GIURISPRUDENZA

Impianti pubblicitari

Tar Lombardia, Brescia, sez. II, 10 luglio 2023, n. 576

Impianti pubblicitari – Determinazione del canone – Criteri

L’art. 1 comma 825 della legge 160/2019 associa la determinazione del canone alla superficie complessiva dell’impianto pubblicitario, ma tale norma deve essere coordinata con l’art. 1 comma 817 della legge 160/2019, che, dopo aver fissato il vincolo della parità di gettito rispetto ai canoni e ai tributi sostituiti, prevede la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica delle tariffe, e con l’art. 1 comma 821-bis della legge 160/2019, che rimette al regolamento l’individuazione degli impianti pubblicitari autorizzabili e di quelli vietati, nonché il numero massimo degli impianti autorizzabili per tipologia e superficie. La superficie complessiva dell’impianto pubblicitario resta, quindi, il riferimento imprescindibile per la base di calcolo, ma è ammesso, e in realtà necessario, un contorno di parametri che da un lato tengano conto dell’impatto delle installazioni sul territorio, e dall’altro riflettano il maggiore o minore valore di mercato di una determinata postazione. In altri termini, è la stessa legge 160/2019 che invita gli enti locali a operare secondo quelli che sono in effetti i normali canoni di corretto esercizio della discrezionalità, ossia la tutela delle località più fragili e meno adatte all’affollamento degli impianti pubblicitari, e l’applicazione di tariffe più elevate alle postazioni di maggiore interesse economico in rapporto alle diverse tipologie di impianti. I parametri di ulteriore dettaglio rientrano nel metodo di calcolo matematico della tariffa, e come tali non sono sottoposti al vincolo della riserva relativa di legge.

Parcheggi “Tognoli”

Consiglio di Stato, sez. IV, 27 giugno 2023, n. 6277

Parcheggi “Tognoli” – Atti traslativi – Legittimità – Vendita

A partire dagli anni 60 del secolo scorso, con l’obiettivo di ridurre l’inquinamento atmosferico e di arginare il fenomeno della congestione delle strade pubbliche, il legislatore italiano ha introdotto una specifica disciplina giuridica in materia di parcheggi. I due principali testi normativi, riconducibili alle definizioni di “legge-Ponte” (legge n. 765/1967) e “legge-Tognoli” (legge. n. 122/1989), hanno quindi delineato un quadro normativo peculiare, caratterizzato da specifici obblighi e divieti riconducibili alla realizzazione e alla circolazione di parcheggi. Le discipline dei suddetti parcheggi (i quali sono stati rispettivamente definiti, in modo atecnico, “parcheggi Ponte” e “parcheggi Tognoli”), presentano però significativi profili differenziali: mentre con riguardo ai primi, si rileva un obbligo pubblicistico a carico del costruttore di riservare appositi spazi a ciò finalizzati (ed in capo al proprietario di non modificarne la destinazione d’uso), i parcheggi “Tognoli”, presentano una disciplina giuridica differente. E, in effetti, il legislatore, volendo incentivare la costruzione di ulteriori posti auto connessi ad abitazioni già esistenti, ha consentito la costruzione di siffatti spazi (nel sottosuolo o in locali esistenti al piano terra del fabbricato, nonché nel sottosuolo di aree pertinenziali ad esso esterne) con un regime fiscale ed urbanistico fortemente agevolativo. Al contempo, però, con l’obiettivo di evitare possibili speculazioni rispetto a tale possibilità, ha previsto un vincolo pertinenziale con l’unità immobiliare correlata, determinando anche uno specifico divieto di cessione separata. Il rigore di tale previsione, però, è stato mitigato consentendo il trasferimento del vincolo pertinenziale sul parcheggio dall’appartamento del venditore all’appartamento dell’acquirente. Si è passati, quindi, da una inderogabile inscindibilità del vincolo, ad una scindibilità condizionata alla contestuale destinazione pertinenziale di altre unità immobiliari site nello stesso Comune.

Oltre alla eccezione al regime di inalienabilità separata dei parcheggi “Tognoli”, occorre ulteriormente considerare che l’art. 9, comma 5, legge. n. 122/1989, parlando di divieto di cessione, sembra riferirsi, almeno in base ad un’interpretazione letterale, esclusivamente al contratto di vendita. Dall’accoglimento di tale premessa interpretativa discenderebbe la legittimità di atti traslativi differenti dalla vendita, quali ad esempio quelli rinunziativi, i trasferimenti coattivi, gli atti costitutivi di diritti reali minori, di godimento oppure di garanzia, nonché agli atti costitutivi di diritti personali di godimento. Anche a voler correggere siffatto esito applicativo, mediante il ricorso ad una interpretazione di tipo teleologico, che, muovendo dal riferimento testuale dell’art. 9 ai concetti di “cessione” e “trasferimento”, miri ad esaltare la volontà del legislatore di riconoscere ampia applicazione agli atti traslativi in generale; ne rimarrebbero comunque fuori gli atti che non determinano un vero e proprio effetto traslativo del diritto di proprietà, come ad esempio il contratto di locazione attributivo di un diritto personale di godimento.

Affidamento in house e controllo analogo congiunto

Tar Lombardia, Milano, sez. IV, 12 giugno 2023, n. 1441

Affidamento in house – Controllo analogo e controllo analogo congiunto

Con l’istituto dell’affidamento in house di servizi da parte di pubbliche amministrazioni, quale modalità di gestione alternativa all’esternalizzazione, i servizi pubblici vengono affidati a un soggetto che, sia pur formalmente distinto dall’amministrazione agente e avente di regola forma societaria, è nella sostanza a essa riconducibile, poiché la P.A. vi esercita un controllo analogo a quello posto in essere sui propri servizi interni. In virtù di questa sostanziale coincidenza soggettiva, l’affidamento prescinde dall’espletamento di procedure concorsuali di selezione del contraente.

In caso di esiguità della partecipazione, viene in rilievo l’ulteriore fattispecie del controllo analogo congiunto, nella quale il soggetto affidante esercita il controllo sull’affidatario congiuntamente ad altre pubbliche amministrazioni.

Illuminazione votiva

Tar Campania, Salerno, sez. I, 3 giugno 2023, n. 1531

Servizi pubblici locali – Illuminazione votiva – Affidamento diretto – Soglia di rilevanza comunitaria

I Comuni, per l’affidamento del servizio di illuminazione votiva, che è servizio pubblico di rilevanza economica, applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006 e, in particolare, l’articolo 30 e, qualora ne ricorrano le condizioni, l’articolo 125 (poi sostituito dall’art. 36, comma 2, lett. a) del d.lgs. n. 50/2016). Laddove si tratti di servizi pubblici il cui valore non superi la soglia di rilevanza comunitaria, l’affidamento può avvenire con lo strumento dell’affidamento diretto.

Scadenza della concessione demaniale marittima e acquisizione delle pertinenze

Consiglio di Stato, sez. VII, 6 luglio 2023, n. 6610

Demanio marittimo – Pertinenze – Acquisizione alla scadenza della concessione

L’art. 29, cod. nav. considera pertinenze del demanio marittimo “Le costruzioni e le altre opere appartenenti allo Stato, che esistono entro i limiti del demanio marittimo e del mare territoriale”.L’art. 49 prevede: “Salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione, con restituzione del bene demaniale al pristino stato”. La giurisprudenza amministrativa ha finora interpretato l’espressione “quando venga a cessare la concessione”, nel senso che: – la norma trova applicazione, con conseguente acquisto del bene ipso iure al demanio dello Stato, quando viene a cessare l’efficacia del titolo concessorio; – ciò accade nei casi di rinnovo, in cui, a differenza della proroga, si costituisce un nuovo rapporto giuridico fra le parti, dopo l’estinzione della concessione precedente; – nei casi di proroga o di rinnovo automatico, che avvengano cioè prima che il titolo giunga alla sua naturale scadenza, “tanto da configurare il rinnovo stesso, al di là del nomen iuris, una piena proroga dell’originario rapporto senza soluzione di continuità”, il principio dell’acquisizione automatica e ipso iure non trova invece applicazione, con la conseguenza che le opere realizzate dai concessionari sulla superficie demaniale restano, in tal caso, ai sensi dell’art. 952 c.c., di esclusiva proprietà privata c.d. superficiaria fino al momento dell’effettiva scadenza o revoca anticipata della concessione e per essi non sarebbe dovuto un canone ulteriore, essendo tenuto il concessionario a corrispondere un canone commisurato alla occupazione del suolo demaniale con impianti di facile/difficile rimozione, così come previsto dall’art. 1, comma 251, punto 1, lett. b), l. n. 296/2006.

Abuso edilizio e acquisizione al patrimonio comunale

Tar Sicilia, Palermo, sez. II, 12 luglio 2023, n. 2323

Abuso edilizio – Acquisizione gratuita al patrimonio comunale – Natura giuridica

L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale degli immobili abusivi, di cui all’art. 31, comma 3, d.P.R. n. 380/2001, non è una sanzione penale, né può essere considerata una sanzione amministrativa ad essa equiparata, in quanto: a) l’acquisizione non consegue automaticamente all’accertamento dell’abuso edilizio, ma alla successiva inottemperanza, da parte del responsabile dell’abuso, dell’ordine di demolizione/riduzione in pristino precedentemente emesso; b) l’acquisizione al patrimonio comunale è funzionale al ripristino dello stato dei luoghi ad iniziativa forzosa dell’amministrazione e a spese dell’obbligato, per superare l’inerzia dei responsabili dell’abuso; c) il mantenimento dell’opera ha carattere eccezionale e l’acquisizione ha funzione strumentale rispetto all’ordine di ripristino.

Silenzio-assenso

Tar Basilicata, Potenza, sez. I, 10 luglio 2023, n. 458

Titolo edilizio – Istanza di rilascio – Silenzio assenso – Presupposti

Il silenzio assenso, ex art. 20, comma 8, DPR n. 380/2001, presuppone la sussistenza di tutti i requisiti, condizioni e presupposti richiesti dalla vigente normativa, cioè la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi, con la conseguenza che il silenzio assenso non si forma nel caso in cui la fattispecie rappresentata non sia conforme a quella normativamente prevista, in quanto l’eventuale inerzia dell’Amministrazione non può far guadagnare agli interessati un risultato che gli stessi non potrebbero mai conseguire in virtù di un provvedimento espresso.

Abuso edilizio e diniego di condono

Tar Lombardia, Brescia, sez. II, 10 luglio 2023, n. 577

Abuso edilizio – Istanza di condono – Diniego – Affidamento

Il diniego di condono risulta legittimamente adottato anche molti anni dopo la presentazione dell’istanza di condono e la risposta tardiva da parte del Comune non permette di radicare alcun affidamento tutelabile, né per quanto riguarda l’estensione delle categorie della sanatoria, né relativamente alla persistenza del potere di intimare la rimessione in pristino. La demolizione di opere mai assistite da titolo edilizio ha natura vincolata, non richiede la dimostrazione di un interesse pubblico attuale, e non diventa inammissibile per il tempo trascorso dalla realizzazione dell’abuso o in conseguenza del trasferimento della proprietà del bene. Inoltre, la legittimità dell’ordine di demolizione comporta l’applicabilità delle sanzioni collegate all’inottemperanza, compresa la perdita della proprietà fino al decuplo della superficie utile abusivamente costruita.

Abuso edilizio

Consiglio di Stato, sez. VI, 7 luglio 2023, n. 6658

Abuso edilizio – Acquisizione gratuita al patrimonio comunale – Comunicazione avvio procedimento

L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive, ex art. 31 d.P.R. n. 380/2001, costituisce un atto dovuto senza alcun contenuto discrezionale, subordinato unicamente all’accertamento dell’inottemperanza e al decorso del termine di legge (novanta giorni) fissato per la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi, con la conseguenza che per l’adozione del provvedimento di immissione in possesso non è necessaria una comunicazione di avvio del relativo procedimento alla parte destinataria del provvedimento repressivo.

Poteri di pianificazione e oneri di motivazione

Tar Piemonte, Torino, sez. II, 7 luglio 2923, n. 662

Pianificazione urbanistica – Discrezionalità – Onere motivazionale attenuato – Osservazioni

Le osservazioni presentate in occasione dell’adozione di un nuovo strumento di pianificazione del territorio costituiscono un mero apporto dei privati nel procedimento di formazione dello strumento medesimo, per cui non è ravvisabile in capo all’amministrazione l’obbligo di una motivazione più estesa e puntuale di quella risultante dalla relazione illustrativa del piano o della variante in ordine alle scelte discrezionali per la destinazione delle singole aree. Pertanto, seppure l’amministrazione sia tenuta ad esaminare le osservazioni pervenute, non può però essere obbligata ad un’analitica confutazione di ciascuna di esse.

Le scelte di governo del territorio sono espressione di discrezionalità massima e, dunque, possono essere sindacate dal giudice solo nel caso in cui siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità, ove risultino incoerenti con l’impostazione di fondo dell’intervento pianificatorio o risultino apertamente incompatibili con le caratteristiche oggettive del territorio. Ne consegue che l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di un atto di pianificazione urbanistica è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei criteri che sorreggono le scelte effettuate, senza necessità di una motivazione puntuale.