Enti Locali

La Corte dei conti sulla situazione finanziaria degli enti locali siciliani

Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Regione Siciliana, Indagine Referto “Finanza Locale Siciliana 2024”, deliberazione n. 319/2024/GEST del 10.12.2024

Regione Siciliana – Finanza locale siciliana – Indagine referto

La Sezione regionale di controllo per la Regione Siciliana della Corte dei conti produce una rilevante indagine sulla “Finanza locale siciliana”. Dopo un’ampia disamina dei fattori (strutturali) della crisi finanziaria degli enti locali, il referto contiene una serie di proposte di soluzione per accrescere la capacità amministrativa degli enti. “In quest’ottica, sarebbe utile e opportuno un più penetrante intervento regionale, anche ex ante, che possa contribuire a prevenire e affrontare tempestivamente le situazioni di crisi finanziaria degli enti locali. Non ci si riferisce solo agli interventi sostitutivi, ma anche a un sistema di interventi regionali ad adiuvandum, per accrescere la capacità amministrativa di enti che si trovino in situazioni di crisi finanziaria e gestionale, che non riescono ad affrontare autonomamente (anche a causa dell’assenza della figura del responsabile del servizio finanziario). Si potrebbe trarre spunto dalla figura dell’esperto, prevista nell’ambito del codice della crisi d’impresa, quale organo deputato a coadiuvare il debitore nella individuazione delle misure idonee al superamento della crisi, magari valorizzando anche gli iscritti all’albo dei revisori legali, con un ruolo centrale attribuito alla Corte dei conti, che già lo svolge, valutando, come si è visto, l’idoneità delle misure correttive imposte dalla legge e dalla stessa Sezione. D’altronde, il sistema vigente prevede l’intervento di un organo esterno all’ente locale di nomina statale, l’o.s.l., a seguito della dichiarazione di dissesto, organo definito dal legislatore (art. 245 del Tuel) ‘soggetto della procedura di risanamento’, seppure insieme agli organi istituzionali dell’ente; tuttavia, la disposizione richiamata prevede l’intervento di un organo esterno solo al fine di provvedere ‘al ripiano dell’indebitamento pregresso con i mezzi consentiti dalla legge’, in un’ottica di tutela dei creditori , mentre lascia agli organi interni il compito di assicurare ‘condizioni stabili di equilibrio della gestione finanziaria rimuovendo le cause strutturali che hanno determinato il dissesto’.

Tale intervento esterno potrebbe infatti intervenire, eventualmente anche su richiesta dell’ente locale in situazione di crisi finanziaria, prima che tale stato si evolva in stabile insolvenza (e in dissesto), ponendo al centro del sistema il risanamento dell’ente, il cui stato di salute finanziaria è essenziale per garantire i diritti e rendere effettiva la resa dei servizi”.

Il referto esprime, infine, l’auspicio che la disciplina del dissesto finanziario, ma anche della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, nel breve termine, vada incontro ad un rinnovamento, che consenta di superare le criticità che l’esperienza siciliana ha messo in luce.

Incarichi dirigenziali temporanei

Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, 22 luglio 2024, n. 20135

Lavoro pubblico – Pubblico impiego – Funzioni Locali – Incarichi dirigenziali temporanei ai sensi art. 109 del Dlgs 276/2000, art 52. del Dlgs 165/2001 e artt. 8 e ss. del CCNL

Questa Corte già in plurime pronunce (cfr. fra le tante Cass. n. 12106/2022, Cass. n. 19039/2022, Cass. n. 22579/2023), ha affermato che, ai sensi degli artt. 109, comma 2, e 110 del D.Lgs. n. 267 del 2000, nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale, le relative funzioni possono essere conferite a dipendenti con qualifica non dirigenziale, a cui vanno riconosciute, secondo i criteri dettati dalla contrattazione collettiva per il personale non dirigenziale del comparto Regioni ed Autonomie locali, in aggiunta al trattamento fondamentale previsto per la qualifica di inquadramento, una retribuzione di posizione, graduata in relazione alla natura dell’ incarico attribuito, e una retribuzione di risultato, quantificata in misura percentuale rispetto a quella di posizione, e corrisposta all’esito della valutazione positiva annuale, senza che trovi applicazione l’art. 52 del D.Lgs. n. 165 del 2001 (cui conseguirebbe il riconoscimento del trattamento retributivo fondamentale ed accessorio previsto per il personale con qualifica dirigenziale dai CCNL per il personale dirigenziale dell’area II), sia perché le funzioni direttive svolte non possono essere ritenute estranee al profilo di inquadramento, sia perché le maggiori responsabilità assunta vengono retribuite in virtù delle previsioni della contrattazione collettiva. Il principio enunciato dalle citate pronunce è stato affermato in continuità, con quello, più generale e risalente nel tempo, secondo cui un ufficio può essere ritenuto di livello dirigenziale solo in presenza di un’espressa qualificazione in tal senso contenuta negli atti di macro-organizzazione adottati dall’amministrazione pubblica, perché in tutte le versioni succedutesi nel tempo, il D.Lgs. n. 29/1993, prima, e successivamente il D.Lgs. n. 165/2001 hanno riservato alle amministrazioni il potere di definire le linee fondamentali degli uffici, di individuare quelli di maggiore rilevanza ed i modi di conferimento della titolarità degli stessi, di determinare la dotazione organica; si è, pertanto, affermato, sia con riferimento all’organizzazione statale che in relazione agli enti pubblici non economici, anche territoriali, che ove manchi l’istituzione dell’ufficio dirigenziale il giudice non può sostituirsi all’amministrazione e valutare la sostanza delle attribuzioni, per qualificare di natura dirigenziale l’attività svolta dal soggetto preposto alla direzione dell’ufficio che viene in rilievo (cfr. Cass. n. 33401/2019; Cass. 23874/2018; Cass. 350/2018; Cass. n. 10320/2017 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione). Con specifico riferimento agli enti territoriali minori è stato evidenziato che il D.Lgs. n. 165/2001, in relazione ai poteri organizzativi propri dei Comuni e delle Province, rinvia al D.Lgs. n. 267/2000, non solo attraverso l’espresso richiamo contenuto nell’art. 70, comma 3, ma anche nel prevedere, all’art. 27, che le regioni a statuto ordinario e le altre pubbliche amministrazioni “nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano ai principi dell’art. 4 e del presente capo i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità”.