GIURISPRUDENZA

Usi civici

Cassazione civile, Sezione II, 6 giugno 2023, n. 15805

Fondo assoggettato ad usi civici – Accertamento uso civico successivo all’immissione in possesso – Buona fede – Miglioramenti del fondo – Indennità ex art. 1150 c.c.

Al possessore di fondo assoggettato al vincolo di uso civico, accertato solo con sentenza successiva all’immissione in possesso, spetta il diritto all’indennità per i miglioramenti apportati al fondo ex art. 1150 c.c., con riferimento a tutte le opere migliorative realizzate fino al momento della notifica della domanda giudiziale, dovendosi ritenere, da questo momento, cessati gli effetti di uno stato di possesso esercitato in buona fede. Dopo la notifica della domanda giudiziale si intende iniziata una situazione di occupazione senza titolo e non già di possesso in mala fede, con conseguente inapplicabilità dell’art. 1150, comma 3, c.c..

Part time e trattamento economico

Cassazione civile, sezione lavoro, ordinanza 1 giugno 2023, n. 15540

Lavoro pubblico – Part-time – Voci del trattamento economico – Riproporzionamento – Indennità di vigilanza

La regola del riproporzionamento del trattamento economico del lavoratore dipendente a tempo parziale, prevista dall’art. 6, comma 9, del CCNL del Comparto Regioni e Autonomie locali del 14 settembre 2000, prevede che tutte le competenze fisse e periodiche, ivi compresa l’indennità integrativa speciale, che compongono il trattamento economico del dipendente con rapporto di lavoro debbano essere riproporzionate in base al ridotto orario di lavoro nel part-time. Fanno eccezione a tale regola soltanto le competenze di cui ai commi 10 e 11, dell’art. 6 in questione, ossia i trattamenti accessori collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti e gli altri istituti non collegati alla durata della prestazione lavorativa.

Trattandosi di un vincolo rigido e generale stabilito direttamente dal CCNL del Comparto Regioni e Autonomie locali, la regola del riproporzionamento riguarda tutte, indistintamente, le voci del trattamento economico del personale titolare di tale tipologia di rapporto e, quindi, anche le indennità di vigilanza di cui all’art. 37, comma 1, lett. b) del CCNL del 1995.

L’erogazione piena del compenso risulterebbe del tutto ingiustificata e irragionevole in considerazione della circostanza che il dipendente a tempo parziale rende una prestazione ridotta rispetto al lavoratore a tempo pieno e, conseguentemente, si riduce la quantità delle attività e delle connesse responsabilità che giustificano l’erogazione del compenso.

Elezioni e misure di prevenzione

Cassazione civile, sez. I, ordinanza 15 giugno 2023, n. 17165

Elezioni comunali – Incandidabilità – Misure di prevenzione sorveglianza speciale – Sentenza assolutoria – Effetti

In riferimento alla candidabilità di chi sia attinto dalla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza perché indiziato di appartenere a una delle associazioni di cui all’art. 4, comma 1, lett. a) e b), del d.lgs. n. 159 del 2001 occorre tener conto dell’avvenuta sentenza assolutoria con formula piena, intervenuta in data precedente alla candidatura.

L’art. 11, commi 1, lett. c), e 6 del d.lgs. n. 235 del 2012, prevede infatti, da un lato, la sospensione degli amministratori locali in presenza di un provvedimento non definitivo dell’autorità giudiziaria che irroghi la misura di prevenzione agli indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all’art. 4, comma 1, lett. a-b, del d. lgs. n. 159 del 2011) e, dall’altro, la cessazione della stessa sospensione nel caso in cui “venga emessa sentenza, anche se non passata in giudicato, di non luogo a procedere, di proscioglimento o di assoluzione”. In altri termini, se una sentenza assolutoria non passata in giudicato è idonea a fare cessare la misura di prevenzione irrogata con provvedimento non definitivo, parimenti una sentenza assolutoria passata in giudicato è idonea a far cessare la misura di prevenzione (salva una rinnovata e attuale valutazione delle circostanze poste, anche molti anni prima, a fondamento di quella misura, valutazione non intervenuta nel caso in esame).

Corte costituzionale

Corte Costituzionale, 5 giugno 2023, n. 110

Società a partecipazione pubblica – Divieto di soccorso finanziario – Principio di coordinamento della finanza pubblica – Norme oscure – Illegittimità per violazione dell’art. 3 Cost. – Esigenza di rispetto di standard minimi di intellegibilità anche in ambito extrapenale

Il TUSP stabilisce, tra l’altro, principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, trattandosi di norme che, in linea con le disposizioni in materia di riduzione del costo della pubblica amministrazione (cosiddetta spending review), pongono misure finalizzate alla previsione e al contenimento delle spese della società a controllo pubblico per il loro funzionamento. Ciò vale certamente anche per l’art. 14, comma 5, TUSP, in materia di c.d. “divieto di soccorso finanziario”, che mira a porre stringenti limiti ai trasferimenti che le amministrazioni pubbliche possono effettuare a favore delle società partecipate.

Disposizioni irrimediabilmente oscure, e pertanto foriere di intollerabile incertezza nella loro applicazione concreta, si pongano in contrasto con il canone di ragionevolezza della legge di cui all’art. 3 Cost. L’esigenza di rispetto di standard minimi di intelligibilità del significato delle proposizioni normative, e conseguentemente di ragionevole prevedibilità della loro applicazione, va certo assicurata con particolare rigore nella materia penale, dove è in gioco la libertà personale del consociato, nonché più in generale allorché la legge conferisca all’autorità pubblica il potere di limitare i suoi diritti fondamentali, come nella materia delle misure di prevenzione. Ma sarebbe errato ritenere che tale esigenza non sussista affatto rispetto alle norme che regolano la generalità dei rapporti tra la pubblica amministrazione e i cittadini, ovvero i rapporti reciproci tra questi ultimi. Anche in questi ambiti, ciascun consociato ha un’ovvia aspettativa a che la legge definisca ex ante, e in maniera ragionevolmente affidabile, i limiti entro i quali i suoi diritti e interessi legittimi potranno trovare tutela, sì da poter compiere su quelle basi le proprie libere scelte d’azione. Una norma radicalmente oscura, d’altra parte, vincola in maniera soltanto apparente il potere amministrativo e giudiziario, in violazione del principio di legalità e della stessa separazione dei poteri; e crea inevitabilmente le condizioni per un’applicazione diseguale della legge, in violazione di quel principio di parità di trattamento tra i consociati, che costituisce il cuore della garanzia consacrata dall’art. 3 Cost.

RSU

Tar Campania, Salerno, sez. III, 3 luglio 2023, n. 1611

RSU – Gestione – Potere di intervento ordinario ed extra ordinem – Accertamento responsabilità

Fra le attività di gestione di rifiuti urbani di competenza comunale non sono riconducibili le attività di rimozione e raccolta di altre species di rifiuti, quali i detriti presenti nelle aste torrenziali.

Il d.lgs. n. 152 del 2006, prevedendo un ordinario potere d’intervento attribuito all’Autorità amministrativa in caso di accertato abbandono o deposito incontrollato di rifiuti e rappresentando, quindi, una specifica norma di settore, non esclude a priori la possibilità per l’ente di far uso, per garantire la rimozione dei rifiuti, del potere extra ordinem, proprio delle ordinanze contingibili ed urgenti. Invero, diversa è la funzione dei due atti, il primo, sanzionatorio, con accertamento in contraddittorio della responsabilità a titolo di dolo o colpa, il secondo, meramente ripristinatorio, in via d’urgenza.

Ai fini dell’emanazione delle ordinanze contingibili ed urgenti da parte del Sindaco, ex art. 54, T.U.E.L., volte a prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini, stante l’indispensabile celerità che caratterizza l’intervento, si può prescindere dalla verifica della responsabilità di un determinato evento dannoso provocato dal privato interessato.

Abuso edilizio

Tar Sicilia, Palermo, sez. II, 5 luglio 2023, n. 2267

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Onere motivazionale attenuato – Battigia

Il provvedimento di repressione degli abusi edilizi (ordine di demolizione e ogni altro provvedimento sanzionatorio) costituisce atto dovuto della p.a., riconducibile ad esercizio di potere vincolato, a seguito di accertamento dell’abuso e di riconducibilità del medesimo ad una delle fattispecie di illecito previste dalla legge; ciò comporta che il provvedimento sanzionatorio non richiede una particolare motivazione, essendo sufficiente la mera descrizione e rappresentazione del carattere illecito dell’opera realizzata, né è necessaria una previa comparazione dell’interesse pubblico alla repressione dell’abuso, che è in re ipsa, con l’interesse del privato proprietario del manufatto, anche se l’intervento repressivo avvenga a distanza di tempo dalla commissione dell’abuso, ove il medesimo non sia stato oggetto di sanatoria in base agli interventi legislativi succedutisi nel tempo.

Non è applicabile l’art. 35 del d.P.R. n. 380/2001 che si riferisce agli interventi abusivi realizzati su aree demaniali ovvero di proprietà dello Stato, laddove l’intervento sia stato realizzato nell’area di rispetto dalla battigia.

L’ordine di demolizione è da ritenersi sorretto da adeguata istruttoria e sufficiente motivazione, allorquando sia rinvenibile l’individuazione dell’infrazione commessa e della norma violata, nonché la puntuale descrizione delle opere abusive, che consistono nell’espressione di nuova volumetria ad uso residenziale costruita in assenza di titolo edilizio e in costanza di vincolo di inedificabilità per ragioni sismiche e paesaggistiche, ovvero di legge.

Autorizzazione paesaggistica

Consiglio di Stato, sez. VI, 4 luglio 2023, n. 6513

Autorizzazione paesaggistica – Parere – Giudizio di comparazione

La valutazione che l’Amministrazione è chiamata a compiere in sede di rilascio del parere sulla richiesta di autorizzazione paesaggistica, va riferita alla realtà dei luoghi nei quali il manufatto da realizzare dovrà inserirsi, dal momento che l’obiettivo da perseguire è l’effettiva tutela del paesaggio: il giudizio di comparazione dell’opera rispetto al contesto da difendere va compiuto tenendo presenti le effettive e reali condizioni di sistema dell’area su cui l’intervento andrà a incidere.

Pianificazione urbanistica

Consiglio di Stato, sez. IV, 4 luglio 2023, n. 6517

Pianificazione urbanistica – Variante – Obbligo di notifica

La variante urbanistica, qualora riguardi beni specifici ed incida direttamente su determinati soggetti, ha carattere particolare e la Pubblica Amministrazione ha l’obbligo di notificare agli interessati il provvedimento, dalla cui esecuzione decorre il termine di impugnazione dell’atto.

Abuso edilizio

Tar Campania, Napoli, sez. VII, 3 luglio 2023, n. 3964

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Prescrizione – Onere probatorio – Onere motivazionale attenuato – Zona vincolata – Sanzione pecuniaria alternativa – Istanza in sanatoria

L’attività di repressione degli abusi edilizi, essendo collegata alla tutela dell’interesse pubblico all’ordinato sviluppo del territorio, così come delineato nello strumento urbanistico e nella regolamentazione edilizia vigenti, non è soggetta a termini di decadenza o di prescrizione e può essere esercitata anche a notevole distanza di tempo dalla commissione dell’abuso.

Nel giudizio di impugnazione dell’ordinanza repressiva di un abuso edilizio, è onere del privato, ai sensi dell’art. 2697 c.c., fornire la prova dello status quo ante attraverso una dimostrazione rigorosa dello stato della preesistenza.

In materia di abusivismo edilizio, l’obbligo di demolizione si configura come un dovere di restitutio in integrum dello stato dei luoghi e ha ad oggetto il manufatto abusivo, le opere accessorie e quelle complementari, ossia l’edificio abusivo complessivamente considerato.

Il provvedimento con cui viene ingiunta la demolizione di un immobile abusivo richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) e non è ammessa l’esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare.

In presenza di opere edilizie abusive, l’amministrazione comunale può ricorrere alla generale ingiunzione di demolizione di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, anche nelle ipotesi in cui tali opere siano state realizzate in zona vincolata, per le quali, quindi, potrebbe procedersi alla demolizione d’ufficio ai sensi dell’art. 27, atteso che i poteri attribuiti all’autorità comunale dalle due disposizioni non si escludono a vicenda, ma concorrono.

La facoltà d’irrogare una sanzione pecuniaria in luogo di quella della demolizione, già prevista dall’art. 12 cpv., l. n. 47 del 1985, ed oggi trasfusa nell’art. 34 cpv. d.P.R. 380 del 2001, è prevista unicamente per gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire e non nel caso di mancanza assoluta di titolo abilitante all’edificazione. Inoltre, l’applicabilità della sanzione pecuniaria è subordinata all’impossibilità di eseguire la demolizione senza pregiudizio per la parte eseguita in conformità, da valutarsi in sede esecutiva.

La presentazione di un’istanza di accertamento di conformità, ex art. 36, D.P.R. n. 380 del 2001, non rende inefficace il provvedimento sanzionatorio pregresso, non essendovi alcuna automatica necessità per l’Amministrazione di adottare, se del caso, un nuovo provvedimento di demolizione. Essa determina soltanto un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione, che opera in termini di mera sospensione dello stesso. Ne consegue che in caso di rigetto dell’istanza in sanatoria, l’ordine di demolizione riacquista la sua efficacia.

Abuso edilizio

Tar Lazio, Roma, sez. IV-ter, 3 luglio 2023, n. 11103

Abuso edilizio – Vincoli di inedificabilità assoluta – Condono – Silenzio assenso

Il fatto che una zona sia prevalentemente urbanizzata o già paesisticamente degradata non fa venir meno l’esigenza di scongiurare la realizzazione di ulteriori interventi abusivi.

In caso di abusi edilizi commessi su aree soggette a vincolo, non può configurarsi silenzio assenso sulle istanze di condono.

La sussistenza di un vincolo di inedificabilità assoluta, come anche la soggezione dell’immobile sul quale è stata realizzata l’opera abusiva a vincoli imposti a tutela di particolari interessi, legislativamente qualificati come ostativi alla sanabilità delle opere, rappresenta un presupposto di per sé sufficiente per l’adozione di provvedimenti di diniego di condono e determina l’inutilità dell’assunzione dei pareri dell’autorità preposta alla tutela dei vincoli di cui all’art. 32 della legge n. 47 del 1985.