Demanio marittimo

Le aree pubbliche per il commercio ambulante “riscora scarsa” come il demanio marittimo

Consiglio di Stato, sez. V, 19 novembre 2024, n. 9266

Concessioni amministrative – Scarsità risorse – Interpretazione – Direttiva Bolkestein – Efficacia – Ambito applicativo – Proroga automatica – Illegittimità – Commercio ambulante su aree pubbliche

La Direttiva sui servizi nel mercato interno, 2006/123/CE, ha un ambito di applicazione generalizzato, concernenti ‘i servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro (art. 1, par. 1)’, e in cui per converso sono tassative le esclusioni, elencate al par. 2 della disposizione richiamata.

L’art. 12, comma 1, della Direttiva prevede che: “Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento”.

Il livello di dettaglio che una direttiva deve possedere per potersi considerare self–executing dipende, come noto, dal risultato che essa persegue e dal tipo di prescrizione che è necessaria per realizzare tale risultato, pertanto, sotto tale profilo, l’art. 12 della Direttiva ha l’obiettivo di aprire al mercato delle attività economiche il cui esercizio richiede l’utilizzo di risorse naturali scarse, sostituendo, nell’ambito di un sistema in cui tali risorse vengono assegnate in maniera automatica e generalizzata, a chi è già titolare di concessioni risalenti, un regime di evidenza pubblica, che assicuri la par condicio tra i soggetti potenzialmente interessati.

Dall’analisi dell’articolato emerge che la Direttiva Bolkestein mostra un livello di dettaglio sufficiente a determinare la non applicazione della disciplina nazionale e ad imporre, di conseguenza, una gara rispettosa dei principi di trasparenza, pubblicità, imparzialità, non discriminazione, mutuo riconoscimento e proporzionalità.

La Direttiva sui servizi del mercato interno è, pertanto, self-executing, come precisato dalla Corte di giustizia UE con la sentenza 30 gennaio 2018 (C- 360/15 e C- 31/16), la quale ha affermato il principio secondo cui la medesima Direttiva si applica ‘non solo al prestatore che intende stabilirsi in un altro Stato membro, ma anche a quello che intende stabilirsi nel proprio Stato’, e dunque, ‘anche in situazioni puramente interno’.

La fonte comunitaria, pertanto, è espressiva di norme immediatamente precettive, in particolare, sotto il profilo della precisa e puntuale ‘norma di divieto’ che si rivolge, senza che occorra alcuna disciplina attuativa di sorta da parte degli Stati membri, a qualunque ipotesi di proroga automatica, in assenza di una procedura di selezione tra i potenziali candidati.

E rispetto a tale ‘norma di divieto’, indiscutibilmente dotata di efficacia diretta, il diritto interno è tenuto a conformarsi.

Il commercio ambulante o il commercio su area pubblica è una attività di vendita di merci al dettaglio, effettuata su aree di proprietà pubblica, ovvero su piazzole o posteggi assegnati, oppure in forma itinerante, e tale attività rientra senza alcun dubbio nella nozione di servizi di cui alla Direttiva 2006/123, così come chiarito dalla Corte di giustizia UE, con la sentenza 30 gennaio 2018, C-360/15 e C-31/16.

La materia del commercio al dettaglio su aree pubbliche è riferita ad attività economica non salariata, fornita normalmente dietro retribuzione secondo la definizione fornita dall’art. 57 TFUE, che comprende, tra i servizi, le attività di carattere commerciale e non fa pare delle esclusioni dall’ambito di applicazione sufficientemente individuato della Direttiva 2006/123/CE, di cui all’art. 2, paragrafi 2 e 3.

Si tratta di una attività che, infatti, era stata originariamente inclusa nell’ambito di applicazione del citato decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, con cui è stata recepita la menzionata ‘Direttiva Servizi’ (art. 70 del decreto legislativo che aveva demandato a una intesa in sede di Conferenza unificata l’individuazione dei criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l’esercizio del commercio su aree pubbliche).

La legge di bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 686) ha escluso dal campo di applicazione del decreto legislativo n. 59/2010 il commercio al dettaglio sulle aree pubbliche, abrogando il citato articolo 70 e introducendo una esclusione espressa con i modificati artt. 7, lett. f- bi e 16, comma 4 – bis dello stesso decreto legislativo.

L’esclusione dell’attività del commercio su aree pubbliche dal campo di applicazione del decreto legislativo n. 59/2010 e, quindi, della Direttiva Servizi, si pone in diretto contrasto con le previsioni di tale fonte comunitaria, che, come sopra detto, prevedono in via tassativa le ipotesi di esclusione e, tra esse, non rientra il commercio su aree pubbliche.

Gli Stati membri non hanno, quindi, alcun margine di discrezionalità nel prevedere ulteriori ipotesi di esclusione dall’ambito di applicazione della Direttiva, e ogni questione sulle modalità di applicazione delle disposizioni della Direttiva Servizi si pone logicamente dopo la corretta definizione del suo ambito di applicazione.

Le attività di commercio su aree pubbliche, in analogia con il demanio marittimo, esibiscono il connotato dalla scarsità, la quale ai sensi dell’art. 12 della direttiva servizi, giustifica la selezione per il mercato, in cui l’accesso al settore economico avvenga mediante procedure ad evidenza pubblica.

Invero, il concetto di ‘scarsità’ va interpretato in termini relativi e non assoluti, tenendo conto non solo della ‘quantità’ del bene disponibile, ma anche di suoi aspetti qualitativi. In questi termini, non tutte le aree commerciali sono uguali e fungibili, tenuto conto che ciascuna possiede una sua unicità, soprattutto in un contesto quale è quello di Roma Capitale.

La Corte di giustizia UE ha chiarito il concetto di ‘scarsità’ con la sentenza del 20.4.2023, nella causa C- 348/22 del 20.04.2023, affermando che ‘…risulta dallo stesso tenore letterale dell’art. 12, paragrafo I, della direttiva 2006/123 che, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturale, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento”.

Il Collegio ravvisa, tra i due settori, un minimo comune denominatore, dato dall’esistenza di una domanda che dal mercato si rivolge a risorse pubbliche, la cui limitatezza esige di regolarne l’accesso attraverso modelli imparziali di selezione, quale quello dell’evidenza pubblica sancito dall’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE. Opinare diversamente significherebbe autorizzare la P.A. all’adozione di atti amministrativi illegittimi per violazione del diritto dell’Unione, destinati ad essere annullati in sede giurisdizionale, con grave compromissione del principio di legalità, oltre che di elementari esigenze di certezza del diritto.

La Corte Costituzionale sulle norme di rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime

Corte costituzionale, 14 giugno 2024, n. 109

Contratti pubblici – Concessioni – Demanio – Illegittimità proroga – Legge della Regione Sicilia – Violazione diritto europeo

La proroga delle concessioni demaniali, senza l’indizione di procedure imparziali e trasparenti per la selezione dei concessionari, si pone in contrasto con le previsioni dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, avente carattere self-executing. Il differimento al 30 aprile 2023 del termine per la presentazione delle domande di proroga delle concessioni, come introdotto dalla disposizione regionale impugnata, reca ostacolo alla piena applicazione, nell’ordinamento interno, della normativa unionale, «per avere la Regione Sicilia legiferato in difformità dai vincoli» da quest’ultima derivanti. In tal modo, il legislatore regionale ha ecceduto dalle competenze ad esso riservate dagli artt. 14 e 17 dello statuto di autonomia e avrebbe violato l’art. 117, primo comma, Cost. che «vincola anche il legislatore regionale all’osservanza degli obblighi internazionali assunti dall’Italia». Il medesimo vizio affligge la norma di cui alla seconda parte dello stesso art. 36, che proroga il termine per la conferma, in forma telematica, dell’interesse alla utilizzazione del demanio marittimo.

La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 36 della legge della Regione Siciliana 22 febbraio 2023, n. 2 (Legge di stabilità regionale 2023-2025).

Regime giuridico degli interventi di nuova costruzione

Tar Liguria, Genova, sez. I, 3 luglio 2024, n. 480

Intervento di nuova costruzione – Regime giuridico – Impatto sull’assetto del territorio – Titolo edilizio – Realizzazione di muretti – Delimitazione di zone del demanio marittimo – Potere di accertamento – Natura giuridica – Ratio – Indispensabilità

In assenza di precise indicazioni ritraibili dal Testo unico in materia edilizia, il regime di opere quali recinzioni, cancellate e muretti (indipendentemente dalla funzione di muro di cinta o di contenimento) va determinato in base all’impatto effettivo che esse generano sull’assetto del territorio. Pertanto, se i manufatti presentano corpo ed altezza modesti, è sufficiente la s.c.i.a. (già d.i.a.); occorre, invece, il permesso di costruire, qualora producano una significativa trasformazione urbanistico-edilizia, in ragione dell’importanza dimensionale dell’intervento.

Muretti, di altezza ed ingombro modesti, hanno all’evidenza scarsa incidenza sul piano urbanistico-edilizio e, pertanto, non richiedono il permesso di costruire, bensì la segnalazione certificata: onde, ove realizzati, non sono assoggettabili a misura ripristinatoria, ma solo a sanzione pecuniaria.

L’art. 32 cod. nav. attribuisce all’autorità marittima il potere di accertamento della esatta delimitazione di determinate zone del demanio marittimo, attraverso un procedimento di natura dichiarativa che dev’essere svolto in contraddittorio con gli interessati. Ciò in quanto il demanio marittimo presenta una conformazione variabile nel corso del tempo, a causa dell’azione del mare sulle coste, con la conseguenza che le relative aree possono risultare di incerta perimetrazione e che le mappe catastali divengono spesso inaffidabili a distanza di anni dalla redazione.

In presenza di elementi di incertezza in ordine all’estensione ed ai confini della proprietà demaniale rispetto a quella privata, prima di adottare l’ingiunzione di sgombero, l’Amministrazione ha l’onere di attivare la speciale procedura di delimitazione delle zone del demanio marittimo prevista dagli artt. 32 cod. nav. e 58 reg. es. cod. nav., che, in tale ipotesi, assume carattere indispensabile e non può essere supplita con il mero richiamo dei dati catastali.

Il Consiglio di Stato torna sulle proroghe o rinnovi delle concessioni dei lidi balneari

Consiglio di Stato, sez. VII, 20 maggio 2024, n. 4479

Beni pubblici – Demanio marittimo – Concessioni – Finalità turistico-ricreative – Disciplina nazionale – Proroghe o rinnovi automatici – Contrasto con il diritto eurounitario – Disapplicazione

Devono essere disapplicate perché contrastanti con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE e comunque con l’art. 49 del T.F.U.E., tutte le disposizioni nazionali che hanno introdotto e continuano ad introdurre, con una sistematica violazione del diritto dell’Unione, le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative e in particolare:

a) le disposizioni di proroga previste in via generalizzata e automatica, e ormai abrogate dall’art. 3, comma 5, della l. n. 118 del 2002 (art. 1, commi 682 e 683, della l. n. 145 del 2018; art. 182, comma 2, del d.l. n. 34 del 2020, conv. in l. n. 77 del 2020; art. 100, comma 1, del d.l. n. 104 del 2020, conv. in l. n. 126 del 2020);

b) le più recenti proroghe introdotte dagli articoli 10-quater, comma 3 e 12, comma 6-sexies, del d.l. n. 198 del 2022, inseriti dalla legge di conversione n. 14 del 2023 e dall’art. 1, comma 8, della stessa l. n. 14 del 2023, che ha introdotto il comma 4-bis all’art. 4 della l. n. 118 del 2022;

c) l’art. l’art. 10-quater, comma 2, del d.l. n. 198 del 2023 nella parte in cui prevede che il tavolo tecnico in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali definisce i criteri tecnici per la sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile, tenendo conto anche della “rilevanza economica transfrontaliera”, che non è un presupposto per l’applicazione dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE ma semmai, laddove non si applichi il menzionato art. 12, del solo art. 49 del TFUE.

La disapplicazione delle norme nazionali sulle concessioni demaniali marittime si impone prima e a prescindere dall’esame della questione della scarsità delle risorse, in quanto, anche qualora si dimostrasse che in alcuni casi specifici non vi sia scarsità di risorse naturali, le suddette disposizioni, essendo di natura generale e assoluta, paralizzano senza giustificazione alcuna l’applicazione della direttiva 2003/126/CE e precludono in assoluto lo svolgimento delle gare, non potendo la valutazione sulla scarsità delle risorse in alcun modo ritenersi pregiudiziale o comunque non in grado di rimettere in discussione l’effetto diretto connesso all’art. 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE.

La disapplicazione delle norme nazionali contrastanti con il diritto unionale da parte di tutte le autorità amministrative comporta in ogni caso la necessità di assegnare le concessioni con gara, in quanto:

i) le pubbliche amministrazioni, al fine di assegnare le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, devono applicare l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE, costituendo la procedura competitiva, in questa materia, la regola, salvo che non risulti, sulla base di una adeguata istruttoria e alla luce di una esaustiva motivazione, che la risorsa naturale della costa destinabile a tale di tipo di concessioni non sia scarsa, in base ad un approccio che può essere anche combinato (a livello nazionale e locale) e deve, comunque, essere qualitativo;

ii) anche quando non ritengano applicabile l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE perché la risorsa non è scarsa, esse devono comunque applicare l’art. 49 del T.F.U.E. e procedere all’indizione della gara, laddove la concessione presenti un interesse transfrontaliero certo, da presumersi finché non venga accertato che la concessione difetti di tale interesse, sulla scorta di una valutazione completa della singola concessione;

iii) anche nelle eccezionali ipotesi di risorsa non scarsa e di contestuale assenza dell’interesse transfrontaliero certo, da provarsi in modo rigoroso, il diritto nazionale impone di procedere con procedura selettiva comparativa ispirata ai fondamentali principi di imparzialità, trasparenza e concorrenza e preclude l’affidamento o la proroga della concessione in via diretta ai concessionari uscenti, che non sono titolari di alcun diritto di insistenza.

Con riferimento alla stagione balneare 2024, è compatibile con il diritto dell’Unione la sola proroga “tecnica” – funzionale allo svolgimento della gara – prevista dall’art. 3, commi 1 e 3, della l. n. 118 del 2022 nella sua originaria formulazione, prima delle modifiche (da disapplicare) dei termini apportate dal d.l. n. 198 del 2022, come modificato dalla legge di conversione n. 14 del 2023, laddove essa fissa come termine di efficacia delle concessioni il 31 dicembre 2023 e consente alle autorità amministrative competenti di prolungare la durata della concessione, con atto motivato, per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura competitiva e, comunque, non oltre il termine del 31 dicembre 2024 «in presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023, connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa». Affinché possano legittimamente giovarsi di tale proroga tecnica senza violare o eludere il diritto dell’Unione e la stessa l. n. 118 del 2022, le autorità amministrative competenti – e, in particolare, quelle comunali – devono avere già indetto la procedura selettiva o comunque avere deliberato di indirla in tempi brevissimi, emanando atti di indirizzo in tal senso e avviando senza indugio l’iter per la predisposizione dei bandi.

Stante la necessità non più procrastinabile di procedere alle gare, un’utile cornice normativa per una disciplina uniforme delle procedure selettive di affidamento delle concessioni può essere tratta non solo dalle singole previsioni delle leggi regionali, ma anche dai principi e dai criteri della delega di cui all’art. 4, comma 2 della l. n. 118 del 2022, anche se poi essi non hanno trovato attuazione essendo la delega scaduta senza esercizio.

Demanio marittimo e gara per l’affidamento

Consiglio di Stato, sez. VII, 5 gennaio 2023, n. 232

Demanio marittimo – Affidamento in concessione – Gara pubblica – Vincoli archeologici – Risarcimento del danno

La preesistenza di ragioni di tutela archeologica dell’area demaniale marittima rispetto alla decisione comunale di suo affidamento in concessione per finalità turistico-ricreative giustifica un ristoro pecuniario nei confronti dell’operatore economico, a carico dell’amministrazione, per i soli costi inutilmente sopportati per partecipare ad una procedura di gara per la quale era preclusa in radice la possibilità di un risultato utile, ma non anche delle ulteriori spese sostenute per dotarsi delle attrezzature necessarie per esercitare l’attività sull’area affidata in concessione.

Demanio marittimo e strutture amovibili

Tar Puglia, Lecce, sez. I, 1 agosto 2023, n. 993

Demanio marittimo – Strutture balneari amovibili – Compatibilità paesaggistica

Ai fini demaniali marittimi, le strutture funzionali all’attività balneare, purché di facile amovibilità, possono essere mantenute per l’intero anno solare, purchè nel rispetto dei vincoli paesaggistici. Viene riconosciuto alla PA il potere/dovere di controllo sulla conformità delle opere concretamente realizzate ai contenuti del rilasciato permesso di costruire.

Attrezzature balneari su spiagge libere

Tar Puglia, Lecce, sez. I, 17 luglio 2023, n. 925

Demanio marittimo – Noleggio attrezzature balneari su spiagge libere – Regolamento comunale – Riserva di attività in favore dei titolari di concessione per attività di noleggio imbarcazioni – Legittimità

La previsione regolamentare di una riserva dell’attività di noleggio delle attrezzature balneari su spiaggia libera in favore dei titolari di concessione demaniale marittima per attività di noleggio imbarcazioni, attività idrosciatorie e chioschi/bar, con esclusione espressa dei titolari degli stabilimenti balneari e delle spiagge libere attrezzate, è legittima, tra l’altro perchè assolve ad una funzione pro-concorrenziale, implementando i servizi in favore dell’utente della spiaggia, e si pone pertanto del tutto in linea con le coordinate costituzionali ed eurounitarie in punto di tutela, promozione e valorizzazione della concorrenza.

Concessioni demaniali e pianificazione

Tar Sicilia, Catania, sez. III, 26 giugno 2023, n. 2031

Demanio marittimo – Assenza PUDM – Diniego – Legittimità

L’assenza di un Piano di utilizzo delle aree demaniali marittime (PUDM) preclude in radice il rilascio di una concessione demaniale, dato che la legge della regione Siciliana n. 32/2020 – nel prescrivere come necessaria ed insostituibile la condizione della coerenza con lo strumento pianificatorio – va interpretata nel senso che il rilascio della concessione è a maggior ragione impedito (non solo nelle ipotesi di contrasto col Piano, ma anche) in mancanza radicale del PUDM.

Demanio marittimo – Onerosità della concessione

Consiglio di Stato, sez. VII, 16 giugno 2023, n. 5934

Demanio marittimo – Natura demaniale del bene – Onerosità necessaria della concessione

L’art. 39, c. 1, del Codice della navigazione impone la regola dell’onerosità delle concessioni demaniali marittime. Statuendo, infatti, che la misura del canone è determinata nell’atto di concessione, la disposizione in esame, da un lato, consente all’Amministrazione concedente di determinare l’entità del canone dovuto e, dall’altro, presuppone la necessaria previsione di un canone a carico del concessionario, escludendo la possibilità di concessioni demaniali marittime gratuite, anche laddove il concessionario persegua soltanto ed esclusivamente finalità di interesse generale. L’art. 39 co. 2 cod. nav., infatti, impone il pagamento di un canone anche nell’ipotesi in cui il bene demaniale sia concesso ad enti pubblici o privati per finalità di beneficenza o per altri fini di pubblico interesse, poiché considera l’onerosità un elemento qualificante imprescindibile del rapporto concessorio in ragione della sua funzione, ad un tempo, retributivo-compensativa giustificante la sottrazione del bene demaniale marittimo al possibile uso generale da parte della collettività del quale il medesimo è capace. I beni del demanio marittimo elencati dall’art. 822 co.1 c.c., ed ossia il lido del mare, le spiagge, le rade e i porti, al pari di quelli indicati dall’art. 28 cod. nav., ed ossia le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell’anno comunicano liberamente col mare ed i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo, sono, infatti, beni pubblici puri, in quanto non rivali, né escludibili, essendo accessibili a tutti e suscettibili di godimento congiunto simultaneo da parte di più soggetti, tale che l’uso ad opera di taluno non esclude il pari utilizzo contemporaneo ad opera di altri.

Abuso edilizio

C.G.A.R.S., sezione giurisdizionale, 8 giugno 2023, n. 411

Demanio marittimo –– Autorizzazione – Fascia di rispetto – Manufatto edilizio abusivo

L’autorizzazione a costruire nella fascia di rispetto del demanio marittimo va richiesta sempre: sicché il manufatto edilizio realizzato senza autorizzazione è sempre abusivo, a prescindere dalla rilevanza delle  violazioni sul piano strettamente edilizio.