

Bilancio – Parere – Funzione consultiva – Controllo collaborativo – Utilizzo dell’avanzo libero per spese di collocamento di alcuni minori presso comunità protette – art. 187, comma 2 lett. d), del d.lgs. n. 267/2000

Ciò in quanto la spesa per prestazioni sociali, esaurendo la propria utilità nell’esercizio finanziario nel corso del quale è sostenuta, ha natura di spesa corrente.  Quanto al carattere non permanente, va evidenziato che la caratteristica della non permanenza della spesa comporta che la stessa non sia fissa e costante, manchi del carattere di continuità e certezza nel tempo, sia priva del carattere di certezza anche sotto l’aspetto quantitativo, o sia sottratta alla discrezionalità dell’ente chiamato a sostenerla (cfr. Sez. reg. contr. Basilicata n. 35/2022/PAR). Con specifico riferimento ai costi di mantenimento di minori posti a carico dei comuni in forza di provvedimenti dell’autorità giudiziaria o amministrativa, tali spese non sono fisse né costanti nel tempo, e sono escluse dalla disponibilità valutativa del Comune, “il quale è tenuto a sopportarl[e] comunque a fronte dell’ordine giudiziale, ovvero al ricorrere dei presupposti di necessità in qualunque tempo questi intervengano” (cfr. Sez. reg. contr. Lazio, n. 83/2019/PAR). Simili oneri, si è detto, presentano “gli stessi connotati di estemporaneità e imprevedibilità” che, come poc’anzi evidenziato, costituiscono “fattori qualificanti delle spese elencate all’art. 187, comma 2, del TUEL, per la cui copertura il legislatore ammette l’utilizzazione di una voce di entrata altrettanto estemporanea quale è l’avanzo libero di amministrazione” (cfr. Sez. reg. contr. Lazio, del. n. 83/2019/PAR; Sez. reg. contr. Basilicata n. 35/2022/PAR).

La mancata pubblicazione della relazione di fine mandato

Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna, 23 luglio 2024, n. 75/2024/VSG

Trasparenza – Funzione di controllo ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 149/2011 – Obblighi relativi alla relazione di fine mandato

La Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna, con riferimento al tardivo assolvimento degli obblighi previsti dall’art. 4 del d.lgs. n. 149/2011 relativamente alla pubblicazione della relazione di fine mandato, ha pronunciato il seguente principio di diritto: “il tenore letterale della norma non consente di ritenere integrata, a fini sanzionatori, la fattispecie di mancata pubblicazione da parte del Sindaco uscente”.

Ciò in quanto detti obblighi, seppur tardivamente, sono stati comunque assolti entro un lasso di tempo antecedente le nuove elezioni da ritenersi congruo, tale cioè da non avere implicato la compromissione nel diritto della comunità amministrata ad essere informata sull’operato degli organi in scadenza, prima delle operazioni di rinnovo, avvenute nelle giornate dell’8 e 9 giugno 2024.

Provvedimento amministrativo e principio del tempus regit actum

Tar Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 24 luglio 2024, n. 361

Provvedimento amministrativo – Legittimità – Principio del tempus regit actum

La corretta applicazione del principio tempus regit actum comporta che la legittimità del provvedimento adottato al termine di un procedimento avviato ad istanza di parte debba essere valutata con riferimento alla disciplina vigente al tempo in cui deve essere adottato il provvedimento finale, e non al tempo della presentazione della domanda da parte del privato, dovendo ogni atto del procedimento amministrativo essere regolato dalla legge del tempo in cui è emanato avuto riguardo alla circostanza che lo jus superveniens può recare una diversa valutazione degli interessi pubblici.

Titolo abilitativo tacito

Tar Lazio, Roma, sez. II stralcio, 26 luglio 2024, n.15293

Abuso edilizio – Trasformazione in assenza di titolo abilitativo del manufatto sottoposto a sanatoria – Istanza in sanatoria – Diniego – Titolo abilitativo tacito – Condizioni

Il titolo abilitativo tacito si può dire formato soltanto se la domanda di sanatoria è conforme al relativo modello legale e, quindi, se è in grado di comprovare che ricorrono tutte le condizioni previste per il suo accoglimento, ivi compresa la non avvenuta trasformazione dell’opera abusiva e la completezza della documentazione richiesta a suo corredo, la mancanza di taluna di esse impedendo in radice che possa avviarsi (e concludersi) il procedimento di condono, in cui il decorso del tempo è mero coelemento costitutivo della fattispecie autorizzativa.

Farmacie e competenze di Comuni, Province e Regioni

Tar Marche, Ancona, sez. II, 23 luglio 2024, n. 702

Pianificazione urbanistica – Farmacie – Potere istitutivo e distributivo – Competenza di Comuni, Province e Regioni

Mentre il potere di decisione in ordine all’istituzione e all’assetto distributivo delle farmacie nel proprio territorio spetta ai Comuni, ex art. 11 del decreto legge n. 1 del 2012, alle Regioni e alle Province autonome spetta la gestione del concorso per l’assegnazione delle sedi individuate dai Comuni, oltre al potere sostitutivo nel caso espressamente previsto ex art. 1, comma 9, del decreto legge n. 1 del 2011; per cui, non è ravvisabile un autonomo potere di verifica e di controllo da parte della Regione sull’osservanza dell’asserito obbligo di revisione biennale del numero delle sedi farmaceutiche da parte del Comune.