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La Corte costituzionale sul diritto alla salute

Corte costituzionale, 6 dicembre 2024, n. 195

Spese sanità – Tagli sanità – Diritto alla salute – Prevalenza delle spese sanitarie – Livelli essenziali di assistenza – LEA

La Corte costituzionale ha affermato che per fare fronte a esigenze di contenimento della spesa pubblica dettate anche da vincoli euro unitari, devono essere prioritariamente ridotte le altre spese indistinte, rispetto a quella che si connota come funzionale a garantire il “fondamentale” diritto alla salute.

La Corte ha poi dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 527, quinto periodo, della legge di bilancio per il 2024, nella parte in cui non esclude dalle risorse che è possibile ridurre, a seguito del mancato versamento del contributo dovuto da parte delle regioni, quelle spettanti per il finanziamento dei diritti sociali, delle politiche sociali e della famiglia e, in particolare, della tutela della salute. Ciò in quanto, «nemmeno nel caso in cui la regione non abbia versato la propria quota del contributo alla finanza pubblica, lo Stato può “rispondere” tagliando risorse destinate alla spesa costituzionalmente necessaria, tra cui quella sanitaria – già, peraltro, in grave sofferenza per l’effetto, come si è visto, delle precedenti stagioni di arditi tagli lineari – dovendo quindi agire su altri versanti che non rivestono il medesimo carattere»: il diritto alla salute, infatti, «coinvolgendo primarie esigenze della persona umana», non può essere sacrificato «fintanto che esistono risorse che il decisore politico ha la disponibilità di utilizzare per altri impieghi che non rivestono la medesima priorità».

Da ultimo, la sentenza ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 557 dell’art. 1 della legge n. 213 del 2023, nella parte in cui non prevede che il decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, diretto a individuare i criteri e le modalità di riparto, nonché il sistema di monitoraggio dell’impiego delle somme, del «Fondo per i test di Next-Generation Sequencing per la diagnosi delle malattie rare», sia adottato d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

L’azione di ingiustificato arricchimento

Corte Suprema di Cassazione, Civile, Sez. III, 28 ottobre 2024 n. 27753

Pubblica amministrazione – Ingiustificato arricchimento – Azione ex art. 2041 c.c. – Assenza di utilitas della prestazione – Necessità di fornire la prova contraria – Insussistenza

Chi agisce a norma dell’art. 2041 cod. civ. il proprio depauperamento (e il contestuale arricchimento della Pubblica Amministrazione), l’accoglimento dell’iniziativa dallo stesso assunta incontra il solo “limite del divieto di arricchimento imposto”, giacché “il diritto fondamentale di azione del depauperato” deve “adeguatamente coniugarsi con l’esigenza, altrettanto fondamentale, del buon andamento dell’attività amministrativa, affidando alla stessa pubblica amministrazione l’onere di eccepire e provare il rifiuto dell’arricchimento o l’impossibilità del rifiuto per la sua inconsapevolezza”.

A stretto rigore, poi, non solo l’impoverito non deve provare alcuna utilità della P.A. in cui favore ha eseguito le sue prestazioni, ma neppure ha l’onere di dimostrare la regolarità dell’esecuzione di quelle, se non altro quando, come pare prospettato nella specie, quelle prestazioni pacificamente siano state rese: pertanto, i risultati di queste vanno valutati nella loro ontologica consistenza e, cioè, al fine di determinare l’entità concreta dell’arricchimento (benché una loro eventuale scorretta esecuzione possa diminuire tale entità); e sempre salvo il caso del cosiddetto arricchimento imposto, che non può riconoscersi.

Conferenza asincrona e legittimazione ad agire in giudizio

Conferenza di servizi semplificata e asincrona – Artt. 14-quater e quinquies, l. 241/90 – Regione Siciliana – Artt. 18 ss., l.r. 7/2019 – Amministrazione inerte – Acquisizione parere per silentium – Potere sollecitatorio – Legittimazione ad agire in giudizio

A fronte di contrastanti orientamenti giurisprudenziali, il giudice amministrativo siciliano aderisce a quello che riconosce la legittimazione ad agire in giudizio in capo all’Amministrazione parte della conferenza dei servizi semplificata, svoltasi in modalità asincrona, di cui sia stato acquisito il parere favorevole per silentium.

La deroga al principio generale del riconoscimento della legittimazione ad agire in giudizio in capo al Comune per contestare autorizzazioni all’esercizio di attività incidenti sul proprio territorio non può farsi discendere da norme le quali, nell’imporre che il dissenso sia tempestivamente manifestato, a pena d’inammissibilità, nella conferenza di servizi e che il mancato motivato dissenso equivalga ad implicito assenso, escludono la legittimità di pareri postumi. Tali disposizioni non consentono un’interpretazione che precluda all’Amministrazione di agire in giudizio a tutela dei propri diritti e interessi legittimi, venendo in considerazione un diritto inviolabile riconosciuto alla generalità dei consociati dall’art. 24 della Cost.. Una diversa interpretazione priverebbe l’Amministrazione della legittimazione ad agire in giudizio senza, peraltro, fornirgli degli strumenti adeguati di reazione anche a fronte di atti incidenti su interessi pubblici di particolare rilievo. E tale privazione di tutela è ancora più evidente nell’ordinamento regionale siciliano, nel quale si ha un’ulteriore restrizione della “facoltà” di “sollecitare” un intervento in autotutela che viene riconosciuta esclusivamente alle Amministrazioni che hanno partecipato o si sono espresse nei termini.

Mezzi per la pubblicità

Tar Lombardia, Brescia, sez. II, 29 gennaio 2024, n. 72

Impianti pubblicitari su strade pubbliche – Diffusione pubblicitaria tramite transenne parapedonali – Regolamentazione comunale – Discrezionalità – Eccesso di potere – Affidamento del privato

Nel concetto di “mezzi per la pubblicità” rientrano anche le transenne parapedonali, quale “Mezzo pubblicitario”, facente parte della categoria “impianto pubblicitario di servizio”, a norma dell’art.4 del Regolamento di esecuzione ed attuazione del nuovo Codice della Strada.

A norma dell’art. 47 comma 7 del Regolamento di esecuzione ed attuazione del nuovo Codice della Strada, “si definisce impianto pubblicitario di servizio qualunque manufatto avente quale scopo primario un servizio di pubblica utilità nell’ambito dell’arredo urbano e stradale (fermate autobus, pensiline, transenne parapedonali, cestini, panchine, orologi, o simili) recante uno spazio pubblicitario che può anche essere luminoso sia per luce diretta che per luce indiretta”.

La censura di eccesso di potere per disparità di trattamento, a fronte di scelte discrezionali dell’Amministrazione, è riscontrabile soltanto in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato, situazioni la cui prova rigorosa deve essere fornita dall’interessato, con la precisazione che la legittimità dell’operato della Pubblica amministrazione non può comunque essere inficiata dall’eventuale illegittimità compiuta in altra situazione.

La disparità di trattamento può essere fatta valere quale causa d’illegittimità provvedimentale solo in caso di perfetta identità delle fattispecie, e ciò a prescindere dal fatto che la sola diversità di trattamento non vale a dimostrare di suo un vizio di eccesso di potere, non potendo l’eventuale illegittimità commessa dall’amministrazione in altro frangente divenire valida ragione a sostegno delle proprie pretese.

Il principio di affidamento sostanzia un principio regolatore di ogni rapporto giuridico, inclusi quelli di diritto amministrativo. Più precisamente, esso viene identificato con la “fiducia ragionevolmente riposta”, con il “ragionevole convincimento” della spettanza del bene della vita, oppure con “l’aspettativa al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico sorto a seguito” dell’attività della Pubblica amministrazione.

Nei rapporti di diritto amministrativo, inerenti all’esercizio del pubblico potere, è configurabile un affidamento del privato sul legittimo esercizio di tale potere e sull’operato dell’amministrazione conforme ai principi di correttezza e buona fede, fonte per quest’ultima di responsabilità non solo per comportamenti contrari a canoni di origine civilistica ora richiamati, ma anche per il caso di provvedimento favorevole annullato.

Elemento di fondamentale rilevanza nell’accertamento dei presupposti di tutela dell’affidamento è la dimensione soggettiva di chi ne allega la lesione, che consente di appurare se e in che misura il privato possa vantare un legittimo e qualificato affidamento sul provvedimento amministrativo poi annullato.

La responsabilità dell’amministrazione per lesione dell’affidamento ingenerato nel destinatario di un provvedimento favorevole poi annullato in sede giurisdizionale postula che sulla sua legittimità sia sorto un ragionevole convincimento, il quale è escluso in caso di illegittimità evidente o quando il medesimo destinatario abbia conoscenza dell’impugnazione contro lo stesso provvedimento.

Pertanto, l’affidamento tutelabile in via risarcitoria deve essere ragionevole, id est incolpevole. Esso, quindi, deve fondarsi su di una situazione di apparenza costituita dall’amministrazione con il provvedimento, in cui il privato abbia confidato senza colpa.

Abuso edilizio e istanza in sanatoria

Tar Lazio, Roma, sez. II Stralcio, 27 settembre 2023, n. 14310

Abuso edilizio – Istanza in sanatoria – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Sanzione pecuniaria alternativa – Presupposti – Vincoli – Autorizzazione paesaggistica

La presentazione della domanda di condono non autorizza a completare né a trasformare o ampliare i manufatti oggetto della richiesta, i quali, fino al momento dell’eventuale concessione della sanatoria, restano comunque abusivi.

Nessun vizio di natura motivazionale stricto sensu intesa può affliggere il gravato provvedimento di ingiunzione a demolire trattandosi di atto che – accertando l’esistenza di un illecito edilizio, ed irrogando la relativa sanzione – necessita di giustificazione, più che di motivazione, consistente nell’acclaramento dei fatti, id est della realizzazione delle opere e degli interventi edilizi, nella sussumibilità di tali interventi nel novero di quelli necessitanti di un titolo abilitativo e nella certazione della loro realizzazione in assenza del prescritto provvedimento abilitante.

L’applicabilità della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 33, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001, in deroga alla regola generale della demolizione, propria degli illeciti edilizi, presuppone la dimostrazione della oggettiva impossibilità di procedere alla demolizione delle parti difformi senza incidere, sul piano delle conseguenze materiali, sulla stabilità dell’intero edificio. Inoltre, l’applicabilità, o meno, della sanzione pecuniaria, può essere decisa dall’Amministrazione solo nella fase esecutiva dell’ordine di demolizione e non prima, sulla base di un motivato accertamento tecnico.

La valutazione circa la possibilità di dare corso all’applicazione della sanzione pecuniaria a fronte di una opera abusiva in luogo di quella ripristinatoria costituisce una mera eventualità della fase esecutiva, successiva alla ingiunzione a demolire, con la conseguenza che la mancata valutazione della possibile applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva non può costituire un vizio dell’ordine di demolizione ma, al più, della successiva fase riguardante l’accertamento delle conseguenze derivanti dall’omesso adempimento al predetto ordine di demolizione e della verifica dell’incidenza della demolizione sulle opere non abusive, dimodoché la verifica di cui all’art. 33, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 va compiuta su segnalazione della parte privata durante la fase esecutiva e non dall’Amministrazione procedente all’atto dell’adozione del provvedimento sanzionatorio.

La ratio dell’introduzione di vincoli paesaggistici generalizzati risiede nella valutazione che l’integrità ambientale è un bene unitario, che può risultare compromesso anche da interventi minori e che va, pertanto, salvaguardato nella sua interezza.

È esclusa la possibilità generalizzata di rilascio ex post dell’autorizzazione paesaggistica al fine di sanare interventi già realizzati.

Scia e poteri di controllo ordinario

Tar Umbria, Perugia, sez. I, 24 luglio 2023, n. 485

Titolo edilizio – SCIA – Poteri di controllo ordinario

Per il decorso del termine di controllo ordinario sulla SCIA è necessaria la completezza e la veridicità delle dichiarazioni rese, con la conseguenza che in presenza di una dichiarazione inesatta o incompleta all’Amministrazione, sussiste comunque il potere di inibire l’attività dichiarata stante l’inidoneità ex ante della segnalazione di inizio attività presentata a consumare i poteri di controllo della P.A.