Abuso edilizio

Il market comparison approach

Consiglio di Stato, sez. II, 3 giugno 2024, n. 4971

Edilizia e urbanistica – Abuso edilizio – Parziale difformità – Sanzione – Quantificazione – Uso diverso da quello residenziale – Valore venale – Calcolo – Criteri – Market comparison approach (MCA) – Legittimità

Ai fini del calcolo del valore venale del fabbricato dall’art. 34, comma 2 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 delle opere realizzate in parziale difformità dal permesso di costruire per fabbricati adibiti ad usi diversi da quello residenziale è legittimo l’utilizzo da parte dell’Agenzia del territorio del market comparison approach (MCA), metodo comparativo pluriparametrico, fondato sull’assunto che il prezzo di un immobile può essere considerato come la somma di una serie finita di prezzi componenti, ciascuno collegato a una specifica caratteristica apprezzata dal mercato.

La scelta del prezziario DEI – che associa ad ogni lavorazione il costo corrispondente – in luogo di quello regionale che, invece, correla ogni voce di spesa all’unità di misura di riferimento della lavorazione, costituisce una scelta tecnico-discrezionale non illogica né irragionevole al fine della determinazione della sanzione prevista dall’art. 34, comma 2 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 con riferimento al costo delle opere di completamento.

Immobili risalenti e abusi edilizi

Tar Puglia, Bari, sez. III, 12 luglio 2024, n. 844

Abuso edilizio – Assenza di titolo edilizio – Immobili risalenti nel tempo – Stato legittimo – Vincoli diretti e accessori – Discrezionalità tecnica

Per gli immobili risalenti nel tempo, in carenza di titolo edilizio ed in caso di rinvenimento soltanto parziale del titolo o di altri titoli, specie se pubblici (o comunque prodotti al tempo ad autorità pubbliche in data certa), che scandiscono le consistenze essenziali degli stessi, deve potersene ricavare lo stato legittimo. Lo stesso è, in linea di principio, desumibile dal titolo legittimante la costruzione nonché da una pluralità di documenti o elementi di fatto coevi, in presenza di un mero principio di prova. Allorchè il manufatto verta in area incisa da vincolo indiretto, l’imposizione limitativa de qua è espressione della potestà tecnico-discrezionale dell’amministrazione, sindacabile in sede giurisdizionale, soltanto in caso di istruttoria insufficiente, motivazione inadeguata, incongruenze oppure carenza di proporzionalità tra l’estensione del vincolo e le effettive esigenze di protezione del bene di interesse storico-artistico. Tale vincolo ha natura giuridica accessoria e secondaria ed assolve una funzione meramente strumentale di offrire una tutela ambientale al bene culturale protetto, mediante prescrizioni, divieti e limiti all’utilizzo degli spazi adiacenti, che ingenerano la fascia di rispetto. A differenza del vincolo diretto (storico, artistico), che riguarda, beni o aree, nei quali sono stati rinvenuti beni di tale valenza (o in relazione ai quali vi sia la certezza della loro esistenza), il vincolo indiretto viene imposto sui beni e sulle aree circostanti a quelli sottoposti al vincolo diretto, così da garantirne una migliore visibilità e fruizione collettiva nonché migliori condizioni ambientali e di decoro.

Titolo abilitativo tacito

Tar Lazio, Roma, sez. II stralcio, 26 luglio 2024, n.15293

Abuso edilizio – Trasformazione in assenza di titolo abilitativo del manufatto sottoposto a sanatoria – Istanza in sanatoria – Diniego – Titolo abilitativo tacito – Condizioni

Il titolo abilitativo tacito si può dire formato soltanto se la domanda di sanatoria è conforme al relativo modello legale e, quindi, se è in grado di comprovare che ricorrono tutte le condizioni previste per il suo accoglimento, ivi compresa la non avvenuta trasformazione dell’opera abusiva e la completezza della documentazione richiesta a suo corredo, la mancanza di taluna di esse impedendo in radice che possa avviarsi (e concludersi) il procedimento di condono, in cui il decorso del tempo è mero coelemento costitutivo della fattispecie autorizzativa.

Abuso edilizio e condizioni di condonabilità

Tar Campania, Napoli, sez. VIII, 18 giugno 2024, n. 3810

Abuso edilizio – Vincoli relativi e assoluti – Condonabilità – Condizioni – Sanatoria in via tacita – Esclusione

Ai sensi dell’art. 32, comma 27, lettera d), del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono sanabili le opere abusive realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, siano essi di natura relativa o assoluta, purché ricorrano “congiuntamente” le seguenti condizioni: a) che si tratti di opere realizzate prima dell’imposizione del vincolo; b) che, pur realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; c) che siano opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del d.l. n. 269 del 2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) senza quindi aumento di superficie; d) che vi sia il previo parere favorevole dell’autorità preposta al vincolo. In assenza delle suddette condizioni, l’incondonabilità non è superabile nemmeno con il parere positivo dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.

È esclusa la sanatoria in via tacita degli abusi edilizi in area vincolata, considerato che l’art. 32, comma 1, l. 28 febbraio 1985, n. 47, richiamato dal più volte citato art. 32, comma 27, d. lgs. 30 settembre 2003, n. 269, dispone che il condono per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo “è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso” e che per abusi commessi su immobili soggetti a vincoli nessuna disposizione di legge correla all’inerzia dell’autorità competente la formazione tacita dell’atto consultivo; al contrario, il medesimo art. 32, comma 1, qualifica al secondo periodo l’inerzia dell’autorità preposta al vincolo come ipotesi di “silenzio-rifiuto”, impugnabile dall’interessato.

Abuso edilizio, ordine di demolizione e inottemperanza

Tar Lazio, Roma, sez. II quater, 3 maggio 2024, n. 8858

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Accertamento dell’inottemperanza – Natura giuridica – Acquisizione gratuita al patrimonio comunale – Effetti giuridici

Il verbale di accertamento dell’inottemperanza ad un ordine di demolizione ha valore endoprocedimentale ed è, come tale, privo di portata lesiva, limitandosi con esso gli agenti della Polizia municipale al compimento di un’attività di mera constatazione che riveste carattere strumentale rispetto all’atto di acquisizione al patrimonio comunale di cui all’art. 31, commi 3 e 4, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

È con il formale atto di acquisizione – adottato, a valle del verbale di accertamento dell’inottemperanza, dal dirigente o comunque dal responsabile del competente ufficio comunale – che viene certificato il passaggio di proprietà del bene al patrimonio pubblico e formato il titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari. Solo a tale provvedimento, e non al verbale, deve dunque essere riconosciuta capacità lesiva dell’interesse del privato.

Permesso in sanatoria e autotutela

Consiglio di Stato, sez. VI, 3 maggio 2024, n. 4060

Abuso edilizio – Permesso in sanatoria – Annullamento in autotutela – Onere motivazionale

È illegittimo l’annullamento in autotutela di un permesso in sanatoria, laddove esso sia privo di una espressa motivazione dalla quale risultino le ragioni di interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione e la posizione di affidamento dei destinatari dell’atto stesso.

Edificazione abusiva e vincoli di inedificabilità

Tar Campania, Salerno, sez. II, 22 aprile 2024, n. 866

Intervento di nuova costruzione – Vincoli di inedificabilità – Abuso edilizio – Sanatoria – Compatibilità

Solo i vincoli di inedificabilità imposti anteriormente alla edificazione abusiva ne impediscono ex lege la sanatoria (ai sensi dell’art. 33 della l. n. 47/1985). Qualora vengano in rilievo vincoli imposti successivamente all’edificazione, il condono edilizio non è precluso, a condizione che l’opera risulti compatibile col vincolo. Ed è, quindi, compito dell’autorità preposta alla tutela di quest’ultimo operare una valutazione in concreto in ordine alla compatibilità o meno delle opere di cui è chiesta la sanatoria con le ragioni del vincolo.

Quando le previsioni di tutela sono sopraggiunte alla realizzazione dell’intervento edilizio, la valutazione paesaggistica non potrebbe compiersi come se l’intervento fosse ancora da realizzare, e ciò è tanto più vero nei casi in cui le previsioni di tutela successivamente sopraggiunte ad integrare la disciplina dell’area risultano del tutto incompatibili con la tipologia dell’intervento già realizzato, e dunque il sopravvenuto regime di inedificabilità dell’area non può considerarsi una condizione ex se preclusiva e insuperabile alla condonabilità degli edifici già realizzati, dovendo l’amministrazione valutare se vi sia compatibilità tra le esigenze poste a base del vincolo e la permanenza in loco del manufatto abusivo.

Abuso edilizio e “doppia conformità”

Tar Umbria, sez. I, 17 aprile 2024, n. 268

Abuso edilizio – Istanza in sanatoria successiva al provvedimento sanzionatorio – Condizioni – Osservazioni dei privati – Onere motivazionale del Comune – Provvedimento amministrativo fondato su plurimi motivi – Legittimità – Varianti ai piani attuativi di iniziativa privata o mista – Disciplina – Proposta di piano attuativo – Legge regionale Umbria – Doppia conformità urbanistico-edilizia – Onere probatorio – Sanzione pecuniaria sostitutiva – Condizioni

Circa gli effetti sostanziali e processuali della presentazione di una istanza di sanatoria successivamente all’adozione del provvedimento sanzionatorio, va precisato che tale effetto può verificarsi in caso di reiterazione delle istanze di sanatoria, solo ove la nuova istanza sia basata su elementi nuovi, la cui conoscenza è sopravvenuta rispetto alla precedente eventualmente rigettata. In caso contrario, ne deriverebbe un vulnus al principio di certezza delle situazioni giuridiche, consentendo al privato, mediante la semplice reiterazione di istanze di sanatoria, di precludere il dispiegamento degli effetti propri delle misure apprestate dall’ordinamento per la repressione degli abusi edilizi.

L’amministrazione non ha un onere di specifica e analitica confutazione delle osservazioni presentate dalla parte privata a seguito della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, bastando che ne abbia dato conto in modo sintetico ed essendo sufficiente, ai fini della giustificazione del provvedimento adottato, la motivazione complessivamente resa a sostegno dell’atto stesso.

Quando un provvedimento amministrativo è fondato su una pluralità di autonomi motivi, la legittimità di uno solo di essi è sufficiente a sorreggerlo, mentre l’eventuale illegittimità di uno solo o più degli altri motivi non basta a determinarne l’illegittimità. La sussistenza di una sola valida ragione ivi trasfusa può adeguatamente sostenerne la legittimità, con conseguente carenza di interesse della parte ricorrente all’esame delle censure ulteriori volte a contestare le altre ragioni giustificatrici dell’atto medesimo.

In assenza di una disciplina specifica per le varianti ai piani attuativi di iniziativa privata o mista già approvati, il Comune deve applicare, secondo il principio del contrarius actus, le medesime previsioni poste per la proposizione ex novo del piano, anche in considerazione della ricaduta generale sull’assetto dell’intera zona considerata dal piano di lottizzazione di una modifica alla disciplina delle distanze tra gli edifici.

L’art. 54 della l. r. Umbria n. 1 del 2015 prevede, al secondo comma, che la proposta di piano attuativo possa essere presentata dai «proprietari di almeno il cinquantuno per cento del valore catastale degli immobili e della superficie delle aree perimetrate dal PRG, parte operativa». La disposizione di cui al penultimo periodo del primo comma dell’art. 154 l. r. Umbria n. 1 del 2015 – per cui «Ai fini di cui al presente comma è consentito l’adeguamento di eventuali piani attuativi, purché tale adeguamento risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente, sia al momento della realizzazione dell’intervento oggetto di sanatoria, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria e non in contrasto con gli strumenti urbanistici adottati» – in alcun modo potrebbe essere interpretata nel senso di consentire una deroga rispetto alla necessarietà, ai fini dell’accertamento di conformità, della sussistenza della c.d. “doppia conformità” di cui all’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001 che prescrive, ai fini del rilascio del permesso in sanatoria, la conformità degli interventi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione sia al momento della presentazione della domanda di titolo in sanatoria. Una diversa interpretazione del primo comma dell’art. 154 l.r. n. 1 del 2015 lo esporrebbe a seri dubbi di legittimità costituzionale, atteso che, secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale, la richiamata “doppia conformità” costituisce «principio fondamentale nella materia governo del territorio» (Corte costituzionale sentenze n. 93 del 2023, n. 77 del 2021, n. 70 del 2020, n. 68 del 2018, n. 232 e n. 107 del 2017), nonché norma fondamentale di riforma economico-sociale.

L’art. 36 d.P.R. n. 380/2001, nel disciplinare l’accertamento di conformità, necessita che gli interventi abusivi siano conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’opera, sia al momento della presentazione della istanza di sanatoria. Peraltro, il procedimento per la verifica di conformità ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001 sfocia in un provvedimento di carattere assolutamente vincolato, il quale non necessita di altra motivazione, oltre a quella relativa alla corrispondenza (o meno) dell’opera abusiva alle prescrizioni urbanistico-edilizie (e a quelle recate da normative speciali in ambito sanitario e/o paesaggistico) sia all’epoca di realizzazione dell’abuso sia a quella di presentazione dell’istanza ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001. Ciò determina che, in sede di accertamento di conformità, è interamente a carico della parte l’onere di dimostrare la c.d. doppia conformità necessaria per l’ottenimento della sanatoria edilizia ordinaria ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380/2001 (già, art. 13 l. n. 47/1985 ), attesa la finalità dell’istituto, secondo il quale il rilascio del permesso in sanatoria presuppone indefettibilmente la c.d. doppia conformità, vale a dire la non contrarietà del manufatto abusivo alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della sua realizzazione sia al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria.

Ai sensi del secondo comma dell’art. 143 della l. r. Umbria n. 1 del 2015, «Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso di costruire, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 139, […] ingiunge al proprietario e ai responsabili dell’abuso, nei termini di cui all’articolo 141, comma 3, la rimozione o la demolizione e la remissione in pristino». Il legislatore regionale è chiaro nel distinguere le ipotesi di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in totale difformità dal medesimo, da quelle di interventi che presentino variazioni essenziali (con l’utilizzo della congiunzione “ovvero”); solo in questa ultima ipotesi, assume rilevanza la disciplina di cui all’art. 139 della medesima l. r. n. 1 del 2015.

L’applicabilità della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 33, comma 2, in deroga alla regola generale della demolizione, propria degli illeciti edilizi, presuppone la dimostrazione della oggettiva impossibilità di procedere alla demolizione delle parti difformi senza incidere, sul piano delle conseguenze materiali, sulla stabilità dell’intero edificio; in secondo luogo, e in ogni caso, l’applicabilità, o meno, della sanzione pecuniaria, può essere decisa dall’Amministrazione solo nella fase esecutiva dell’ordine di demolizione e non prima, sulla base di un motivato accertamento tecnico. La valutazione, cioè, circa la possibilità di dare corso all’applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella ripristinatoria costituisce una mera eventualità della fase esecutiva, successiva alla ingiunzione a demolire: con la conseguenza che la mancata valutazione della possibile applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva non può costituire un vizio dell’ordine di demolizione ma, al più, della successiva fase riguardante l’accertamento delle conseguenze derivanti dall’omesso adempimento al predetto ordine di demolizione e della verifica dell’incidenza della demolizione sulle opere non abusive.

La verifica ex art. 33, comma 2, va compiuta su segnalazione della parte privata durante la fase esecutiva e non dall’Amministrazione procedente all’atto dell’adozione del provvedimento sanzionatorio. Inoltre, l’applicabilità della sanzione pecuniaria può essere decisa dall’Amministrazione solo nella fase esecutiva dell’ordine di demolizione e non prima. In sostanza, la valutazione circa la possibilità di dare corso all’applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella ripristinatoria costituisce una mera eventualità della fase esecutiva, successiva alla ingiunzione a demolire, con la conseguenza che la mancata valutazione della possibile applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva non può costituire un vizio dell’ordine di demolizione ma, al più, della successiva fase riguardante l’accertamento delle conseguenze derivanti dall’omesso adempimento al predetto ordine di demolizione e della verifica dell’incidenza della demolizione sulle opere non abusive, dimodoché la verifica di cui all’art. 33, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 va compiuta su segnalazione della parte privata durante la fase esecutiva e non dall’amministrazione procedente all’atto dell’adozione del provvedimento sanzionatorio.

Abuso edilizio e oneri per l’acquisizione al patrimonio pubblico

Consiglio di Stato, sez. II, 12 aprile 2024, n. 3351

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Acquisizione gratuita al patrimonio comunale – Onere di notifica

Affinché un bene immobile abusivo possa formare legittimamente oggetto dell’ulteriore sanzione costituita dall’acquisizione gratuita al patrimonio comunale, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, occorre che il presupposto ordine di demolizione sia stato notificato a tutti i proprietari, al pari anche del provvedimento acquisitivo, in omaggio ai fondamentali principi di tutela del diritto di difesa e di partecipazione procedimentale.

Abuso edilizio e costruzioni ante 1967

Consiglio di Stato, sez. II, 8 febbraio 2024, n. 1297

Abuso edilizio – Abusi commessi ante 1967 – Regolamento edilizio su costruzione in aree fuori del centro abitato – Principio di uguaglianza – Certificato di abitabilità – Effetto sanante – Ratio – Certificato di agibilità – Ratio

Il regolamento edilizio discrezionalmente adottato da un ente locale, che prima del 1967 abbia subordinato l’esercizio del jus aedificandi al rilascio della licenza edilizia anche per l’edificazione al di fuori del centro abitato, non integra la violazione del principio di uguaglianza formale e/o sostanziale sotto il profilo anche della diversità di trattamento a cui sarebbero stati sottoposti in relazione all’esercizio del jus aedificandi, a seconda che l’edificazione fosse o meno avvenuta in un Comune che aveva adottato quel regolamento, intuitivamente diverse essendo le singole realtà locali, con la conseguenza che neppure è immediatamente apprezzabile la violazione del principio di uguaglianza e la connessa diversità di trattamento.

Il rilascio del certificato di abitabilità non ha alcun effetto sanante rispetto alle opere abusive, in quanto la illiceità dell’immobile sotto il profilo urbanistico-edilizio non può essere in alcun modo sanata dal conseguimento del certificato di agibilità che riguarda profili diversi; i due provvedimenti svolgono funzioni differenti e hanno diversi presupposti che ne condizionano il rispettivo rilascio.

Il certificato di agibilità serve ad accertare che l’immobile è stato realizzato nel rispetto delle norme tecniche in materia di sicurezza, salubrità, igiene e risparmio energetico degli edifici e degli impianti, viceversa il titolo edilizio attesta la conformità dell’intervento alle norme edilizie ed urbanistiche che disciplinano l’area da esso interessata.