Principio di precauzione

Ordinanze contingibili e urgenti e principio di precauzione

Consiglio di Stato, sez. V, 6 novembre 2024, n. 8864

Ordinanze contingibili e urgenti – artt. 50 e 54 TUEL – Distinzioni – Presupposti – Vendita di bevande alcoliche a minori – Principio di precauzione – Competenza

La riconduzione dell’atto sindacale alla fattispecie disciplinata all’art. 50 piuttosto che a quella di cui all’art. 54 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) non è neutra e non si risolve in una mera indicazione nominalistica, atteso che il legislatore ha inteso diversificare il procedimento di adozione dell’atto, prevedendone l’esecutorietà solo nel secondo caso (supportata dal Prefetto, quale organo preposto al coordinamento delle forze dell’ordine sul territorio provinciale). Le emergenze di sicurezza urbana, in quanto afferenti alla sicurezza pubblica, rientrano nella competenza del Sindaco quale ufficiale di governo (art. 54) e si diversificano da quelle a tutela della “vivibilità” che afferiscono all’attività del vertice dell’amministrazione locale (art. 50).

Le ordinanze sindacali contingibili e urgenti possono essere adottate anche a fronte di un pericolo potenziale in applicazione del principio di precauzione che richiede l’intervento restrittivo da parte della pubblica amministrazione in presenza di un rilevante pericolo per interessi pubblici particolarmente sensibili anche in assenza di una evidenza scientifica del nesso di causalità, secondo lo standard del c.d. “più probabile che non”, tra la circostanza fattuale su cui si interviene e il pregiudizio che potrebbe arrecare. Tale principio di derivazione comunitaria previsto dall’art. 7 del Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002 impone che, in presenza di ragionevole dubbio riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure di protezione senza dover attendere che sia previamente accertata l’effettiva esistenza della gravità del rischio occorso.

I presupposti per l’adozione di un’ordinanza contingibile e urgente risiedono nella sussistenza di un pericolo irreparabile ed imminente per il bene protetto dalla norma (la pubblica incolumità, la sicurezza urbana, la vivibilità cittadina ovvero la quiete, quale valore considerato a parte, l’igiene pubblica), ma purché lo stesso non sia altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento, il che avviene tipicamente laddove esista un sistema punitivo comprensivo di sanzioni principali, sanzioni accessorie capaci ex se di cauterizzare l’attività pericolosa. Non è pertanto ammissibile farvi ricorso per irrogare sanzioni espressamente previste dall’ordinamento (nel caso di specie, con l’art. 14-ter della legge 30 marzo 2001, n. 125 in caso di violazione del divieto di vendita di bevande alcoliche a minori) al solo scopo di accelerarne gli effetti, superando le garanzie difensive, a meno che non sia dimostrata in concreto la pericolosità, anche potenziale, del differimento dell’irrogazione della misura sanzionatoria prevista.

Il legislatore sanziona amministrativamente (art. 14-ter della legge 30 marzo 2001, n. 125) e penalmente (art. 689 c.p.) le condotte di vendita e somministrazione di bevande alcoliche a minori, commisurando il trattamento sanzionatorio all’effettiva portata lesiva della condotta. La prima fattispecie di illecito (art. 14-ter) opera in tutti i casi di vendita di alcolici a minorenne (ipotesi estranea alla formulazione dell’art. 689 c.p.) nonché di somministrazione a maggiore degli anni sedici ma minore di anni diciotto, stante che per il minore di anni sedici trova invece applicazione la norma penale, estensibile a qualunque tipologia di somministrazione ovunque effettuata, dovendo necessariamente essere attualizzati i riferimenti ai locali ivi indicati come osterie e pubblici spacci.

È illegittima l’ordinanza sindacale contingibile e urgente che disponga la sospensione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande in sostanziale applicazione dell’art. 14-ter della legge 30 marzo 2001, n. 125 (nella specie, a causa della vendita di bevande alcoliche a persona di età compresa tra i sedici e i diciotto anni) poiché, dovendosi riqualificare l’atto in senso sanzionatorio, sussiste vizio di incompetenza del firmatario, in quanto organo politico di vertice del governo locale, trattandosi di normale atto gestionale.

Concorsi, evidenza pubblica e sospetto di illeciti penali

Tar Puglia, Lecce, sez. II, 19 agosto 2024, n. 990

Procedura ad evidenza pubblica – Imparzialità e correttezza – Commissione giudicatrice – Illeciti penali – Principio di precauzione – Caducazione – Revoca – Discrezionalità

La sola verosimile realizzazione dei gravissimi illeciti penali ipotizzati con riguardo ai componenti della Commissione di concorso – ossia diffusione delle tracce e degli argomenti oggetto di prova scritta e orale in favore di alcuni candidati, o attribuzione di votazioni senza alcun reale esame di merito della preparazione dei medesimi – appare circostanza di per sé sufficiente a far dubitare in radice dell’oggettiva correttezza e imparzialità dell’espletamento delle diverse fasi del concorso, nonché degli esiti dello stesso, radicando così in capo all’Amministrazione, anche solo in virtù di un principio di precauzione, l’interesse pubblico del Comune all’integrale caducazione della procedura selettiva, in piena coerenza con i presupposti delineati dall’art. 21-quinquies della L. n. 241/1990.

La facoltà di revocare un bando concorsuale rientra tra gli ordinari e ampi poteri discrezionali riconoscibili all’Amministrazione, potendo quest’ultima provvedere in tal senso – in presenza di fondati motivi di pubblico interesse che rendano inopportuna la prosecuzione dell’iter concorsuale – fino a quando non sia intervenuta la nomina dei vincitori.