Sanatoria

Titoli edilizi e attività di vigilanza

Tar Basilicata, Potenza, sez. I, 19 settembre 2024, n.458

Titolo edilizio – SCIA – Poteri inibitori – Termini – Attività di vigilanza edilizia – Accertamento di abuso edilizio – Natura giuridica – Affidamento – Sanatoria

Se è stata presentata la SCIA, invece della domanda di permesso di costruire, non può essere applicato il brevissimo termine di 30 giorni ex art. 23, comma 6, DPR n. 380/2001 per l’esercizio del potere di controllo inibitorio.

Edificazione abusiva e vincoli di inedificabilità

Tar Campania, Salerno, sez. II, 22 aprile 2024, n. 866

Intervento di nuova costruzione – Vincoli di inedificabilità – Abuso edilizio – Sanatoria – Compatibilità

Solo i vincoli di inedificabilità imposti anteriormente alla edificazione abusiva ne impediscono ex lege la sanatoria (ai sensi dell’art. 33 della l. n. 47/1985). Qualora vengano in rilievo vincoli imposti successivamente all’edificazione, il condono edilizio non è precluso, a condizione che l’opera risulti compatibile col vincolo. Ed è, quindi, compito dell’autorità preposta alla tutela di quest’ultimo operare una valutazione in concreto in ordine alla compatibilità o meno delle opere di cui è chiesta la sanatoria con le ragioni del vincolo.

Quando le previsioni di tutela sono sopraggiunte alla realizzazione dell’intervento edilizio, la valutazione paesaggistica non potrebbe compiersi come se l’intervento fosse ancora da realizzare, e ciò è tanto più vero nei casi in cui le previsioni di tutela successivamente sopraggiunte ad integrare la disciplina dell’area risultano del tutto incompatibili con la tipologia dell’intervento già realizzato, e dunque il sopravvenuto regime di inedificabilità dell’area non può considerarsi una condizione ex se preclusiva e insuperabile alla condonabilità degli edifici già realizzati, dovendo l’amministrazione valutare se vi sia compatibilità tra le esigenze poste a base del vincolo e la permanenza in loco del manufatto abusivo.

Abuso edilizio e interventi successivi

Consiglio di Stato, sez. VII, 23 novembre 2023, n. 10039

Abuso edilizio – Istanza in sanatoria – Interventi edilizi successivi

La normativa sul condono postula la permanenza dell’immobile da regolarizzare e non ammette, in pendenza del procedimento, la realizzazione di opere aggiuntive. Pertanto, la presentazione della domanda di condono non autorizza l’interessato a completare, né tantomeno a trasformare o ampliare i manufatti oggetto della richiesta i quali, fino al momento dell’eventuale concessione della sanatoria, restano comunque abusivi al pari degli ulteriori interventi realizzati sugli stessi.

Il condono straordinario ex lege n. 47/1985 non si fonda sulla conformità delle opere alla normativa urbanistica vigente, ma costituisce espressione di una eccezionale rinuncia dello Stato a perseguire gli illeciti edilizi, a determinate condizioni: gli immobili condonati, pertanto, non possono costituire la base per successivi ampliamenti o ristrutturazioni. D’altra parte, v’è anche la necessità di preservare lo stato originario delle opere oggetto di condono, per consentire all’Amministrazione di accertare la sussistenza delle condizioni di ammissibilità e di concedibilità del beneficio, oltre che di valutare l’effettiva natura e portata dell’intervento da condonare.

Titolo edilizio in sanatoria, disponibilità esclusiva e legittimazione

Consiglio di Stato, sez. II, 21 luglio 2023, n. 7158

Preavviso di diniego – Seconda chance per il privato – Oneri motivazionali – Titolo edilizio – Soggetto legittimato – Oneri istruttori

In linea generale, l’istituto del preavviso di diniego costituisce un importante momento di interlocuzione tra p.a. e cittadino, ulteriore e successivo a quello della fase istruttoria vera e propria, connotata dalle forme tipiche della partecipazione. Esso, cioè, finisce per accordare una sorta di seconda chance al privato per ottenere l’accoglimento della propria istanza, mediante un momento di confronto più pregnante e potenzialmente più utile perché si colloca in uno stadio avanzato del processo di “costruzione” della decisione amministrativa, quando cioè la determinazione è orientata negativamente e si rende necessario interagire non ai soli fini della raccolta del materiale ancora carente, ma rispetto al contenuto dispositivo dell’atto da adottare.

A seguito delle recenti modifiche normative che hanno interessato l’istituto, pur accedendo ad una lettura più rigorosa dello stesso, essa non può spingersi fino a imporre alla p.a. la necessità di controdedurre analiticamente su ogni singola argomentazione, purché l’impostazione del provvedimento argomenti chiaramente in senso reiettivo delle osservazioni del privato e non si limiti a mere formule di stile nel senso dell’avvenuta analisi delle stesse.

La relativamente maggiore ampiezza della legittimazione a richiedere la sanatoria, rispetto a quanto dettato per il preventivo permesso di costruire, trova giustificazione nella possibilità da accordare al predetto responsabile, coincidente con l’esecutore materiale delle opere abusive, della fruizione di uno strumento giudiziario utile ad evitare le conseguenze penali dell’illecito commesso, ferma restando la salvezza dei diritti di terzi. Se, tuttavia, l’autore dell’abuso non è il proprietario esclusivo del bene, l’Amministrazione ha un onere aggravato di approfondimento della posizione dei contitolari, giusta la rilevanza che nel procedimento edilizio assume la figura del proprietario, quale destinatario, ancorché pro quota in caso di comproprietà, della sanzione dell’acquisizione del bene al patrimonio comunale.

In genere, l’abusività di un’opera non può essere in alcun modo ricondotta all’assenso o dissenso degli altri comproprietari, dovendo dipendere esclusivamente dal rispetto delle regole sulla edificabilità dei suoli e di buon governo del territorio. A ciò consegue che di regola la clausola di salvaguardia dei diritti dei terzi esime l’Amministrazione procedente da qualsivoglia approfondimento circa l’effettiva titolarità della pienezza del diritto proprietario del richiedente, sicché l’emergenza di future problematiche in tal senso non incidono sulla legittimità dell’atto adottato. Qualora tuttavia la carenza di legittimazione piena emerga per tabulas e non richieda né indagini suppletive, né, men che meno, prese di posizione a favore dell’una o dell’altra tesi di parte, l’Ente ha il dovere di compiere quel minimo di indagini necessarie per verificare se le contestazioni sono fondate sul piano quanto meno della legittimità formale e denegare il rilascio del titolo se il richiedente non sia in grado di fornire elementi seri a fondamento dell’esclusività, in fatto o in diritto, della sua posizione.