Consiglio di Stato, sez. V, 17 ottobre 2023, n. 9034
Società a partecipazione mista – Ruolo del socio privato – Partecipazione pubblica, diretta e indiretta, e distribuzione del rischio finanziario – Discrezionalità e limiti di sindacato
Nelle società a capitale misto, il socio privato deve essere operativo e non un mero socio di capitale, stante la specificità del ruolo che deve assumere nell’attuazione dell’oggetto sociale: del resto, il coinvolgimento del socio privato per il perseguimento di fini di interessi generali si giustifica proprio per la carenza in seno alla amministrazione pubblica delle competenze necessarie di cui ha la disponibilità il socio privato.
La partecipazione del socio privato operativo nelle società miste deve essere adeguata, idonea cioè a rendere possibile l’attuazione dell’oggetto sociale; tale adeguatezza è stata fissata dal legislatore nazionale, proprio ai fini del rispetto dei principi eurounitari, nella soglia minima di partecipazione del 30%.
Sul fronte dell’impegno economico, il modello della società mista si traduce nella ricerca di capitale privato “terzo”, ossia nella netta e definitiva separazione tra l’onere finanziario assunto ab initio dall’amministrazione ed il rischio imprenditoriale del privato, che verrebbe potenzialmente (e progressivamente) annullato in presenza di una ulteriore partecipazione indiretta della parte pubblica del capitale della società mista, per effetto della contestuale partecipazione della prima al capitale sociale del partner operativo.
Fermo il limite di legge (30% di partecipazione privata), l’amministrazione può decidere, nel concreto esercizio della propria precipua funzione di tutela dell’interesse pubblico, qual è il livello massimo del rischio finanziario o economico che intende assumere (e quindi, per l’effetto, quello che intende addossare esclusivamente al concessionario), fissando all’uopo delle soglie di partecipazione al capitale della costituenda società mista, valutazione che, in quanto espressione di eminente discrezionalità tecnica, può essere sindacata dal giudice amministrativo limitatamente al riscontro del vizio di illegittimità per violazione delle regole procedurali e di quello di eccesso di potere per manifesta illogicità, irrazionalità, irragionevolezza, arbitrarietà, ovvero se fondata su di un altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti.